lunedì 22 settembre 2014

The Sounds of The Smiths - Conversazione con Mike Joyce





La formazione storica dei The Smiths: (da sinistra) Andy Rourke, Morrissey, Mike Joyce e Johnny Marr

È una serata d'improvvisa umidità tropicale nel settembre romano.
Testaccio è immersa in un silenzio irreale, la quiete dell'ora di cena prima della tempesta del sabato sera.
Non c'è luogo migliore per parlare dei The Smiths, tutto appare un set per un film scritto da Morrissey: il luogo dell'incontro, il Big Bang, è ubicato con salomonica equidistanza tra il cimitero acattolico, dove riposano i poeti prediletti del cantautore, che ispirò la prima raccolta poetica in italiano di Pasolini e, per l'appunto, il luogo del finale di Accattone.
Praticamente, camminiamo nei primi due versi della canzone che il Moz ha dedicato a Roma.
In occasione della serata The Smiths Celebration Night, incontreremo Mike Joyce, l'ex-batterista della leggendaria band.
Ora, tutto il mondo conosce il motivo e la modalità della lite fra i due protagonisti delle prime righe di questa nota (per i pochi ignari ecco QUI).
Menzioneremo solo, per la sua tipica brillantezza velenosa, la battuta di Morrissey che fa da epitaffio a qualsiasi speranza di reunion futura: "preferirei mangiare i miei testicoli, e questo detto da un vegetariano".


È francamente dilettevole camminare per le vie dove si è cresciuti accanto ad una persona la cui arte ascolti ogni giorno.
Joyce è ora un signore dai modi squisiti e dalla disponibilità quasi disarmante, parla senza alcun rancore ma con grande rispetto dei suoi ex-compagni di strada.
A livello di cortesia e simpatia siamo in zona Guccini (il sogno di ogni fan).
Non ha il più lo sguardo sfrontato da ragazzo di vita, tanto per restare in tema, che campeggiava nelle celebri immagini storiche del gruppo.
Ma, quando sciorina, con l'eleganza del suo accento mancuniano, gli episodi e le emozioni che trent'anni fa ha vissuto nella band destinata a diventare leggenda, la scintilla dell'entusiasmo brilla ancora nei suoi occhi da punk-rocker.




Per prima cosa, volevo sottolineare quanto sia divertente e significativo incontrarti qui, a poche centinaia di metri dai Cemetry Gates oltre i quali proprio John Keats riposa in pace, accanto a Shelley...
Davvero? Non lo sapevo...beh, si credo di aver colto la tua citazione (risate)...sono stato a visitare la tomba di Oscar Wilde, ma non quella di Keats, per cui visto che è così vicino spero di poterla andare a omaggiare...




Per citare altri celebri versi che vi riguardano "I am the son and heir, of nothing in particular", credi che si possano individuare "figli ed eredi" dei The Smiths nelle band successive?
Indubbiamente, credo ci siano moltissimi gruppi che sono stati influenzati da The Smiths, non credo sia il caso di citarli per nome...ma molti gruppi ci hanno indicato tra le loro influenze fondamentali, soprattutto molte band di Manchester, gli Oasis su tutti...



Ma anche grandi band mainstream come gli U2...
Appunto, un'influenza che attraversa tutto lo spettro delle rock band...credo perché ciò che stavamo facendo era molto onesto, in verità. Molto semplice e molto onesto: basso, chitarra, batteria e voce. Una formazione musicale semplice. E la musica che suonavamo era qualcosa di unico. Non abbiamo seguito nessun altro. Ovviamente, avevamo le nostre influenze, ognuno di noi, Morrissey aveva le sue, Johnny aveva le sue, Andy le sue e io le mie, ed erano tutte differenti. Ma non abbiamo tentato mai di "suonare come" qualcun altro. Suonavamo spontaneamente, e come il suono veniva veniva. Quando abbiamo inciso Hand in Glove, che come saprai...


Fu il primo singolo, certo...
...E fu un'esperienza incredibile, con un sound unico, immediatamente individuabile. Posso riconoscere perché tutti i gruppi che hanno ascoltato The Smiths ne abbiano preso qualcosa e si siano evidentemente ispirati.

Qual è per te l'aspetto peculiare che conferisce questa unicità al sound dei The Smiths?
Fondamentalmente, il fatto che non assomigliava a nulla di ascoltato prima. Questa è la sua unicità. Alcune canzoni suonavano piuttosto punk, altri addirittura una sorta di antico vaudeville come Frankly, Mr.Shankly, altre rockabilly, altre grandi ballate, alcuni brani solo strumentali, abbiamo coperto ogni genere, fino al funk come nel caso di Barbarism begins at Home...le influenze erano molteplici, ma abbiamo creato il "nostro" sound.




Quali erano in particolare le tue influenze?
Per me erano i Buzzcoks! Per questo ho iniziato a suonare la batteria, dopo averli visti esibire dal vivo...

Ci hai anche suonato in seguito...
Ci ho suonato, è vero, direi ho avuto la fortuna di poterci suonare. quando il loro batterista storico smise di suonare con loro mi chiesero di sostituirlo...ero davvero scioccato! Il più grande evento della mia carriera musicale, dopo The Smiths...io li seguivo dappertutto come un fan, e infine ho avuto la possibilità di suonare con loro!

                                          

Un sogno!
Davvero, era il mio sogno. Sono stati la mia influenza principale.

Tornando appunto alla particolarità della vostra identità sonora, appare evidente come ci sia stata una evoluzione ben definita, pur in pochissimi anni, sancita da The Queen is Dead.  Da i primi brani come Hand in Glove, This Charming Man, What she said, These things takes time, What Difference does it make? e molte altre, che avevano una struttura quasi punk, con un riff, due strofe e un ritornello, siete arrivati a brani come How Soon is Now? o Shoplifters of the World Unite, molto più elaborati e sofisticati dal punto di vista, non solo degli arrangiamenti, ma anche proprio della struttura...
Certamente.

                                         
Come è avvenuta questa svolta?
Il primo disco era costruito attorno alla chitarra. Ma anche i brani immediatamente successivi, ad esempio l'album Meat is Murder è fondamentalmente strutturato sulla chitarra. Ma dopo di quello, Johnny (NdC Marr) ha avuto molto più tempo per esplorare le possibilità di arrangiamenti con tastiere e violini, non solo con chitarra, basso e batteria. Iniziò a sperimentare. A quell'epoca c'era uno strumento chiamato Emulator, era molto costoso affittare una sezione di archi ad esempio, per le registrazioni. Non potevamo permettercelo. Dunque, Johnny iniziò a suonare le differenti parti su Emulator, e iniziò dalle sezioni di archi. Ciò mostra il genio dell'uomo. Era il nostro Brian Jones. Qualsiasi strumento incontrasse sul cammino, lo suonava in maniera straordinaria. Il sound dunque progredì verso delle sonorità leggermente diverse dal primo album. Credo che la svolta fu l'incontro col producer  John Porter, che aveva un grande feeling musicale con Johnny Marr. In un certo senso, aprì la porta delle possibilità a Johnny, che così trovo un partner musicale con cui sperimentare.

A parte la nota polemica Morrissey/Robert Smith, c'erano delle band a voi contemporanee che stimavate o in qualche modo sentivate vicine, affini a livello musicale?
Veramente no. Eravamo molto "insulari". The Smiths era una gang per conto suo. Ci frequentavamo fra noi e incidevamo privatamente. Non frequentavamo, per intenderci, le molte altre band dell'epoca, ci incontravamo sempre fra di noi, Questo fu un aspetto prevalente dalla formazione fino alla fine della band.

                                             

Vi rendevate conto che stavate scrivendo la storia?
Personalmente, non pensavo potesse diventare un tale fenomeno di massa. Ma per quel che mi riguarda, facemmo la storia quando incidemmo Hand in Glove. Perché non avevamo mai sentito nulla di prima, né ho sentito più qualcosa di simile dopo. Rimasi davvero sconvolto da quanto il sound era unico e potente. Ovviamente, quando il successo arrivò così immediatamente fu esattamente quello in cui avevo sempre sperato. Ciò che mi sorprende è la longevità! Eccoci qua, trent'anni dopo a parlare ancora dei The Smiths.

Infatti, più che del successo immediato, chiedevo se vi rendevate conto di quanto sareste divenuti influenti per le band a venire?
Assolutamente. Quelle canzoni non risultano datate, tutt'oggi. Pensiamo a una canzone come This Charming Man, uscita a quell'epoca...a quei tempi per una band indie (perché noi tale eravamo, il temine nasce per definire band che pubblicavano con un'etichetta indipenndente, non identificava un sound, quella è un'accezione successiva), per una band di una piccola etichetta raggiungere un'attrazione che dura così nel tempo, beh, questo credo che sia, non dico scioccante, ma...incredibilmente soddisfacente.
Ora possiamo considerarci al livello di band come i Roxy Music o come David Bowie, che ha successo dopo 30-40 anni, come gli Stones...ebbene sono passati trent'anni e stiamo ancora a parlare dei The Smiths ora!

                                         

Cambiando argomento, è notorio che sei diventato vegetariano dopo aver inciso Meat is Murder.
 È vero.

Puoi parlarci di questa esperienza?
Avvenne quando abbiamo inciso la canzone. Eravamo in studio ad ora di cena, subito dopo aver inciso il brano, e naturalmente abbiamo discusso con Morrissey  del suo essere vegetariano. Personalmente, anche io sono un grande amante degli animali. Mi resi conto che, in realtà, l'uccisione dell'animale è probabilmente la cosa migliore che gli accade. Il modo in cui gli animali vengono trattati, in gabbia, mostra un'immenso livello d'ipocrisia da parte delle persone che si prendono cura dei cavalli, dei cani e dei gatti, ma quando si tratta di una mucca o di un agnello o di una capra o di un bue possono ucciderli tranquillamente, dopo averli trattati in un modo che è davvero disgustoso. Ne discutemmo molto e mi resi conto che ero ignorante, riguardo alla mia dieta, non mi ero mai posto alcun problema. Per me era semplicemente cibo su un piatto, non avevo mai riflettuto su come gli animali vengono trattati, a quali orribili torture e metodi vengono sottoposti. Il punto è che gli animali non possono certo protestare o lottare. Mi sono chiesto come le persone potevano fare ciò a tali meravigliose creature, cose che non farebbero mai a un cane o a un gatto. Perché va bene invece farlo agli animali che mangiamo? Dunque, quel giorno tornai a casa e dissi a mia moglie: "Beh, credo che diventerò vegetariano, Morrissey ha portato delle argomentazioni molto forti". Da allora sono vegetariano, i miei tre figli lo sono, mia figlia più grande, ora è ventiseienne, è vegetariana dalla nascita, ed mi io sento moralmente molto più forte di prima.

Sicuramente è una presa di posizione forte contro l'industria.
Esattamente. Nel nostro piccolo, facciamo quel che possiamo fare. Mi ricordo mia figlia da bambina, a otto anni, quando andammo a cena a casa di qualcuno e servirono del maiale, rimase scioccata. Si chiese come mai la carne fosse sul tavolo...sul tavolo ci mangiamo, non dovrebbe stare lì, non dovrebbe stare nemmeno nella stanza dove si mangia! Lo trovai molto interessante, era così piccola e già lo comprendeva chiaramente. Ovviamente, le altre persone a tavola non la compresero, nella stessa misura in cui io stesso non mi ero mai posto il problema prima. Sono molto contento della mia scelta di essere diventato vegetariano e di aver passato questa decisione ai miei figli.
Dunque, per questo sono grato a Morrissey (NdC il suo sorriso garbato è una lezione di diplomazia).


Quando avete inciso la canzone sapevate che stavate consegnando un inno internazionale alle generazioni future di vegetariani?
No, non all'epoca. Sapevo che avrebbe avuto un effetto, o almeno lo speravo. Mi resi conto, soprattutto dopo le prime esibizioni dal vivo, era straordinariamente potente. Un brano di grande potenza da suonare dal vivo. Ancora un volta, stiamo parlando di una canzone di trent'anni fa e sono molto contento di parlare del suo valore attuale oggi. Dal vivo era davvero potente, l'intero palco veniva illuminato in rosso, l'effetto era davvero commovente. Ed è, inoltre, un modo straordinario di affrontare l'argomento.


                                               

Recentemente ho scritto un articolo sulle liriche di Morrissey del periodo The Smiths (QUI), e ho sottolineato la perfetta costruzione dialettica dell'argomentazione. Inoltre, la melodia è davvero commovente. Anche se non sono vegetariano, ogni volta che l'ascolto divento più sensibile all'argomento e ci rifletto più profondamente. 
Questa era è proprio l'ispirazione con la quale fu composta.

Puoi provare a descriverci il processo creativo dei The Smiths?
Beh, è difficile...diciamo che fondamentalmente, molto spesso,  Johnny veniva con un nuovo riff, Andy ed io lo ascoltavamo, ci suonavamo sopra, aggiustavamo alcune parti, scrivevamo alcuni appunti, e una volta terminata questa fase passavamo il tutto a Morrissey che scriveva il testo e poi...registravamo!

L'impressione che mi ero fatto documentandomi è che spesso improvvisava la melodia cantando il testo sulla base musicale che gli presentavate, è corretto?
A volte, soprattutto all'inizio...

Hand in Glove se non erro fu scritta così..
Si. Diciamo che in seguito lui cominciò a cantare le sue parti a disco concluso. Nello studio, a nostra registrazione conclusa, lui arrivava e cantava il testo.

Ma la melodia era già definita?
La successione degli accordi, la melodia della chitarra, non la melodia vocale. Lui veniva e cantava, così anche noi ascoltavamo per la prima volta la canzone finita. Ed era una esperienza meravigliosa.

 Un'ultima domanda: puoi raccontarci qualche episodio di quegli anni indimenticabili?
Ne ho talmente tanti...sono lunghe storie, non voglio annoiarti...


                                     

Ma che annoiarmi?! Non vedo l'ora!
Allora, mi ricordo la prima volta che suonammo in America, davanti a un pubblico vasto,  credo 10-15mila persone. Salimmo sul palco per i bis, ma io desideravo correre velocemente in bagno perché avevo bevuto molto durante il concerto! Sono corso quindi nel backstage, e mi sono reso conto che c'erano 15mila persone che scandivano: "Smiths - Smiths - Smiths" e pensai: "Wow! Questa è la mia band! La band dove suono!". Se fossi stato in mezzo al pubblico, sarebbe stata già una sensazione straordinaria...ma io ero il batterista! Quella volta fu davvero una sensazione indimenticabile.
Mi ricordo anche quando suonammo a New York, Mick Jagger venne a vedere The Smiths. Si mise sul lato del palco. E Johnny Marr venne da me mentre suonavamo e mi disse: "Guarda un pò là...", mi voltai e vidi Mick Jagger che ballava scatenato, proprio...alla Mick Jagger !
Ballava la musica dei The Smiths. E fu davvero incredibile, perché in quel momento non stava ballando sulla chitarra di Johhny o sui versi di Morrissey, ma sulla mia batteria.
E quello veramente mi fece sentire grande.

Come dicono molti fan, citando un verso storico, è proprio vero: l'amore nei vostri confronti "non è come qualsiasi altro amore".




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