venerdì 9 gennaio 2015

GOLEM di LRNZ - Bellezza e Conoscenza



Oggi è finalmente uscito Golem di LRNZ in libreria.
Un momento che aspettavo da vent'anni.

Sono mesi che parlo, scrivo, annuncio e commento riguardo l'attesissima uscita odierna.
Soprattutto, quello che ho da dire criticamente, l'ho già scritto nella postfazione del libro che ho avuto l'onore di stilare.
Non credo sia dunque necessario dilungarmi molto oltre qui, se non per alcuni brevi chiarimenti.
Per chi volesse approfondire QUI c'è la conversazione oceano, più che fiume, con LRNZ su FUMETTOLOGICA, in cui svisceriamo fino alla consunzione i diversi aspetti interpretativi dell'opera.

Mi limiterò ad alcune brevi riflessioni.
Golem, per un'anomalia tecnica nelle tempistiche di pubblicazione, è stato indicato da diversi e autorevoli siti tra i migliori libri del 2014, pur potendo arrivare tra le mani del grande pubblico solo oggi.
La pubblicazione ufficiale è avvenuta, infatti, a metà dicembre, anche se in realtà solo le redazioni giornalistiche, i presenti alle presentazione di Milano e Torino o i più tempestivi tra coloro che lo hanno ordinato tramite il sito di Bao o Amazon hanno avuto occasione di leggere il libro prima di oggi.
Ciò nonostante, molte tra le redazioni che hanno potuto valutare il libro non hanno esitato a inserirlo fra i libri imperdibili dell'anno appena scorso.
I primi siamo stati noi di FUMETTOLOGICA QUI,  sono poi seguiti WIRED QUI e altri blog e riviste specializzate, tra le quali segnaliamo Badcomics QUI.
Il libro ha attirato l'attenzione dell' Huffington Post QUI e della Repubblica nell'articolo, molto centrato, di Luca Valtorta qui riprodotto (per chi ha letto il libro l'accostamento del titolo del libro a quello del più importante quotidiano italiano ha il gusto di un sottile inside joke):


Quindi, per quanto si possano assolutamente comprendere le iniziali perplessità, crediamo di poter asserire che ci troviamo davanti a un'opera che si impone prepotentemente alla nostra attenzione.

Perché è presto detto.

Molti critici si sono soffermati sulla innegabile bellezza pittorica di alcune tavole, sulla notevole abilità tecnica di LRNZ nello svariare con eleganza tra codici stilistici completamente differenti, sulla novità assoluta, o quasi, dell'approccio narrativo.


Altri, pur plaudendo al grande impatto estetico del libro, hanno sottolineato alcuni difetti nella sceneggiatura, quali lo scarso approfondimento dei personaggi minori.
Persino Federica Lippi nella sua pur entusiastica recensione su FUMETTOLOGICA QUI muove simili rilievi.

In generale, a livello di critica, si celebra l'avvento compiuto di un talento grafico straordinario, enfatizzando questo aspetto dell'opera a dispetto del valore della storia, sminuito o, a volte, non colto fino in fondo.



Avendo seguito fin dalla genesi la ventennale, rocambolesca genesi dell'opera, mi permetto di dissentire. Posto che è assai limitante, scindere forma e contenuto (retaggio di impostazioni critiche ottocentesche), per ciò che mi riguarda, la bellezza delle immagini in Golem, di per sé evidente, è un aspetto quasi secondario, o meglio talmente lampante da risultare fruibile anche alla più superficiale delle letture.



Come abbiamo sottolineato più volte, e come LRNZ ormai ripete a mo' di mantra nelle interviste, Golem è un'opera allegorica.
Aggiungo io, di una complessità senza precedenti, almeno nella recente produzione fumettistica italiana.
Dietro ogni singola tavola c'è un'intelaiatura di simboli, una stratificazione di richiami culturali, un accesso costante e consapevole ad archetipi universali, che, per fare un esempio, si può trovare in una serie televisiva di 6 stagioni come Lost.
Solo che qui è condensata in 240 pagine, come il precipitato densissimo di vent'anni di meditazione artistica.


Si scongiuri una volta per tutte ciò che io chiamo "l'equivoco giapponese"!
Si spazzi via, vi prego, la superficiale lettura: "Ah, sembra un manga!"
Abbiamo speso ore di conversazione in due interviste lunghissime (QUI su Conversazioni sul Fumetto e QUI in già quella citata su FUMETTOLOGICA) per far spiegare a LRNZ quanto segue "...il punto è che per me il manga non è questione di contenuti, ma di tecnica. In realtà, se uno andasse ad analizzare graficamente Golem in maniera approfondita scoprirebbe che non ha neanche la sfacciataggine, stilisticamente necessaria, di Astrogamma. Se cerchi le linee cinetiche, delle soggettive dinamica (tratto distintivo del manga) le trovi tre volte, l’uso massiccio delle onomatopee non è presente. Se mi dovevo chiedere come risolvere un problema grafico la domanda era: “come lo avrebbe disegnato Winsor McCay?”. Mi spiego? Ciò che mi interessava era riportare la linea chiara dentro di me, lì da dove era venuta, il più possibile incontaminata. Per dire: il primo disegnatore immenso in linea chiara è comunque McCay appunto. Nato nel 1869, non so riesco a spiegarmi. A me interessa l’universalità di quel segno. Un’universalità che fonde, in maniera molto efficiente, l’archetipo e il segno occidentale. Che può capire chiunque. Nel caso del manga. ciò che mi affascina è il rapporto col disegno completamente, drasticamente, diametralmente opposto a quello occidentale".
E ancor prima: "Se io penso ai miei referenti principali, sicuramente non sono giapponesi. Il Giappone è entrato nella mia vita con l’animazione, il fumetto, i videogiochi, ma se andiamo a vedere a fondo i miei capisaldi sono più occidentali che giapponesi, russi compresi".


Golem è un'opera che sposta l'asticella più in alto per chiunque voglia fare fumetti in Italia.
Golem è la dimostrazione che si possa fare cultura e arte col fumetto pur proponendo un'opera dal grande fascino popolare.
Golem spariglia fittizie contrapposizioni di campo, abbatte pregiudizi decennali, deride tabù artistici, mescola e gioca con categorie e generi ritenuti inconciliabili finora.
Golem  è opera allegorica, riflessione sociale, fumetto d'azione e commovente storia d'amore.
Golem è un inno all'innocenza e al potere della bellezza di incarnare la verità.
Golem può mettere d'accordo i lettori del manga e i i cultori di Andrea Pazienza, concilia Urasawa e Moebius, Otomo e Tarkovskij, Hokusai e Caravaggio, unisce gli appassionati di videogiochi e gli studiosi di cultura greca, può esaltare la mente dei lettori più colti e lasciare a bocca aperta chi cerca solo una storia d'intrattenimento.
Per un semplice motivo: perché accede a degli archetipi, che sono universali e perennemente originali, e straccia ogni stereotipo, che è la morta ripetizione del "già visto".
Al di là dei gusti e delle pur lecite opinioni, si tratta di un libro che resterà nella storia del fumetto italiano come una traccia rivoluzionaria.

Non rimane che augurarvi buona lettura.

P.S.
Se qualcuno pensa che la mia amicizia ventennale con LRNZ possa influenzarmi nella valutazione critica del libro, impedendomi d'essere oggettivo, ha indubbiamente ragione: ho tenuto talmente tanto a questo progetto che per vent'anni ne sono stato il più severo critico e censore.

mercoledì 7 gennaio 2015

Da Caligola a Edoardo II - il colto delirio antistorico di Andrea Foschini


                                            
 In calce all'intera, fiammeggiante, straripante fino ad essere respingente, opera letteraria di Andrea Foschini (di cui già concedemmo ampia e generale introduzione QUI) potrebbe essere apposta una delle più eleganti e riuscite intuizioni di Emil Ciorian"Nella storia sono significativi soltanto i periodi di decadenza, poiché allora si pongono tutte le questioni dell'esistenza in generale e quelle della storia in quanto tale".

V'è un quid ironico nell'affrontare secondo i dettami illusori di Krònos due opere che testimoniano l'urgenza di apporre, majakovskijanamente, il proprio nihil sul Tempo stesso.

Tant'è, sia le vicende storiche che i testi di riferimento concordano nella successione.
Si inizi, dunque, da Caligola - Poeta del sangue.
                                       


Se per Caracalla era evidente il richiamo alla prosa suprema e ardente    dell' Eliogabalo d'Artaud (ben prima delle pur mirabili rielaborazioni yourcenariane delle Memorie di Adriano) e, concettualmente, al Lorenzaccio di Carmelo Bene, in questo caso appare obbligatorio riferirci al numinoso precedente: quel capolavoro tremendo che è il Caligola di Albert Camus, nero vangelo della nostra seconda adolescenza.

Non è mera coincidenza che a quel testo abissale sia legato l'esordio teatrale, nel '59, proprio dell'uomo destinato a incarnare con modi scandalosamente inattuali l'idea antica di Teatro nel grigiore moderno: il più volte citato Carmelo Bene.
Vale la pena di raccontare il meraviglioso aneddoto: il giovane CB, indisciplinato allievo dell'Accademia romana, si reca a Parigi per incontrare il maestro Camus, avendo egli espresso insoddisfazione per la rappresentazione parigina del suo testo, e chiedere i diritti d'autore per metterlo in scena in Italia.                                                    
Un raro scatto dal Caligola interpretato da Carmelo Bene

Per una beffa, perfettamente in accordo con i due personaggi, Camus si trovava in realtà in Italia, a Venezia, per un adattamento alla Fenice de I Demoni di Dostoevskij (vertigini intellettuali al sol pensiero!).  Non ci immaginiamo certo il giovane Bene come un tipo arrendevole, dunque giunto rocambolescamente all'albergo veneziano ove risiedeva il geniale filosofo, egli lo incontra. 
Quando a proposta ricevuta, Camus chiederà: "Chi reciterà Caligola?", il giovane Carmelo Bene risponderà: "Io non le basto, Maestro?".
Camus cedette i diritti in cambio di un posto in prima fila per la prima.
A cui come sappiamo non potette assistere, per una beffa ben più tragica del Destino, il tragico incidente automobilistico, a fianco dell'editore Gallimard, dei primi giorni del 1960.
                              
                         
Torniamo a Foschini, e alle sue pagine incendiarie e fascinosamente pericolose.
Ben lungi dalle orge patinate di Tinto Brass, qui Caligola torna a vibrare nella sua ferina potenza simbolica: Caligola che fa della Storia la sua oscena rappresentazione, che fa del Potere trionfo d'anarchia, che fa della Legge capriccio sadiano.
Come nel maestro francese, Caligola incarna l'irruzione violenta dell'assurdo nella vita.
Torna certo in mente l'apice dell'opera di Camus, il monologo rivelatore dell'Imperatore folle: "La solitudine, sì, la solitudine! La conosci tu la solitudine? Sì, quella dei poeti e degli impotenti. La solitudine? Quale solitudine? Ma non lo sai che non si è mai soli? E che dovunque ci portiamo addosso tutto il peso del nostro passato e anche quello del nostro futuro? Tutti quelli che abbiamo ucciso sono sempre con noi. E fossero solo loro, poco male. Ma ci sono anche quelli che abbiamo amato, quelli che non abbiamo amato e ci hanno amato, il rimpianto, il desiderio, il disincanto e la dolcezza, le puttane e tutta la banda degli dei!"
Stilisticamente, benché il testo sia precedente ad altre pubblicazioni dell'autore, in Caligola - Poeta del sangue il possesso narrativo appare più maturo. La cascata delirante di variazioni poetiche (a volte ridondanti, a volte riuscite, a volte magnifiche), marchio precipuo dello stile di Foschini, è qui ritmata da una punteggiatura, oseremmo dire, quasi normale.
Invece del consueto effetto da fiume di lava che tutto travolge, in questo caso le riflessioni appaiono come innumerevoli intuizioni ermetiche in serie, come se lo stile, aulico e nervoso insieme, seguisse il crescendo dei pensieri, in una serie di nerissime illuminazioni poetiche.
La nostalgia dell'Uno (da Foschini negato e ingiuriato ma dalle sue creature poetiche, almeno inconsciamente, anelato) è tema cruciale che dalla Gnosi tracima nel miglior esistenzialismo, religione d'orfani filosofici, e qui l'autore coglie accenti leopardiani: "Non si può colmare il baratro tra ciò che desidero e ciò che mi sfugge. Non posso attingere all'assoluto. Non posso danzare libero dal peso della mia divinità. Non posso essere né uomo né dio. Posso solo spalancare la bocca davanti allo specchio e vedere emergere il caos".
                            




Più singolare, ma diverso ed eguale (come amerebbe dire Guccini), il discorso su Edoardo II - Lo spirito e la forza, cronologicamente successivo ma stilisticamente più selvaggio, inospitale, follemente barocco  nel continuo inebriarsi di acrobazie retoriche.

Come è intuibile, il testo è I'ispirato all' Edoardo II del colosso Cristopher Marlowe, quasi una vulcanica variazione poetica dei versi più celebri di esso. Foschini trova invero un terreno fecondo per le sue maratone sintattiche nelle sentenze memorabili e cruente del gigantesco autore elisabettiano, l'Ombra oscura e inquietante di Shakespeare. Del resto, trattiamo d'un autore, come la leggenda nera ripete, che morì bestemmiando, ucciso alle spalle in quanto spia, e i cui primi documenti sulla sua vita attestano che la sorella (nemmeno lui!) era una nota bestemmiatrice.
Se, appunto, dai versi scolpiti nel Male di Marlowe, Foschini trae preziosissimo humus per le sue ramificazioni poetiche, è interessante confrontare la sua peculiare visione con le recenti trasposizioni popolari dell'inquieto monarca medievale.
Due punti di vista opposti e speculari.
Ritratto come un principe vile e effeminato, incapace di gestire qualsivoglia azione o di gioire della splendida Sophie Marceau in guisa di Isabella di Francia, nell'epica per destrorsi di Braveheart (quando Gibson sfogava le sue turbe glorificando gli uomini e non umiliando Dio), egli invece appare fiera e dolente icona gay nelle visioni, potenti anche se talvolta kitsch, dell'Edoardo II di Derek Jarman.


                              
Molto più profonda e universale (nel paradosso d'essere personalissimo delirio) è la visione di Andrea Foschini. Edoardo diviene perfetta incarnazione dell'idiosincrasia antistoricistica dell'autore:
 "Regnare fu porre fine alla Storia".
La narrazione ricalca fedelmente le vicende storiche già trasfigurate da Marlowe, declinate nella pregiatissima ridondanza della prosa di Foschini.

                                
Come e prima di Caracalla, Edoardo è l'inetto, il tocco, il diverso destinato a irrompere sulla scena storica, lui orgogliosamente al di fuori di essa, a detenere il Potere, annichilendo così nella sua puerile dissolutezza Potere e Storia.
Torna, non dissimilmente dal suo Caligola, la costante metafora della corona come come peso insanguinato che grava sul capo, come una tortura, una prigione sadica per un bambino irrequieto.
L'irriducibile irresolutezza dell'individuo come polvere che inceppa l'ingranaggio cieco e mastodontico della Macchina Storica:
un tema quasi kierkegaardiano, ma senza redenzione se non nella distruzione gloriosa, nelle fiamme alte e purissime del massacro.
                                                 
Andrea Foschini

Concludendo, Andrea Foschini, pur nella fieramente proclamata osticità dei suoi coltissimi poemi in prosa, pur nella inquietante china delle sue riflessioni antiumanistiche, si conferma uno scrittore dotatissimo, quasi visitato dai migliori spiriti decadenti, che trae, spesso, oro poetico dal fango limaccioso della Storia degli uomini.







domenica 4 gennaio 2015

Tutti gli articoli di Dicembre

                                             

Cari lettori,
per la fine del 2014 non vi ho inflitto né classifiche, né boriosi bilanci di fine anno.
Abbiamo preferito andare avanti implacabilmente, scrivendo molto durante le supposte vacanze, dedicandoci non solo ad articoli destinati al blog ma a progetti ben più ad ampio respiro.

Ecco quindi, il riassunto delle fatiche dicembrine.
Consentitemi di attingere all'abusata immagine dei botti di capodanno.
                         

Su FUMETTOLOGICA abbiamo pubblicato:

- L'intervista sul ritorno a Infierno di Silvia Ziche e Tito Faraci dopo 15 anni QUI
                           
                             
- La conversazione con Zerocalcare  a Più Libri, Più Liberi, nel corso d'una delle sue proverbialmente infinite sessioni di dediche  QUI
                             

- La conversazione, più che fiume, oceano con LRNZ sui significati nascosti di GOLEM, opera imperdibile che uscirà il 9 gennaio nelle librerie e nelle fumetterie. Più che un'intervista, il riassunto, interminabile, di vent'anni di confronto intellettuale QUI
                                           

- La conversazione con Massimo Giacon e Tiziano Scarpa su Il Mondo così com'è: non capita tutti i giorni di parlare con un Premio Strega e uno dei massimi esponenti del design nostrano. QUI
                                 
     
Su queste deliranti colonne, invece, abbiamo parlato di :

- L'articolo precedente di questa serie sugli articoli di Novembre, da Schopenhauer a Leopardi, da Tuono Pettinato a Shelton a Vaughan QUI
                           

- La recensione di 20.000 days on Earth, il controverso e affascinante documentario biografico su Nick Cave QUI
                             

- La dichiarazione solenne del progetto 66 demonietti assieme a Michele Hiki Falcone, delle cui illustrazioni sto stendendo corrispondenti commenti, si oserebbe dire, poetico-filosofici QUI
                                       

- La recensione, dobbiamo ammetterlo, particolarmente apprezzata di Dimentica il mio Nome di Zerocalcare QUI
                                       

- E, per concludere, il racconto della splendida serata a S.Martino in Riparotta, in Rimini, per l'inaugurazione della chiesa illustrata da Mabel Morri QUI
                                             

Lentamente, ma inesorabilmente (come luogo comune impone), il blog sta assumendo il carattere di un diario personale in cui dedicarmi a ciò che intimamente mi avvince, la ricerca filosofica e la riflessione letteriaria.
Oltre a Fumettologica, un'altra collaborazione sta per partire.
Ma, in barba allo scientismo dominante, tacciamo per rigorosa scaramanzia.

Buona Lettura!