Care lettrici e cari lettori,
la mole proteiforme di impegni e pubblicazioni ci ha imposto di accorpare due mesi di produzione, peraltro abbondante, nel consueto, ormai non più mensile riassunto.
Ecco il catalogo degli articoli di Marzo e Aprile.
Abbiamo pubblicato:
Su FUMETTOLOGICA
A Marzo:
- Una recensione dell'interessante volume sulle Murder Ballads di Erik Kriek QUI
Ad Aprile:
- La recensione del volume Arca Vuota di Akab e Ernest Yesterday QUI
Su LA REPUBBLICA-XL
A Marzo:
- L'intervista al frontman dei BaustelleFrancesco BianconiQUI
- La recensione di Meka Chan di Claudio AcciariQUI
Ad Aprile:
- L'intervista a Cristiano Godano, leader dei Marlene KuntzQUI
- L'articolo dedicato a Vivienne WestwoodQUI
- Il tributo a Prince in occasione della sua scomparsa QUI
Su I BLOG DE IL FATTO QUOTIDIANO
A Marzo:
- Un'accorata invettiva contro Donald TrumpQUI
- Un articolo dedicato allo straordinario testo oracolare I-KingQUI
Ad Aprile:
- Un articolo dedicato al caso Pasolini sulla scorta dell'importante film La Macchinazione di David Grieco QUI
- Un articolo dedicato alla grande leader birmana Aung Saun Suu KyiQUI
Su MINIMA&MORALIA
A Marzo:
- Un'intervista a Peppe Servillo sul suo rapporto con la città di Napoli QUI
- Un ricordo di Pedro LemebelQUI
Ad Aprile
- Un'intervista a Guido Tonelli del CERN su "il Bosone di Higgs" QUI
Su SPEZZANDOLEMANETTEDELLAMENTE
A Marzo:
- L'articolo che lanciava la nuova struttura del blog QUI
- La recensione de Il Vantone di Plauto tradotto da Pasolini al Teatro India QUI
- Un articolo dedicato al gruppo musicale Le CardamomoQUI
- La recensione di uno spettacolo teatrale su Michelangelo BuonarrotiQUI
- Un articolo sullo Stabat Mater di Pergolesi QUI
Ad Aprile:
- L'articolo omologo sugli articoli di Febbraio QUI
- La recensione dello spettacolo You never can tell di G.B.Shaw QUI
Nel frattempo, collaborazioni, progetti e iniziative sono aumentate: state certi che non vi annoierete.
Buona Lettura!
Nella continua consultazione di testi filosofici, orientali e occidentali, ortodossi ed eretici, classici o contemporanei, può capitare di imbattersi in studiosi liberi, dallo sguardo trasversale e affrancato dalle asfissianti mode culturali, insieme sincretico e diacronico: studiosi allergici a dogmi contrapposti e sovrastrutture stantìe.
Tale è il caso di Valentino Bellucci, ricercatore dal peculiare approccio spirituale, in grado di conciliare una notevole erudizione (soprattutto nell'ambito della tradizione vedico-bhaktica) con un'incessante ricerca di nuovi stimoli e approfondimenti.
Questa voracità intellettuale rende comunque interessanti i suoi studi, che talvolta possono apparire, per menti poco abituate ad uscire dal ghetto culturale eurocentrico, al limite di quella arbitrarietà spesso ascritta, da chi si muove entro i limiti razionali, a qualsivoglia rivelazione esoterica.
Per i lettori narcotizzati dai paralizzanti veleni del relativismo moderno, infatti, l'assertività di Bellucci (propria di uno studioso che pratica nel quotidiano ciò che teorizza) potrebbe risultare viziata da fanatismo o esaltazione. Questo proprio perché egli non rispetta, anzi vìola sistematicamente tutti i tabù intellettuali del falso progresso moderno, rivolgendosi a lettori dalla mente aperta e dalla risvegliata intelligenza emotiva.
La visione dell'Amore del Figlio di Dio di Ildegarda
Quando, in un articolo molto interessante pubblicato nella rivista Fenix, lo studioso ha sostenuto che la mistica Ildegarda di Bingen ebbe nelle sue meditazioni la chiara visione di Shri Krishna (il celebre Cristo-Uomo Blu che ella descrive in pagine memorabili), sollevando in tal modo un sordo coro di bercianti critiche dal versante cattolico, in realtà ha ipotizzato qualcosa non solo che Jung avrebbe facilmente compreso e Zolla probabilmente sottoscritto, ma che qualsiasi ricercatore della verità troverebbe assolutamente logico.
L'accesso agli archetipi dell'Inconscio Collettivo è prerogativa dei mistici e degli artisti illuminati.
Non è certo un caso che Hillman menzioni proprio quella grande pagina di Ildegarda in una sua dissertazione sul blu quale colore alchemico.
Fedeli al titolo blakeano che campeggia su queste colonne, ancora una volta ci accingiamo a spezzare le manette della mente: benché Bellucci si rifaccia a figure spirituali a noi non vicine, benché non possiamo dire di condividere nel dettaglio ciascuna affermazione dei suoi dotti e pungenti testi, concordiamo con lui su alcuni fondamenti del suo discorso storico-filosofico.
Ad esempio, lo smascheramento dei dogmi incrollabili dell'ateismo di massa, eguali e contrari a quelli della Chiesa Cattolica (come avviene ne La Chiesa di Darwin, Ed.Harmakis); la dimostrazione dell'esistenza della dottrina della reincarnazione nel Sufismo, nella Qabbalah ebraica come nel Cristianesimo gnostico delle origini, in una ricostruzione storica ispirata a un classico di decostruzione anti-dogmatica di Jacques Le Goff (L'Invenzione dell'Inferno, Ed. Harmakis); soprattutto, sottolineiamo la grande lucidità con cui Bellucci afferma e argomenta una nostra radicata convinzione: la cultura vedica come fonte del sapere esoterico universale (oltre a quella egiziana, da sempre indicata come tale), attraverso un tortuoso percorso in cui la conoscenza originaria è stata variata, corrotta, deformata, a volte arricchita, conservata in codici occulti e tramandata/tradotta/tradita tramite la tradizione orfico-pitagorica, il platonismo originario, la Gnosi, i circoli esoterici medievali, gli iniziati rinascimentali, le origini (idealmente pure) della Massoneria, fino ai giorni nostri (Da Pitagora a Guerre Stellari, Ed. Petite Plaisance).
Il prossimo libro in uscita di Bellucci si prospetta altrettanto interessante, affrontando i collegamenti tra Gnosi cristiana e tradizione vaishnavica, come illustrato qui di seguito:
Leggere le pagine di Bellucci, anche quando non siamo d'accordo, è insieme sia un piacere intellettuale (nei suoi testi squaderna un'erudizione sempre gravida di stimoli), che un conforto spirituale: in tempi di sgangherati sincretisti New Age, vedere che c'è qualcuno che ancora sa approfondire con dedizione fonti storiche e proporre rigorose argomentazioni razionali, affrontando una materia ardente e accecante come la mistica orientale, ci colma di speranza.
Non è un caso che, con sapiente capovolgimento dialettico, egli sia in grado di citare Voltaire contro gli eccessi del razionalismo moderno, lo stesso Darwin (e i suoi onesti dubbi) contro i suoi seguaci dogmatici, e che in Occidente abbia idealmente dialogato, dedicandovi testi accademicamente non conformi, con due intellettuali fuori dagli schemi quali Walter Benjamin e George Bataille.
Concludiamo con le righe conclusive della sua introduzione al suo ultimo testo citato, forse per noi il più riuscito, che donano la misura del suo approccio non convenzionale ma comunque equilibrato: "L’India non ha creato questa conoscenza, essa era diffusa su tutto il globo, ma dopo varie trasformazioni storiche e geologiche tale sapere si è conservato soprattutto in India; ma oggi la conoscenza vedica sta già migrando in occidente ed è compito dell’uomo occidentalizzato recuperare questo patrimonio che tanto ha donato alla cultura moderna e che ancora può donare, poiché si tratta di una filosofia perenne, di una conoscenza eterna, fuori dal tempo, ma in grado di manifestarsi nel tempo. I testi vedici possono darci una psicologia perfetta, con lo yoga, una architettura armoniosa e insuperabile, con il vastu, una medicina non invasiva e naturale, con l’ayurveda … la lista delle scienze vediche è assai lunga. Si tratta di iniziare a studiarle seriamente e a mettere in pratica questo sapere millenario".
Non possiamo che sottoscrivere questo invito.
Sul nobile esempio di Isaac Newton al cospetto della verità, di fronte all'oceano insondabile della musica classica ci ritroviamo come "un bambino che gioca sulla spiaggia ...divertito a trovare ogni tanto una conchiglia o un sasso più bello del solito".
Eppure, con la fortuna del principiante, può capitare anche a noi profani di trovare per caso, nel nostro inconsapevole gioco, delle perle scintillanti.
Tale è l'esempio di Animale Musicale- Biodiversità al pianoforte, percorso antologico di vette pianistiche, ideato ed interpretato da Michele Sganga ((edito da Sonicview/Officine della Musica di cui l'autore è co-fondatore)
Come egli stesso spiega nelle dotte note di copertina: "Più che un bestiario musicale, più che un semplice viaggio attraverso rinomate e feconde antinomie", l'antologia fronteggia e mette a nudo "contrapposizioni talvolta solo apparenti", "circoli viziosi" che "sin dalle origini della storia occidentale vanno aprendosi e chiudendosi a intermittenza".
Ecco dunque la metafora dell'armoniosa diversità biologica nel mondo animale come garbata risposta ai pregiudizi ignoranti di chi spesso scomoda la Natura a sproposito.
Del resto, non c'è altro modo di far tacere l'ignoranza se non sommergerla di Bellezza.
Questo è ciò che fa Sganga, non solo prodigandosi in un ragguardevole tour de force pianistico, viaggiando con notevole disinvoltura tra diversi epoche e stili, riuscendo a mantenere una coesione armonica, sia a livello concettuale, che all'ascolto, suadente anche per l'ultimo dei digiuni di classica.
I brani sono scelti con raffinata cura, non solo per le affini ispirazioni "animalesche", ma per la loro dissonante coralità stilistica, attraversata da sottili rimandi interni, in un'unione sospesa su un diffuso senso di leggerezza liberatoria.
Si aprono le danze con la prima delle dieci Histoires di Jacques Ibert, La meneuse de tortues d'or (1922), tra le più adorabili composizioni del maestro francese costretto dal nazismo all'esilio in Svizzera, noto ai cinefili per la colonna sonora del Macbethdi Orson Welles.
Il secondo brano, quasi obbligatorio in un'antologia di composizioni ispirate al mondo animale, è l'Oiseau tratto da Il de feu di Olivier Messiaen, il compositore ornitologo (anzi nelle sue parole "più ornitologo che compositore"), anch'egli legato drammaticamente al nazismo: celebre l'episodio, dalla bellezza accecante, che lo vede eseguire nel campo di lavoro di Gorlitz il Quatour pour la fin du temps davanti a quattrocento prigionieri e guardie, col benestare del responsabile del campo, musicofilo, che rimediò gli strumenti per l'esecuzione (la storia ispirerà la canzone Il Finale dei Baustelle, come rivelatoci dall'autore Cristiano Bianconi in QUESTA intervista)
Si prosegue con un balzo indietro di quasi cento anni, due estratti dal Waldszenen op.82 del grande Schumann, le scene forestali dalle quali Sganga estrae "l'uccello profeta" e "i fiori solitari".
Dopo esser tornato alle Histoires di Ibert ("L'asino bianco") si approda, pur brevemente, alle grandi visioni di Musorgskij dei Quadri di un'esposizione, il capolavoro postumo che impressionò Ravel al punto di indurlo a una memorabile orchestrazione: l'esecutore sceglie il brevissimo, ma indimenticabile, Balletto dei pulcini nei loro gusci, difficilissimo da eseguire (acciaccature in ogni battuta e cambi di tonalità in poco più di di un minuto).
Non poteva mancare, al giro di boa, il santo protettore dei virtuosi del piano, il furioso Franz Liszt, stavolta in un brano ispirato alla mistica soave di Francesco d'Assisi, nel suo momento di massima iconicità panica, La predicazione agli uccelli tratto da Légendes.
L'ottavo brano è il celebre Il Volo del Calabrone di Rimskij-Korsakov, terzo episodio de La Favola dello Zar Saltan, in cui appunto il protagonista è trasformato nell'insetto del titolo, un pezzo per alcuni aspetti più semplice rispetto ad altri del disco, ma che per questo merita una forte personalità interpretativa volta a rendere tutto l'umorismo del gioco onomatopeico voluto dall'autore, soprattutto nella trascrizione per piano di Rachmaninov, meno spettacolare di quella di Cziffra.
Si procede verso il finale attraverso la seconda serie delle Images di Claude Debussy, tra i brani più suggestivi del compositore, in grado di evocare volta per volta il suono delle campane attraverso le foglie, la discesa della luna su un tempio antico e il guizzo incontrollabile dei pesci rossi.
Il gran finale è affidato al genio di Skrjabin, ovviamente alla Sonata "degli insetti" op.70, così ribattezzata per le righe di commento lasciate dall'autore nello spartito, in cui emerge un afflato non lontano da quello francescano celebrato da Liszt: "Gli insetti sono nati dal sole che li nutre. Sono i baci del sole, come la mia Decima Sonata, che è una Sonata d'insetti. Il mondo ci appare come una entità quando consideriamo le cose sotto questo punto di vista.".
Un viaggio musicale straordinario, condotto con profonda grazia dal talento di Sganga, in grado di schiudere le porte della conoscenza musicale ed accompagnarvi dolcemente anche chi, come il sottoscritto, da solo si smarrirebbe nei labirinti della composizione, come un bimbo abbandonato su una spiaggia.
Per chi volesse condividere con la stessa guida simili percorsi di meraviglia musicale, Domenica 29 Maggio, presso Clandestina (Viale Filarete, 115 a Roma), si terrà il concerto BIOLOGIE, composizioni dello stesso Michele Sganga, al pianoforte, accompagnato degnamente dal soprano Nora Capozio e da Matteo de Rossi alla chitarra.
Non mancate l'appuntamento con la bellezza.