Abbiamo già dedicato molto spazio all'attesissima, ormai insperata uscita di The Dark Side of The Sun (film di Carlo Shalom Hintermann con le animazioni di Lorenzo Ceccotti aka LRNZ) al cinema.
In particolare, QUESTA intervista in cui LRNZ ricostruisce l'avventura, toccante e rocambolesca,
Con grande piacere, ho preso atto di come tutte le riviste specializzate abbiano, per via anche dei critici più usualmente severi, concesso giudizi mediamente molto alti al film, con picchi di rara eccellenza nell'apprezzamento.
Tra le tante recensioni, quelle che ho sentito più affini al mio sentire sono QUESTA e QUESTA.
Avevo deciso di astenermi da una vera e propria recensione, visto il grande coinvolgimento emotivo che mi lega alla pellicola, confessato apertamente QUI.
Dunque, perché ne dovrei scrivere ora?
Il motivo c'è, ed è legato non solo alla mia onestà di critico, ma ad anche ad una più ampia riflessione, che accenno soltanto e lascio ai lettori più attenti e sensibili.
Il film lo avevo visto più volte, in passato, in originale, con i sottotitoli.
Per quanto vi fossi, come detto, affezionato come ad una mia creatura (pur non avendovi avuto alcun ruolo) e ne ammirassi la disarmante nobiltà, nelle intenzioni e nel coraggio produttivo, dal punto di vista meramente estetico ero rimasto non del tutto conquistato.
Conoscevo benissimo le infinite peripezie produttive descritte da LRNZ nell'intervista sopra linkata, e quindi giustificavo ampiamente gli inevitabili difetti di realizzazione: era di per sé un miracolo che il film fosse stato girato, finito e realizzato, e agli autori andava comunque tutto il mio plauso.
Ma, per l'appunto, da critico onesto non potevo non sottolinearne la presenza.
Il mio ricordo era quello di un film toccante, a tratti straziante, con dei picchi di bellezza fotografica assoluta, delle intuizioni simboliche di altissimo livello, ma nel complesso diseguale, disunito, con dei lunghi scompensi nel ritmo della narrazione.
Anche la parte animata, come sottolineato dallo stesso LRNZ, alternava momenti di potente riuscita ad altri condannati dai tempi strettissimi a un'evidente approssimazione.
Ora, per quanto io sia un fautore dei film sottotitolati e non doppiati, devo tributare un fiore all'orgoglio patriottico della nostra tradizione di doppiatori. La cura del doppiaggio (spiccano i nomi di professionisti quali Pino Insegno e Leo Gullotta) rende il film assolutamente più accessibile, scorrevole, paradossalmente leggero.
Con mia grande sorpresa (non sono l'unico fra coloro che videro il film in originale ad aver avuto la medesima sensazione), alla fine ho scoperto che il film non era stato tagliato rispetto alla versione che ricordavo.
Questa maggiore accessibilità, rende anche più agile la comprensione del grande impianto simbolico messo insieme da Hintermann e Ceccotti (da sempre attento studioso di archetipi) nella parte animata.
Al di là di alcune, ripeto, soluzioni facili dettate dai tempi stile mission impossible della realizzazione, alcune parti dell'animazione sono da antologia.
Non tanto per la bellezza delle immagini (che deve smaccatamente moltissimo al miglior Miyazaki), ma appunto per il colto gioco di inversione simbolica operato dagli autori.
Sapevamo che i due avevano in primo luogo collaborato su un documentario sul ghetto di Venezia (QUI la splendida sigla di apertura di LRNZ), ma non per questo ci aspettavamo una rilettura così illuminante della tradizione cabalistica.
I dialoghi tra Father Night e Morning Glory toccano vette da illuminazione gnostica.
In particolare, c'è un momento di assoluto splendore simbolico nel film: Morning Glory, ancora nella sua forma non disvelata (un loto luminoso e vorticante, il Cervello della Grazia Divina, il Sahasrara, il loto dai mille petali, dimora celestiale della Devi, materna essenza divina) deve confrontarsi con la domanda di tutti i ricercatori della verità: perché esiste il male, perché l'ingiustizia, perché dei bambini innocenti devono soffrire?
La domanda, solo nei tempi recenti, di Dostoevskij, di Camus, di Simone Weil.
La risposta (non pur ma proprio grazie alla cornice fiabesca) è la stessa di un grande maestro illuminato indiano (non a caso, una donna): quando il desiderio dei figli è puro, il Divino deve cambiare i suoi piani.
Ed ecco, dunque, la grande manifestazione finale, il crollo del velo della Maya, la compassione materna del Divino che concede la propria visione, come nel XXXIII del Paradiso, ai propri figli: proprio a quelli che hanno sofferto di più, ai più innocenti e dolenti, e nonostante tutto gioiosi.
E noi ci ritroviamo in una sala cinematografica piena di amici a commuoverci per un film che sappiamo quasi a memoria.
E, miracolo ancora più grande, dopo la visione di un film straziante, doloroso, che mostra impietosamente la crudeltà dell'esistenza, a ritrovarci sorridenti ed estatici, con gli occhi traboccanti di gratitudine e letizia.
Il potere della Bellezza: trasmutare alchemicamente il dolore in conoscenza.
Grazie Carlo, grazie Lorenzo.
p.s.
fatevi un regalo, ecco la lista dei cinema dove vederlo, fino a mercoledi.
Non dite che non avete tempo, nulla è più urgente della bellezza e del puro amore.
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