giovedì 20 dicembre 2012

Alan e il Genio di Tuono


Se è stato davvero dimostrato scientificamente che l’intelligenza è direttamente proporzionale al senso dell’umorismo, e che quest’ultimo favorisce la longevità,  devo darvi due belle notizie:  abbiamo trovato l’elisir di lunga vita, e trascorreremo una lunga esistenza felice accompagnati dai suoi inventori.
Per completezza di scoop vi rivelo anche i nomi degli autori della straordinaria scoperta: Francesca Riccioni e Tuono Pettinato.
La loro opera “Enigma-La strana vita di Alan Turing” (Rizzoli Lizard), se accostata alle pubblicazioni migliori degli ultimi anni, s’impone comunque come un piccolo prodigio d’intelligenza emotiva.
Ma se la caliamo nel contesto delle pubblicazioni nostrane attuali, non solo fumettistiche ma anche letterarie e cinematografiche, beh, diventa una gemma accecante.





Tutti i pregi delle precedenti opere di Tuono Pettinato (schematizzando: stimolo intellettuale pari a un viaggio nel tempo sotto anfetamina, potenziale comico superiore a un dialogo tra Sheldon Cooper e Isaac Davis, ) sono qui esaltati, e sorpassati, da un surplus di erudizione e sensibilità.
Mi par d’obbligo introdurre, alle dis-graziate creature non ancora confortate dal balsamo della sua conoscenza, la figura adorabile del Nostro.
Innanzitutto non tutti avranno notato che fin dal nome si cita uno dei racconti più celebri e significativi di un maestro assoluto della letteratura: "La biblioteca di Babele" di Jorge Luis Borges  (signori, in piedi!).  Se solo accennassi a una qualsiasi riflessione sul tema il post assumerebbe le dimensioni del "Mahabharata", per cui do per scontato che tutti lo conosciate (i manchevoli s'apprestino a colmare l'imperdonabile vuoto, conferendo con l'occasione maggior senso alla propria esistenza).

Basti dire che memorie del racconto, magari inconsce, si avvertono qua e là anche nelle interviste di Ratigher, compagno di milizia artistica di Tuono nella selezionatissima compagine dei Superamici.
Come un bambino intelligentissimo, Tuono accompagna nello smarrimento più totale, nel cosmo labirintico di conoscenza incomprensibile de "La Biblioteca di Babele" globale.
Un giorno parleremo dei rapporti tra lui e un altro grande scrittore, Cortazar.
Ma non vi adontate se per ora mi limito solo a lui.

Tuono Pettinato è il  Campione mondiale di calembour.
Gli déi lo hanno benedetto con la grazia assoluta concessa solo alle menti superiori: l'umorismo intelligente.
Egli ha anche un ruolo artistico di capitale importanza per le sorti dell’arte nel nostro Paese.
E’ il volto gentile dei Superamici.
Nel suo caso,  la definizione s’applica con rigorosa aderenza icastica.
Ed è davvero ironico che nel caso di un grande ironico una definizione ironica non risulti ironica.
Che ironia, eh?!
 Essere Superamico nel caso di Tuono non è l’antifrasi imbevuta di acido muriatico di maicol&mirco, non si tinge di sarcasmo lisergico come nelle avventure del Dr.Pira; non ha nemmeno  la spietata autocoscienza dei personaggi di Ratigher; e siamo lontani anche  dal vulcanico eclettismo di Lorenzo Ceccotti.
Al termine della lettura  lo vorresti proprio abbracciare fraternamente, baciando la sua barba da Pope imbarazzato, dicendogli, senza ironia alcuna: grazie amico Tuono, mi hai restituito il buonumore. 

 Le sue opere, questa in primis, sono la versione postmoderna e finalmente godibile dell'odiatissimo schema “imparare divertendosi”.
Leggendo le storie di Tuono Pettinato ci auto-inebriamo di dopamina, proviamo lo stessa delizia che ci avvolge leggendo J.K. Jerome (del resto “Il Magnifico lavativo” non può che avere “I  pensieri oziosi di un ozioso”),  avvinti dallo stesso interesse innescato dalle piu' riuscite divulgazioni di Augias o Eco.





Se e' nerd lo e' con l'erudizione di Pico della Mirandola, se e' hipster (termine tornato inspiegabilmente di moda con un significato imponderabilmente lontano dall’originario) lo e' con la consapevolezza di  T.S. Eliot.
Come il grande poeta, con sacralità ieratica lo è ne l'alta letteratura, così Tuono con sapienza ludica, lo è nelle storie a fumetti:  il cantastorie alessandrino del Kali yuga.
Egli tiene alta la bandiera della filocalìa in un mondo posseduto dal Brutto.  
Tutte le sue opere potrebbero avere in calce il verso epitome de “La Terra Desolata”, e del Novecento tutto (“these fragments i have shored against my ruins”),  accanto a una battuta di Groucho Marx (non a caso il genio poetico invitò a cena il genio comico, come spassosamente narrato da quest’ultimo).


Entriamo ora un po’ più nel dettaglio di questo libro.
Pur mantenendo una scorrevolissima continuità narrativa, nonostante la complessità tragica dei concetti esposti,  grazie a una leggerezza d’ispirazione che incanterebbe Calvino, “Enigma” in realtà potrebbe essere definito un mosaico di finezze.
Ogni tavola trabocca intelligenza, cultura, poesia, umorismo.
Siamo nell’albedo della coincidentia oppositorum: è un libro che apre il cuore e sveglia il cervello.
Nulla, neanche il teorema più complicato, o l’episodio più avvilente, riesce ad appesantire una lettura, che ha il tocco fatato di un racconto confidenziale e la solennità avvincente di una testimonianza d’autore. 


Un sincero plauso va ai testi di Francesca Riccioni.
Non è facile narrare una vicenda come quella di Alan Turing,
I testi colgono bene i paradossi continui che hanno ritmato laceranti  la sua vita: genio e sprovveduto, stratega vittorioso e ingenuo accusatore di sé stesso, timido innamorato platonico e solitario dissoluto, eroe nazionale messo al bando dalla società…
 Non mi addentro nei dettagli della "strana vita" (molti dei quali famosi), insieme esaltante e tristissima, perché il modo migliore per scoprirne il possente significato è proprio seguire il racconto che vi stiamo presentando.
Gli autori hanno colto Il modo più bello e appropriato per omaggiare Alan Turing, una folgorante intelligenza, affascinata dagli incastri logici e dal candore fiabesco,  tragica vittima della crudele ignoranza dei suoi contemporanei : compensare con un giocoso contrappasso poetico l’abisso d’incomprensione che lo destinò a una violenta infelicità, risarcire attraverso l’innocenza della trasfigurazione fumettistica il vergognoso credito di solitudine e sofferenza che il genio che sconfisse Hitler fu costretto ad aprire dall’umanità che aveva salvato.


Ed ecco quindi a redimere i torti infami del moralismo ottuso gli antidoti più micidiali e  amabili:  lo stupore fiabesco, il senso del gioco, il pudore della poesia, l'acume dell'ironia.
Ora, nel libro di Tuono Pettinato su "Garibaldi" l'ironia faceva da provvidenziale contraltare alla retorica risorgimentale, che era riuscita a rendere una figura dal fascino epico (che non avrebbe nulla da invidiare a Che Guevara, anzi) un sepolcro scolastico.



Qui,  il velo dell’ironia copre pudico lo squallore dell’ipocrisia che vive parassitaria sui vizi che essa stessa nutre, l’orrore della mostruosità imposta al diverso, prima come etichetta morale e poi come marchio fisico.
E' insieme arguta e commovente la poetica delicatezza con cui vengono resi gli ultimi tragici anni della vita di Turing.
Lontani anni luce dalla sciatteria del buonismo, Francesca Riccioni e Tuono Pettinato non hanno paura di ricordarci, col tono discreto della loro sorridente leggerezza, l'eterna identità kalòs kai agathòs.

Non vorrei però essere accusato di scrivere una recensione troppo entusiastica, tacendo ipocritamente d'un difetto macroscopico ed evidente a chiunque, che deturpa il profilo per il resto apollineo dell'opera.

Si badi bene, non si tratta di un mero errore, di una debolezza stilistica, una svista grafica, o un'imprecisione anagrafica.
Si tratta di una catastrofica falla, di una lacuna strutturale che mina i presupposti stessi della godibilità dell'opera.
Sono rimasto dolorosamente esterrefatto dall'incresciosa occorrenza: come è possibile che due autori così arguti e solitamente rispettosi (ma punto il mio dito accusatore anche sugli editori, innegabilmente correi, almeno moralmente) abbiano perpetrato quello che è oggettivamente un affronto nei confronti dei lettori.

Sono contrario agli spoiler, ma la mia coscienza mi impone di rendervi edotti su questa vergogna, a protezione della vostra sensibilità, che presumo virginale.

Il libro, a un certo punto, finisce.

Non sto scherzando. 
Finisce: non c'è scritto più nulla, proprio fisicamente giri pagina, e non c'è più niente.
Non si fa così.
Il lettore, sopraffatto dalla dopamina, ne vuole ancora e ancora e si ritrova abbandonato crudelmente nella più violenta delle crisi d'astinenza.

Già sento le scontatissime obiezioni di qualcuno (i soliti sapientoni, si! Vi conosco bene voi, odiosi custodi dell'ovvio...e vi disprezzo!"): "Ma scusa è una storia biografica, parla di un uomo che è vissuto, è morto, in circostanze oscure ma celebri, scusa, cosa pretendi...".
Quale patetico limite di visione! Quale rozzo tappo imposto forzosamente sulla fonte sorgiva della fantasia!
Ma dico io, benedetti ragazzi, ammiratissimo Tuono e apprezzatissima Francesca, ma ci vuole tanto a vedere che una via d'uscita, comodissima, c'è, a questo fittizio e vile "problema"!??
La metafisica indiana, che certo frequentate vista la serafica calma che ispirano le vostre pagine, vi offre un gancio narrativo inesauribile: il Samsara. L'eterno ciclo delle rinascite e delle morti.
Avete un campo infinito come l'Assoluto per continuare a deliziarci!
Alcuni modesti spunti, i primi che verrebbero in mente, credo, a chiunque:
 Turing che ritorna come vendicativo dio grecizzante a imporre alla perfidamente bigotta Albione il karma infernale della sodomia robotica; Colossus come nuovo Golem evocato in un futuro asimoviano per difendere i puri e i sensibili dalle schiere ferine dei mediocri ciccioni; anche nel passato, magari: Godel che gliela incarta a Minosse provando a spiegare il "Teorema dell'Incompletezza", mentre di nascosto Dante, Virgilio e Turing portano in salvo Brunetto Latini nel Limbo, dove i quattro si intrattengono con Omero e il Saladino sulle influenze orfiche nei dialoghi platonici...
Lo so, idee banali, già viste...ma siete voi gli artisti, o no?!

Ma nonostante tutto, miei cari, vi perdono.
E vi ringrazio.

 Vi ringrazio a nome di Turing, per essere stati in grado di tributargli un omaggio allo stesso tempo divertente e toccante, e anche a nome di tutta l' umanità, che dovrebbe chiedere perdono al grande genio, per avere ripetuto una lezione antica ma eternamente valida.
Dimostrate che si può essere intelligenti senza essere necessariamente, e facilmente”cattivi".
Con buona pace di Dark Helmet e del suo indimenticabile assunto.



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