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E' con grande piacere che vi segnalo la mia recensione di una delle opere fumettistiche più belli dell'anno: "Corpicino" di Tuono Pettinato.
Avevamo già parlato di questo timido Eroe della Cultura e dell'Intelligenza QUI.
Il libro in questione è, a nostro modesto giudizio, il più maturo e graffiante dell'autore.
Per quanto la vulgata nichilista contemporanea, nel suo tragico avvitarsi su se stessa, dia come assunto ormai scontato che l’esistenza sia priva di senso (un mero patetico sbattersi d’ impulsi freudiani fino all’ineluttabile epilogo dell’estinzione, unica certezza), io celebro ancora a testa alta lo stupore del mistico e del fanciullo di fronte al gioco misterioso in cui tutti, dalla nascita, ci ritroviamo attori e testimoni. E’ chiaro, ad un analisi razionale, fredda e oggettiva, l’esistenza appare esattamente come magnificamente descritta da anime sublimi e menti superiori, in vette nerissime di sapienza pessimista: “un pendolo che oscilla incessantemente fra noia e dolore” (Schopenhauer), “ un racconto narrato da un idiota, pieno di strepito e furia e senza significato alcuno (Shakespeare)”, “Amaro e noia... altro mai nulla; e fango è il mondo” (Leopardi). Insomma, la nostra mente, non fa che ripeterci il mantra dell’Ecclesiaste “vanitas vanitatum”, eternato ancora da Leopardi, in una mirabile variazione: “l’infinita vanità del tutto”. Questo tragico annuncio appare spietatamente confermato dalla mera constatazione della condizione umana: sofferenza ovunque, ingiustizia trionfante, il dolore come unico sentimento universale. La stragrande maggioranza dell’umanità vive in condizioni di indigenza, o è vittima d’ingiustizie, abusi, torture. La cronaca quotidiana è un intollerabile viaggio nell’orrore per chiunque abbia un residuo seppur minimo di sensibilità ed empatia umana. In più della metà del mondo la nascita equivale ad un violento approdo in un inferno di schiavitù, inedia, abusi di ogni tipo. Le ristrette oasi del mondo cosiddetto civile, evoluto, “ felice” sono prigioni per masse forzosamente costrette ad un bivio: o costrette a un affanno continuo per sopravvivere , strozzate in ritmi assurdamente frenetici e innaturali; o, peggio, materialmente soddisfatte, ma schiave di illusori desideri imposti dall’alto. Miliardi di zombie posseduti da dogmi materialisti, ipnotizzati come grottesche marionette. Come faceva dire Pasolini a Gagarin ne il finale de “La Rabbia”, dall’alto di una contemplazione cosmica l’umanità apparirebbe come: “miliardi di miseri abbarbicati alla terra come disperati insetti” I pochi ricercatori della verità, i soli per cui questo mondo è ancora in vita, albatri baudelariani derisi dalla ciurma degli schiavi sociali, soffrono indicibilmente la leopardiana distanza siderale tra l’infinito intuito nel loro cuore e la crudele finitezza del reale. Benvenuti nel Kali-Yuga: l’era della confusione, dell’errore. Sembra proprio aver ragione il Dylan ultra pessimista degli ultimi anni: “Every moment of existence seems like some dirty trick/ Happiness can come suddenly and leave just as quick/ Any minute of the day the bubble could burst” (“Sugar Baby”), “The suffering is unending/. Every nook and cranny has its tear” (“Ain’t talkin’”) Il dolore quindi apparirebbe come l’unica forma di conoscenza, la religione un ridicolo trucco, la scienza una continua conferma della nostra precarietà, le ideologie delle trappole di massa. A livello razionale, è esattamente cosi. Innegabile. Ma è solo da trecento anni che l’uomo pensa che la mente abbia il primato tra le sua facoltà In una splendida frase (la cui bellezza rimane intatta nonostante sia divenuta uno slogan mocciano) Antoine de Saint Exupéry ammoniva: “non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi”. Lungi dall’essere una frase da Bacio Perugina, è sintesi poetica di una sapienza millenaria: il cuore è sede, per i mistici di tutte le tradizioni, dello Spirito. L’Oceano di Verità, Consapevolezza e Beatitudine. Con occhi aperti alla visione interiore la vita ci appare come un’avventura. Come diceva Chesterton: “La vita è la più bella delle avventure ma solo l'avventuriero lo scopre. “ Una Sinfonia di coincidenze rivelatrici, una mappa segreta di percorsi interiori, un codice divino di segnali e prodigi nascosto nell’apparente grigiore della quotidianità. E, una volta giunti alla visione, ci dissolviamo nella stupore infantile, al cospetto di quella che Testori cantò come “La maestà della vita”. Ma questo prodigio, lo splendore intimo dell’esistenza, solo si rivela a chi ha custodito il sacro stupore, in ridenti occhi bambini (l’innocenza è la forma più alta di saggezza) capaci ancora di meraviglia, non incrostati dal velo dell’abitudine Questo articolo non sarà dunque una recensione, ma la testimonianza di un’illuminante sincronicità.
Non c’è nulla di più nobile che l’accordo di due visioni contrapposte su un principio
universale.
Non c’è nulla di più rivelatore che l’incontro di due forme mentis affini applicate a
temi opposti, il riconoscimento di una verità raggiunta da percorsi apparentemente
paralleli e inconciliabili.
Per questo ci commuove l’episodio di Achille e Priamo: il superamento del muro
del proprio ego, inchinato di fronte ad una verità più grande. Una manifestazione
esemplare di una legge inconscia, una pausa nel massacro senza posa, un’epifania di
bellezza nella monotonia del male.
Una luce archetipica che si rinnova ritualmente, nella stretta di mano tra capitani
rivali prima di una partita, o negli omaggi reciproci tra capi di stato in conflitto.
Anche se l’abitudine svuota il rito di significato, la luce simbolica continua a
risplendere. Come dice Dylan in modalità Blake: “The fire's gone out but the light is
never dying” (“Ain’t talkin’”).
Conosco Massimo Palma da anni, pur non frequentandolo, e lo avevo sempre stimato
come brillante mente filosofica (potete verificare QUI), ma soprattutto come persona
dalla rara gentilezza d’animo (cosa per me ben più importante).
Quando ho saputo che aveva scritto un libro su Berlino, il mio cuore è stato teatro
d’un boato d’esultanza paragonabile solo a quella d’una curva sotto alla quale è stato
appena segnato un goal al 95° contro i rivali di sempre (ogni riferimento a persone e fatti è puramente voluto). Erano due giorni che senza alcun motivo ammorbavo
il prossimo, amici, parenti, anche passanti sull’autobus e vigili nei gabbiotti, con
un interrogativo che mi lasciava senza requie: “Bowie e Iggy Pop sono risorti a Berlino... il disco più bello degli U2 è stato inciso a Berlino...per non parlare di tutta
la Storia pregressa, le grandi anime, i filosofi, i poeti… Ma possibile che nessuno
ha scritto una guida, un libro su Berlino come città culturale, sullo spirito della città,
sull'atmosfera che ha ispirato capolavori in tutte le arti?!!!"
Una telefonata di un amico, una notizia en passant, un incontro casuale.
Chiariamo subito, chè il mondo è pieno di stolti e maliziosi: non scrivo che Massimo
è una mente elevata e un ottimo scrittore perché è mio amico. E’ il contrario: siccome
è una mente elevata e ha scritto un libro eccellente, io mi onoro di essere suo amico.
Anche perché…ma vogliamo parlare dei titoli che escono ora in libreria?
Negli ultimi 15 anni, di fronte allo spettacolo dei libri di Susanna Tamaro messi negli
scaffali di spiritualità, accanto a Simone Weil e Teresa d’Avila, mi sono ritrovato
più volte a sussurrare agonizzando come Mistah Kurtz: “l’orrore…l’orrore”.
E, per rimanere in tema, ogni volta che entro in una libreria e trovo all’entrata pile e pile
di libri di Fabio Volo, il Gran Nemico, con allucinato distacco chiudo gli occhi e
sogno l’odore del napalm di prima mattina (ben venga, se fosse l’odore della vittoria
dell’intelligenza sulla mediocrità).
Ma quando s’incontra un libro come “Berlino Zoo Station” ben altri automatismi
s’impongono: ci si leva il cappello come forma di rispetto, e poi lo si lancia in aria in
segno di tripudio.
Ora se, come diceva il già citato Chesterton, “la dignità dell'artista sta nel suo
dovere di tener vivo il senso di meraviglia nel mondo”, Massimo è uno scrittore
dignitosissimo.
Non è facile riconoscere il valore di un autore quando affronta temi che non
conosciamo, o che non ci hanno mai profondamente interessato. E’ difficile
apprezzarlo quando ci parla, con competenza ed entusiasmo, di cose che abbiamo
sempre osteggiato con ardore. Ma il cimento più arduo è accettare che qualcun altro
possa dire cose definitive su argomenti che si credeva di conoscere benissimo, e sui
quali ci si illudeva d’avere un punto di vista originalissimo e inedito; e più che mai
(con onesta ammirazione, tempra dei nobili, e mai con invidia, brodo esistenziale
dei mediocri) vedere come un altro possa esaurire brillantemente l’argomento , anzi,
aggiungendo pure ulteriori collegamenti ai quali non avevamo pensato.
(ad esempio sulla trilogia berlinese di Bowie qui magnificamente ritratta daTuono Pettinato per il nostro blog)
Il libro di Massimo, avrete intuito, vince con nonchalance tutte e tre le sfide.
Coerente con quanto affermato, mi sono comprato apposta un cappello per levarmelo
di fronte a lui qualora dovessi incontrarlo (di quelli che costano poco ovviamente,
ma comunque di valore simbolico inalterato). Confesso senza imbarazzo che il mio
sogno un giorno è arrivare a scrivere un libro di questo livello sulle cose che amo e
studio alla follia (editori in ascolto mi propongo: Dylan e la Kabbalah? Carmelo Bene
e la mistica orientale? Bowie e David Lynch? Tarkovskij e l’iconostasi? Cèline e Di Canio? Favorite, il menu è ampio!).
Ma, insomma, di cosa parla questo libro? “Berlino Zoo Station” è la più bella guida pensabile su una delle città più affascinanti
e ricche di cultura d’Europa. La metafora dello zoo è la grande linea guida, che lega
secoli di storia e una selva di personalità leggendarie e contrastanti , in una narrazione
frastagliatissima eppure coerente. Massimo è b r a v i s s i m o nel disegnare la mappa delle interconnessioni culturali,
esplorata nel dettaglio dei più riposti anfratti semantici, nella brulicante realtà
dei vicoli più oscuri, scoprendo sorprendenti possibilità di dialogo, vertiginosi
accostamenti, stimoli continui all’approfondimento.
Il libro a livello di piacere intellettuale è l’equivalente del sogno proibito di un
adolescente, come perfettamente esplicitato dalla vignetta di Maicol qui riprodotta
ma è anche una sorgente di emozioni purissime. La mediazione dialettica è la
versione mentale, rovesciata, dell’armonia taoista. Un punto cruciale: ci torneremo tra
poco, armati fino ai denti.
Come un cicerone angelico, Massimo ci mostra dall’alto il grande disegno d’insieme
(dominando la storia e la topografia berlinese come gli angeli rilkiani di Wenders
fanno contemplare la città dall’alto in una celebre scena), per poi calarci nella più
cupa delle catabasi, aggrappati alle ali della sua conoscenza, nell’inferno animale dei
tossici, e nel cieco odio delle camicie brune, per poi riportarci sani e salvi sulle vette
del pensiero, avendo attraversato la commedia divina e diabolica degli infiniti volti
della città.
Affrontiamo ora i due grandi protagonisti, gli eroi morali, i punti cardinali, gli Alfa
e Omega del testo: un celeberrimo gruppo rock irlandese, un celeberrimo filosofo
tedesco.
Ora, francamente non posso definirmi un fan degli U2.
Ho amato (ero praticamente bambino) l’ingenuità guascona di Bono che sventolava
la bandiera bianca e si arrampicava sulle transenne, nel surreale incanto della cornice di Red Rocks, in “Under a red blood sky” .
Ai tempi di “The Joshua Tree” (facevo ancora le elementari, anche se per poco)
mi rispecchiavo anima e cuore nei loro ideali impastati di cristianesimo popolare e
genuina rabbia sociale, cosi generici da diventare, tramite la semplificazione pop,
manifesti universali. Ho mandato a memoria in pochi giorni “Achtung Baby” (di
cui il libro in oggetto è il più grande monumento pensabile), e già stavo alle medie.
(“Acrobat” rimane ancora un inno disperato, l’urlo disilluso di chi non spera più di
trovare ciò che ancora non ha trovato). Soprattutto, grazie a loro, attraverso i loro
riferimenti onestamente dichiarati, ho avuto accesso al Sancta Sanctorum: Dylan, Bowie, I Beatles del “White Album”. E come in un antico apologo buddista, la barca
che ci fa attraversare il fiume per giungere all’ambita sponda, poi non ce la portiamo
appresso nel cammino. Dal confronto con i giganti del rock, pur mantenendo grande
affetto, immediati mi sono apparsi i loro evidentissimi difetti: la faciloneria di alcune
dichiarazioni, la boria di alcune pose (in seguito stemperate da una calcolata auto-
ironia), una gigioneria spesso fuori controllo.
Artisticamente tutto ciò è riassunto dai sospiri da attempato pornodivo in difficoltà
con cui Bono, soprattutto dal vivo, deturpa dei versi bellissimi, piegando la sua voce
potente a dei vezzi da pop idol (alcuni falsetti sono da fucilazione sommaria). Per
carità, lo ringrazierò per sempre per aver scritto l’inno internazionale dei ricercatori
(“I Still Haven’t Found What i’m Looking For”).
A malincuore, devo ammettere che dobbiamo a lui la resurrezione dell’Eroe: la pubblicazione di “Oh, Mercy”. Fu Bono a recarsi in omaggio al Dylan in crisi di fine anni’80 e a fargli tirare fuori, grazie alla devozione del fan e ad alcune casse di birra, gli appunti che il Maestro depresso
aveva abbandonato nei cassetti.
Tenendo conto di questo, dei suoi indubbi meriti pregressi, nella mia mente ho
commutato la certa pena di morte in 77 nerbate sulle terga, ma date con convinzione,
per l’incomprensibile deflorazione animalesca di “I’ve got you under my skin”.
Credo Sinatra sia morto alcuni anni dopo per il dolore e la vergogna.
Accostandoli ai maestri eterni, gli U2 comunque non sfigurano del tutto (non
come ad esempio quei patetici pagliacci degli Oasis). Hanno saputo distillare il
dettato dylaniano, negli appassionati paradossi, nei giochi di parole continui, nelle
antifrasi continue e ricercate (da “Where the streets have no name” a i brani più
alti di “Achtung Baby”, fino alla confezione manierista del brano pop perfetto in "Stay").
Se, come disse Ginsberg, Dylan ha portato la poesia
nei jukebox, gli U2 l’ hanno portato negli stadi. Hanno rei-incarnato in maniera
magniloquente il cortocircuito bowieano della rockstar suicida, dell’idolo da bruciare,
nella grandiosa cattedrale postmoderna del tour “Zooropa”, dal cui pulpito infernale
scaturiva il bombardamento di significanti, ossessivi, contraddittori, ripetuti fino allo
svuotamento d’ogni significato possibile. Una sceneggiatura furba ma molto efficace,
la messinscena diabolica dello smarrimento di senso collettivo.
Ma se per i loro fan il gruppo rappresenta certamente, l’update definitivo, la sintesi
suprema dei grandi del rock, confluiti in un linguaggio semplice ed universale, per
me il loro rock-pop, potente, gradevole è una diluizione popolare, un abbassamento
di livello (pur con dei picchi di grande valore) rispetto alle sperimentazioni
rivoluzionarie di 30 anni prima.
Eh, lo so, sono un irritante misoneista, un incontentabile sapientone. Ma ho ragione.
Detto ciò, non credo abbia senso ora discettare ulteriormente su un band che da
più di 25 anni è considerata “la più grande rock ‘n roll band del mondo”. Vi rinvio
alle riflessioni di Massimo, che sul gruppo irlandese è una riconosciuta e meritata
autorità. L’esegesi dei testi di “Achtung Baby” tocca profondità che gli U2, credo,
si sarebbero sognati d’aver ispirato. Bono Vox dovrebbe tenere questo libro sul
comodino, e mandare cesti stracolmi di leccornie e prelibatezze a Natale e a Pasqua a
casa dell’autore.
Ma ben altra pirotecnica prolusione ora v’attende. Vi consiglio di andare a prendere
un bicchiere d’acqua.
Come dice Mangoniin un indimenticato classico (3.11-3.14):
FINE DELLA PRIMA PARTE, INIZIO DELLA SECONDA PARTE.
Accanto agli U2 il vero, grande protagonista, l’ispiratore, l’eroe del libro è un idolo
pop che non vi aspettate: Georg Wilhelm Friedrich Heg…scusate, devo ricompormi.
Non credevo di dover mai scrivere questo nome sul mio blog. Vabbè, avete capito
si, quello di tesi-antitesi e sintesi, dello Spirito Assoluto, il summus philosophus
dell’Accademia Danese…
Diciamo che non è esattamente il mio filosofo prediletto.
(Chi volesse approfondire il mio punto di vista può estasiarsi qui 35.53)
Provo a sviluppare il concetto.
Potrei dire che l’affermazione “La filosofia è necessariamente sistema.” ha sempre
destato in me la medesima reazione che un altro celebre tedesco aveva alla parola
“cultura”: portare istintivamente la mano alla pistola. Ma è un esempio spesso usato,
non rende giustizia alla peculiare intensità del mio sentimento.
Ecco, potrei dire che una delle poche volte che sono in disaccordo col mio amato Schopenhauer è stato quando definisce Hegel “assassino della Verità”.
(in queste note a margine invece lo ritrae come un asino)
Stavolta, diletto Arturo, oppongo un vibrante dissenso: una definizione troppo generosa
per il filosofo tedesco (per uccidere qualcosa bisogna saperla identificare, quindi
conoscerla), e ingenerosa per la vasta e variegata categoria degli assassini (che tra le
loro fila possono vantare eterni simboli di coraggio e giustizia, da Arjuna, passando
per Giuditta, fino a Ken Shiro).
Ma sento di non aver esplicitato ancora bene il mio punto di vista.
Diciamo che avrei volentieri festeggiato il mio diciottesimo compleanno, come
credo molti di voi, nelle seguenti comunissime modalità: di fronte alla Porta di Branderburgo, in guisa di Eliogabalo, al cospetto di una folla oceanica di anti-
storicisti, protetto come Luke Skywalker alla fine di Episode VI, dai Lari benevoli
di Schopenhauer,Kierkegaard e Nietzsche, offrendo alla furia purificatrice del dio Fuoco le pagine della “Fenomenologia dello Spirito”. Ca va sans dir, il tutto
circondato da Baccanti discinte che in preda ad un furore estatico avessero urlato “ciò
che è reale NON è razionale”.
Si, mi rendo conto, è un’idea banale, tutti ci abbiamo pensato almeno una volta.
Per carità, poi, si sa, Hegel è un gigante della filosofia, un mastodonte del pensiero,
colui che dopo Platone e accanto a Kant ha elevato la riflessione ad altezze…ma
basta col politicamente corretto, lo odio!!!!
Eppure, vi giuro con la mano, non dico sulla “Bhagavad Gita” (mai giurare su ciò
che è veramente sacro), ma su ciò che più mi è umanamente caro (il vinile di “Freak Out!” o la maglia di Mihajlovic del 2000, scegliete voi)….ho provato seriamente un
paio d’anni fa a leggerlo.
Mi sono detto: “Adriano, non essere sciocco, non fare il bambino, hai letto milioni di
libri, non puoi non leggere un filosofo così importante…se tante persone intelligenti
lo amano avrà una sua grandezza, no?!”
E vi prometto in ginocchio, o Corte Suprema dei miei lettori, un paio d’anni fa mi ci
sono messo, onestamente, ho voluto fare tabula rasa dei miei pregiudizi, ho svuotato
la coppa del mio ego…e con animo sereno e mente aperte ho dischiuso le pagine
sulla dialettica servo-padrone.
Un grande classico del pensiero, una delle vette della filosofia moderna. Certo.
Una volta raggiunto il quarto paragrafo… non ricordo più nulla…solo di essermi
svegliato, dopo, altrove, su un lettino, con un forte senso di oppressione, le braccia
forzatamente incrociate, e di aver distinto tra la nebbia dei narcolettici solo un foglio
con alcuni numeri: il conto dei danni per la biblioteca messa a fuoco.
Eppure, eppure, eppure, cari fratelli della Loggia“Estrema Irratio”, tale è la passione,
l’intelligenza, la profondità con cui Massimo ci parla di Hegel che me lo ha fatto
diventare perfino simpa…vabbè, non esageriamo…interessante!
E’ un esercizio di straordinaria apertura mentale (più che mai pertinente considerando
il titolo di questo blog) vedere colui che abbiamo sempre visto come l’incarnazione
del tronfio atteggiamento occidentale di forzatura razionale del reale, come
l’emblema della sapienza accademica sterile , della nozione mentale contrapposta
alla vera sapienza, dell’inganno menzognero della nostra mente eretto a sistema
opprimente…ebbene, lo dico: vederlo sotto tutta altra luce. Hegel nelle pagine di Massimo, non solo è una rockstar (e fin qui, visto il successo
ottenuto in vita che faceva imbestialire Schopenhauer, ci poteva stare…come lo
stesso autore ricorda Bowie disse la stessa cosa, e per molti versi purtroppo a ragione,
di Hitler!), ma è proprio l’opposto di come lo abbiamo sempre percepito: uno
studente goliarda e disperato, un filosofo anticonvenzionale, stufo dei triti luoghi
comuni, mosso dal desiderio di rendere la filosofia qualcosa di reale, vivo, concreto,
posseduto e ossessionato dal purissimo desiderio di trovare la verità e diffonderla, di
liberare l’umanità dall’inganno e dall’ignoranza.
Un animo equilibrato tra l’intuizione poetica del suo amico Holderlin (che per noi
nell’ approdo pre-nietzscheano alla follìa si avvicinò molto di più dell’amico filosofo
al vero; diremmo di lui come egli stesso scrisse in uno dei suoi ultimi appunti di Edipo, “accecato, ha forse un occhio in più”, aperto alla visione interiore) e gli slanci
trascendentali dell’altro amico Schelling (che, stiamo schematizzando, non poteva
accettare la sua pretesa di spiegare e razionalizzare tutto).
Una mente aperta e vivacissima, dal respiro geniale, in grado di capovolgere l’onda
del conformismo culturale con la forza della sua indipendenza intellettuale.
Uno di noi, insomma. Un ricercatore che ce l’ha fatta. Un’intelligenza straordinaria
che ha speso la sua intera esistenza per dare senso alla vita di tutti. Più alto di Kant,
più risolutore di Marx, più felice di Nietzsche, più definitivo di Spinoza.
Nel libro Massimo ripete, più che come un mantra come un leit-motiv (è proprio lui
a dire che il filosofo puntava a realizzare “l’opera d’arte totale” della filosofia), che Hegel aveva capito tutto. Da sempre io dico che è vero, con una piccola correzione:
ha capito tutto (le sue intuizioni sul ritmo ternario dell’esistenza e sul manifestarsi
progressivo dello Spirito sono luminosamente vicine alle verità della rivelazione
mistica orientale), ma al contrario (pretendo di aggredire il reale attraverso i limiti
della razionalità, di trovare la sintesi nella dialettica, e non cercando il ritorno
all’Uno attraverso la via interiore, dantesca, gnostica dei mistici e degli artisti)!
Per me l’idealismo hegeliano è un Advaita Vedanta scomposto e ricomposto
artificiosamente, una risalita al di fuori dell’inferno del dubbio, in cui però il
filosofi che escono “a riveder le stelle” non si rendono conto che stanno ammirando
un fondale di cartapesta. Parafrasando il sublime Rumi, noi non siamo gocce
nell’oceano, ma “l’oceano in una goccia”. Il dissolvimento nell’unità primordiale
avviene al superamento di ogni dialettica, nell’estinzione dell’illusorietà, dunque
anche dell’attività mentale, nel superamento del superamento stesso della
sintesi….vabbè, Massimo poi ne parliamo davanti a un caffè…
Comunque, sei riuscito a farmi parlare di Hegel senza conati e tafferugli, manda il
curriculum all’Onu: puoi risolvere il conflitto in Palestina.
Ma nel libro, non si parla solo degli U2 e di Hegel. Massimo riesce a parlare, in maniera puntuale, esauriente ed originale, di tutte le
figure che hanno attraversato Berlino negli ultimi due secoli.
Aspettate. Rileggete questa frase che ho scritto. Pensateci un attimo. Realizzate
quanto è difficile.
Ora possiamo andare avanti.
Potrei scrivere un altro libro come guida-commento al testo (come per l'"Ulisse" di Joyce) per la mole di spunti, stimoli e collegamenti che m’ispira. Ogni riga è un
precipitato di riflessione, che s’intuisce su certi temi almeno ventennale, impreziosita
da un accostamento inedito, da un gioco di parole rivelatore, da uno squarcio di
pensiero illuminante. Non c’è una considerazione superflua, non c’è un’apparizione
che non ritorni, in un intreccio complesso e raffinato come quello di una cravatta da
dandy, nel compimento del suo ruolo all’interno della babelica mappa berlinese.
La qualità forse più notevole del libro è che in questo immenso gioco di
riferimenti, citazioni, salti continui di tempo e di spazio, di tono e argomento, tutto,
narrativamente si tiene. Come complessità e felicità di riuscita stiamo ai livelli della
sceneggiatura di “Lost”, almeno fino alla quinta serie (poi un giorno scatenerò il
putiferio parlando del finale, che a me tutto sommato è piaciuto, massa di miscredenti
che non siete altro!). Come uno sfrontatissimo acrobata Massimo cento volte rischia
l’accostamento eccessivo, la battuta fuori luogo, il paragone sacrilego, ma con
l’eleganza di Nureyev sfugge, con precisi riferimenti e ferree argomentazioni, ai
tentacoli voraci e ovunque presenti del banale.
Non resisto, devo fare una rapida carrellata delle personalità principali(a parte
quelle già lungamente introdotte) che vengono presentate nel libro, tanto per darvi
una vaga idea della ricchezza del testo (prendetelo come il trailer sbrigativo di un
film da vedere e rivedere): stupenda è l’apparizione di Rilke, i cui angeli tremendi
sono l’altissimo modello letterario di quelli divenuti ormai icona cinematografica
grazie a Wim Wenders; Lou Reed e i Velvet Underground sono comparse oscure e sfuggenti,
ma rese in una luce indimenticabile, proprio come lo sono stati nella storia del
Rock; definitive per me le pagine sul rapporto tra Bowie e Berlino, un argomento
per me così interessante da tornarci nella breve vita di questo blog già tre volte;
profondissime e di dolente sapienza sono le riflessioni su Christiane F., la cui
vicenda è giustamente studiata ed approfondita nel suo violento impatto di simbolo
generazionale, con grande sensibilità umana; Walter Benjamin (su cui Massimo ha
scritto cose pregevoli, ad esempio QUI) ha il posto che gli spetta, tra le grandissime, profetiche
intelligenze del secolo scorso; Christopher Isherwood vede finalmente riconosciuto il
valore più profondo del suo “Cabaret”, e il suo ruolo di svolta cruciale nella carriera
del Duca Bianco; Carl Schmitt si guadagna la fama di “uomo più cattivo del mondo”;
vengono svelati i trucchi, vecchissimi, delle tesi-shock di Fukuyama sulla fine della
Storia; si omaggia in tempi non sospetti l’inquieto fantasma di Delmore Schwartz;
persino Patti Smith è omaggiata di un meritato cameo nel finale, dominato però
da un crescendo commovente che non vi svelo….in tutto questo si esplorano non
solo metodicamente tutti i quartieri e le strade principali di Berlino (che Massimo
credo conosca molto meglio di quanto, che ne so, un nome a caso? Alemanno, per
esempio, conosca Roma), ma anche gli impulsi sotterranei che hanno mosso con
violenza e fragore la storia europea degli ultimi duecento anni.
Una parola sullo stile: chi mi legge sa bene, con dolorosa pazienza, quanto il
sottoscritto ami i voli pindarici, l’ellissi barocche, i collegamenti volanti, gli ossimori
improvvisi.
E’ molto interessante notare come Massimo non giochi con gli sbalzi di tono, non
contrapponga sacro e profano, ma al contrario li assuma subito come pari, li assorba
in uno stile equilibrato, in cui la contrapposizione è già mediata, dialetticamente
sciolta, hegelianamente risolta.
Il rigore accademico con cui si accosta alle pagine più complesse dell’idealismo
tedesco è il medesimo con cui decripta le influenze dei Joy Division sui gruppi
successivi, mescolandole con spregiudicata disinvoltura, ed eguale serietà. Passaggi
come “la variante hegeliana di Achtung Baby, la Fenomenologia dello spirito”
sono da T.S.O., ma solo per organizzare una festa a sorpresa con bacio accademico
sull’ambulanza.
E quindi, come ultimo, supremo omaggio non posso che proclamare il mio
“sì”dionisiaco, e nell’accettazione totale accettare anche l’Aufhebung (concetto
hegeliano traducibile con “sublimazione”, superamento della contraddizione, una
tensione dialettica, ad esempio riscontabile nel rapporto servo-padrone, in cui
si “superano conservando” i due termini della contrapposizione nel divenire del
progresso dialettico). E, quindi, spezzando le manette anche della mia di mente, tale
è la mia ammirazione per questo testo che arrivo a l’impensabile. Chioserò il mio
omaggio dedicando a Massimo le parole, perfette in questo caso, del mio antico
nemico Hegel: ”Il sì della conciliazione, in cui i due Io dismettono la loro
opposta esistenza, è l’esistenza dell’Io esteso fino al due, l’Io che resta qui uguale a
sé e che nella sua completa alienazione e nel suo contrario ha la certezza di se stesso;
– è il dio che appare in mezzo a loro”.
Per dirla con un verso di un autore a me molto più caro (i poeti, si sa, intuiscono e
sintetizzano ciò che i filosofi rendono complicato): “we always did feel the same/ we
just saw it from a different point of view” (Bob Dylan, “Tangled up in blue”).
La più lieta agnizione avviene però alla chiusura del volume.
L’intuizione sopravviene come una battuta geniale capita in ritardo, e ancora più
deflagrante nella sua detonazione comica.
In realtà, il complesso intarsio di connessioni interculturali, la grandiosa visione
d’insieme che l’autore ha disegnato come un raffinato esercizio enigmistico, era già
li, presente, viva, offerta a tutti nel suo miracoloso splendore. Un mosaico già pronto.
Bastava solo osservare. Massimo ne ha solo scoperto l’evidenza, e sollevato il velo con la curiosa semplicità
di un bambino che gioca, ricalcando i contorni della mappa, e consegnandocela come
un dono, fatto in primo luogo a se stesso, un premio meritatissimo alla fine di una
ricerca entusiasmante.
Ma questo prodigio, lo splendore intimo dell’esistenza, solo si rivela a chi ha custodito il sacro stupore, in ridenti occhi bambini (l’innocenza è la forma più alta di saggezza) capaci ancora di meraviglia, non incrostati dal velo dell’abitudine.
Lo scorso venerdi 22 Febbraioa Der Standard ( modo ovest) a Bologna c’è stato uno dei momenti più
intensi dell’ultimo Bilbolbul: è
stata fondata una religione, si è finalmente fatta giustizia ai pregi
architettonici di S.Benedetto del Tronto, si sono susseguite apparizioni
mistiche.
Tutto prevedibile, se si considera che stava avvendendo la
presentazione di “Blorch”, secondo
volume de “Gli scarabocchi di
maicol&mirco”, impreziosito dal trattato in apertura di un noto genio
contemporaneo…
Questo è un vano tentativo di riproporre su carta la magia di
quella serata ormai consegnata alla leggenda, o meglio ciò che rimane di essa
nella nostra fallace memoria, come la visione onirica di un al di là giusto e
bello, non comunicabile negli angusti limiti del linguaggio.
Il parterre verrà impreziosito nello scorrere febbrile
dell’intervista dalla presenza di artisti quali il venerando Andrea Bruno, prestigiosi osservatori come
Daniela Odri Mazza e Andrea Tosti, fino a culminare in un’apparizione finale
che per ora non svelo…
maicol apre maestoso le danze, appena reduce da
una intensa intervistacon Michela Colasanti
per Ziguline (che trovate QUI):
maicol&mirco Abbiamo qui il Conte Zarganenko, Il Pierino della cultura, penna raffinata e velenosa
del web ma soprattutto, possiamo dirlo, ammiratore degli Scarabocchi!
Conte Zarganenko Come negarlo! Quale migliore cornice
che Bologna innevata in una poesia quasi natalizia, all’angolo con via
S.Valentino per parlare de “Gli
Scarabocchi”, un libro che trabocca di amor cristiano e romanticismo! Io
ora come Giuseppe D’avanzo a Berlusconi, ti porrò le dieci domande alle quali
non hai mai voluto rispondere. m&m Sono pronto a tutto.
CZ-E' molto facile
scambiare i tuoi scarabocchi per un'esplosione di puro nichilismo, per un gioco
al massacro punk. Sono da sempre persuaso che in realtà dietro ci sia una
intelligenza più profonda, un autentico urlo di dolore esistenziale. Qual è la
molla della tua ispirazione? Perchè essere un artista nel momento in cui si
auspica la distruzione del creato?
m&m Innanzitutto,prima di realizzare “Gli Scarabocchi” io non sapevo parlare in pubblico! Adesso avrei balbettato e mi sarei vergognato, sudando come il presidente del
consiglio australiano mangiato dagli squali (Ndt. maicol è rimasto molto
colpito da questo aneddoto da me rivelatogli pochi istanti prima)...invece eccomi qui, quindi ci sono delle cose che
non mi aspettavo sarebbero nate da “Gli
Scarabocchi” e passo passo, (non so se vengo rispondendo alla domanda perché
l’ho smarrita), mi sto accorgendo che più che altro “Gli Scarabocchi” potrebbe essere la nascita di una nuova
religione... CZ
Beh, certo. m&m
…in quanto cosa è, principalmente, una religione? ( E qui, come Oscar Giannino,
vengo nel mio senza rispondere alla tua domanda)...La religione
è comunque parlare di tutto ciò che c’è di bello ebrutto nella vita, volgerlo in burla,
tritarlo e renderlo accettabile. CZ
E quindi, dici tu, come la religione, “Gli
Scarabocchi” se li spieghi non fanno più ridere... m&m
…e soprattutto creando una dipendenza…quindi fondamentalmente, mi sto rendendo
conto che sto fondando una religione, come fece Ron Hubbard con Scientology…E
quindi voi oggi giorno potreste essere i primi apostoli di questa religione, se
non i primi catechisti, col vantaggio però che invece di raccontare la parabola
di quello che ha un talento che viene seminato, mentre l’altro se lo sputtana
tutto…potete raccontare queste parabole molto più divertenti. CZ-Veniamo alla religione, dunque, l’argomento
più pepato. Al culmine del mio deliriosu “Gli
Scarabocchi”, ho scritto una cosa per cui davvero ho rischiato
l’internamento… però siccome ci credo fortementela ripeto qui a voce alta: in realtà, pur con
forme e linguaggio e stile leggermente differenti, secondo me il precedente che
abbiamo nella letteratura italiana, per attitudine filosofica dimaicol&mirco è… Leopardi. So che può sembrare assurdo, incredibile, direbbe
Sarah Kennedy, però se noi lo leggiamo con attenzione, non come ce l’hanno
insegnato a scuola, etentiamo di
comprendere il significato de “La Ginestra” o dell'”Inno ad Arimane”, è evidente
che Leopardi (pur non disegnando scarabocchi che bestemmiavano) esprimeva un
punto di vista tutt’altro cheserenamente ateo, alla Margherita Hack o alla Odifreddi…c’era dietro un
fortissimo pathos esistenziale, una rivolta contro Dio, più che una negazione
di Dio. Ora, visto che stai fondando una nuova religione,
qual è la tua posizione? Ti poni tu come una nuova divinità? Sei un semplice
emissario di Satana? Spiegaci, bene perché se dobbiamo andare a catechizzare… m&m
…il discorso su dio e satana, che sono due personaggi de “Gli Scarabocchi”...quando una crea una storia di trova davanti
all’esigenza di sintetizzare, creare una maschera, un codice per raccontare. Dio e satana erano personaggi già creati, pronti… CZ
Dei
ready made.. m&m
Esatto,
dei ready made nel senso duchampiano, come dire “Devo fare un quadro…c’è ne giù
uno lì,ci metto la firma mia sotto,
fatto!” Erano già personaggi creati apposti per quello che volevo rappresentare...quindi personaggi come dio, satana, Ivo il
barzellettiere, il cavallo mago… CZ
…beh, Ivo il barzellettiere è più un demiurgo gnostico… m&m..ma
quello è originale, però! Diciamo sono strumenti per questo viaggio dentro noi
stessi che sono “Gli Scarabocchi”
…un racconto da noi narrato, che poi ci è ritornato indietro raccontato in
tutt’altro modo…è questo il gioco divertente , è un racconto che si
può continuamente rimpallare e ricostruire…ovviamente, siccome sto creando una
religione, sto creando anche un’epica correlata… CZ..
una storia sacra. m&m
si, un immaginario…del resto quando ci immaginiamo Omero, nonostante sia un padre sacro della scrittura, ce lo
raffiguriamo in un calderone di lava mentre crea dei mondi paralleli, mentre
magari stava come me, magari s’ispirava mentre stava in automobile,
l’automobile di quei tempi ovviamente, quella dei Flinstones, e probabilmente
si sbudellava dalle risa mentre raccontava le sue storie… CZ
…La morte di Ettore, soprattutto… m&m-
“mo lo faccio mori! Ahahah”…Era un modo di raccontare interattivo, anche “Gli Scarabocchi”è interattivo, nasce e cresceinsieme a voi…io vi benedico… CZ
A questo punto vorrei fare una domanda, più
che al maicolPapa (visto che c’è un
postovacante), al maicol autore: ne “Gli Scarabocchi”hai trovato questa formula efficace, in cui
una, massimo due vignette, nell’ arco chiuso di una tavola, riesci a esprimere
con molta potenza, anche se in maniera comica,un concetto molto profondo. Però tu hai fatto anche racconti lunghi,
opere come “Hanchi, Pinchi e Panchi”,
che per quanto abbiano forme e contenuti originali, si rifanno ad una forma di
narrazione comunque più tradizionale. Qual è secondo te la modalità narrativa migliore per
raccontare la tua religione? m&m
A livello, come dire…”religionale”, senza dubbio “Gli Scarabocchi”Però come
autori effettivamente abbiamo sperimentato varie religioni, raffinando via via
il nostro modo di raccontare…Noi siamo nati come gli autori “cattivi”,
underground, malvagi…poi nel tempo ci siamo raffinati…il nostro modo di
raccontare è “terrifican-romantico”, nel senso che alla fine siamo quei
chierichettiche eravamo quando eravamo
appena nati, siamo delle persone buone che tendiamo a volgere l’universo in
bello...però in questo non ci
dimentichiamo di versare il veleno nell’acqua santa. CZ
E’ un ottima sintesi, che conduce alla prossima domanda:Tu oltre ad essere unleader religioso sei fondamentalmente un sex-
symbol,accostato da molti addirittura a
Massimo Ciavarro… m&mChe non dimentichiamo che è stato con… CZ…Eleonora
Giorgi! m&m No, quella di “Taxi driver”… CZJodie Foster! (Dal pubblico): ma è lesbica! CZ
Beh, dopo che è stata con Massimo Ciavarro...Tu in quanto un
sex-symbol desti una grande curiosità extra-artistica da parte di una vasta
pletora di adolescenti infoiate, le quali sostengono che sotto la tua scorza di
duro sotto sotto sei un tenerone…Come rispondi alle tue
fans? m&m
Qui si torna nel campo semantico della religione. Niente più della religione è
rappresentato da una persona dura che sotto sotto ha un cuore, o meglio da un
cuore che sotto sotto ha una scorza dura. Anche questo è un discorso de “Gli Scarabocchi”che andrà
sviluppato e snaturato per bene… CZ
E’
un po’ il filone neo-romantico che pervade questa nuova religione… m&m
Eh, si come il movimento neo-melodico che tutto sommato rappresenta anch’essa
una forma di religione, anche quella nata da qualcuno che per ischerzo ha messo
in nota un determinato ragionamento, che poi gli è ritornato indietro a dei
livelli di lettura più liberi…Una persona che invece di comporre nove milioni di
note e di scale come ad esempio Joe Satriani, si ritrova a dire due puttanate
in rima che gli ritornano indietrocome
un linguaggio nuovo… CZ
Un meccanismo Zen… m&m…come
un linguaggio nuovo…Si, il linguaggio non può nascere da una persona sola, ma
nasce da un rimpallo tra chi lo crea e chi lo riceve…sostanzialmente qualunque opera sia stata fatta,
qualsiasi creatore o narratore, o generatore di storie è come uno che costruisce
una sedia con un determinata intenzione, se poi effettivamente la sedia rimane
in piedi, funziona, la brevetta…allo stesso modo nel fumetto, o nella
narrazione in generale, tanto più in un fumetto che è ancora di più stretto
nella narrazione , come “Gli
scarabocchi”…bisogna arrivare a
potersi sedere su un filo d’erba, al sedersi sul “meno”, “Gli Scarabocchi”è
fondamentalmente un sottrarre, la narrazione in sé è un sottrarre..per quanto
ci sia gente che scrive in maniera aulica, barocca, la scrittura fondamentale è
arrivare alla sottrazione, la narrazione in sé è arrivare alla sottrazione, se
io faccio un verso, un grugnito, l’effetto è in base a come te lo dico, ti
faccio capire quello che sto dicendo.. fino ad arrivare alle emoticons di internet…dove
io ti dico “mi ti scopo tua madre e ammazzo i tuoi figli”, però ci metto una
faccina sorridente dietro.. CZ
Beh,dovresti brevettarlo, sarebbe molto utilizzato… m&m…potrebbe
essere un’applicazione de “Gli
Scarabocchi”… CZ Si, per l’Iphone. m&m Si:
“Uccido tua madre e trituro i tuoi figli”. CZ …
ci sono degli insulti in serbo, di uso comune, che sono molto simili…poi farò
un dizionarietto, sarà lamia prossima
opera…Seriamente,questo discorso sulla narrazione come capacità di sintetizzare al massimo,
nell’essenza, al netto dei paradossi, è senza dubbio una delle tue qualità
fondamentali ne “Gli Scarabocchi”. Una capacità di sintesi dialettica, di esprimere un
pensiero profondo e molto crudo nell’esplosione di una risata.Come ben sai, ne abbiamo parlato tante
volte,possiamo trovare una serie di
riferimenti… all’inizio io pensavo fossero mie speculazioni mentali, poi tu mi
hai confermato che erano riferimenti puntali...figure che possono aver ispirato, o
possono essere accostabili come padri spirituali alla religione de “Gli Scarabocchi” : certi discorsi di Artaud sul “Teatro della Crudeltà”, la
visione dell’esistenzialismo di Camus,
Carmelo Bene come autorità
magistrale, più di tutti Giorgio
Bracardi come primo riferimento… m&m
Chiaramente ogni opera ha un padre. Più una cosa è personale, più è originale,
più ha genitori. Fondamentalmente quando noi creiamo un’opera è la somma di
tutti i genitori che abbiamo.Quindi
quando uno ha solo due genitori, uno dice: “Vabbè, questo è Topolino fatto da
Hitler”… CZ
…che avrebbe anche i suoi pregi… m&m
Si, una bomba! Però se tu sommi Topolino, Hitler, Andreotti e l’Uomo Ragno alla
fine, più genitori crei più riesci ad avere un figlio specifico. CZ
Verissimo. m&m
Per me c’è un altro livello di lettura. Quando io ho letto il Marchese De Sade, sono rimasto
folgorato…che a poi …ne abbiamo parlato già a Roma (NdT a una presentazione al
Forte Fanfulla con Roberto Recchioni)… a te non piace… CZ
Io lo odio. Vorrei che rinascesse per poterlo uccidere io. m&m
Quello che vi ho trovato io è a due livelli: il primo il rapporto
Justine-Juliette: la prima perseguiva la virtù e veniva massacrata dal creato,
la seconda perseguiva il vizio e veniva premiata dal creato. E poi “Le 120 giornate di Sodoma”. In Justine
si è creata una sorta di narrazione dello stile “Viaggio al centro della
Terra”: è un romanzo fantascientifico, si parte da un convento dove questa
ragazza viene posseduta a sangue da queste monache, che si scopre che uccidono
e macinano le ragazzine di nascosto, e parte per un viaggio, in un racconto
fantascientifico-avventuroso. CZ
Certo, è un romanzo picaresco diabolico. E ‘un romanzo di formazione satanica. m&m
E’ stato letto da me davvero al pari di un romanzo d’avventura. Come “Le 120
giornate” è un video-gioco. La formula del video gioco: sono 4 personaggi che
tu puoi scegliere, gli stessi inseriti in “Salò”
di Pasolini, che rappresentano
le Istituzioni fondamentali, e come in un gioco corrispondono a diversi
livelli, diversi livelli di crudeltà. Questo per dire che, piaccia o meno, ci
sono livelli di lettura e di interpretazione di ogni cosa, fino a raggiungere
livelli di lettura, non dico più alti, ma incontrollabili. Tornando a “Gli
Scarabocchi” , ha scatenato quei livelli di lettura e ri-lettura per me
incontrollabili. Quando scrivo una storia io magari so dove voglio
arrivarema mi accorgo che dopo mi
“ritorna indietro” qualcosa che non avrei previsto. E’ come se uno fa un Do di
petto e butta giù una caverna, e dopo escono fuori delle pepite dalla terra. CZ
Su Sade secondo me è interessante
per fare una riflessione a tuo favore. Perché a me ad esempio piacciono molto i
tuoi scarabocchi e non mi piace per nulla Sade?!Come dico nell’introduzione a “Blorch”, non mi piace “il Male”, non
mi piace la letteratura “cattiva” o compiaciuta di essere cattiva. Ora, è
chiaro che Sade che, ripeto, a me fa
veramente schifo, anche se ovviamente gli riconosco un’importanza capitale… m&m...Ballard scrisse un trattato
sull’importanza di Sade… CZ
certo…Ballard è un altro che mi può
interessare ma non dire che “mi piace”……perché dicevo secondo me per me la tua
opera è migliore.. m&m
mi ti stai comprando! CZ
no, no, detto da me che sei meglio di Sade,
è come dirti che sei meglio del vomito impastato agli escrementi, non è poi un
grande complimento…è chiaro il ruolo di Sade, l’operazioneche lui fa non solo, ovviamente, sulla morale, sul capovolgimento satanico e quindi rivoluzionario, e tutto il
valore filosofico che gli è stato conferito etc.…ma soprattutto,come diceva Carmelo Bene, il lavoro sul linguaggio: riducendo la narrazione a
una sorta di “lista della spesa” delle torture, è come se lui rendesse le
pagine trasparenti, etc…d’accordo…c’è un piccolo dettaglio: che però Sade davvero però poi violentava e
torturava le donne, e ‘sta cosa a me non è chepiaccia molto… m&m
Lo faceva veramente? CZ
Stava alla Bastiglia! m&m
Un cosplayer di sé stesso! CZ
Ah, sicuramente un autore onesto..si dice addirittura che la presa della Bastiglia
sia stata “ispirata” da lui…la Bastiglia era vista come l’icona dell’ancién
regime da abbattere, ma in realtà a quell’epoca non c’erano più prigionieri
politici ma pervertiti… m&m
Lo vedi che la Francia a Roma je rompe er… CZ
Mai! E’la conferma che Asterix è tutto sbagliato…insomma, si dice che la presa
della Bastiglia sia stata effettuata perché Sade (giustamente, chi meglio di lui!) inventava delle torture mai
avvenute (quelle che immaginava lui) e gettava foglietti fuori dalla finestra:
“Ci fanno questo, ci uccidono!” e il popolo “Oh, poverini!” e sono andati a liberarli… è una delle
leggende nere attorno al Marchese… m&m…ma
dove le leggi te ‘ste cose? CZ…
mi pare Ceronetti abbia scritto a riguardo…il punto per me è che in Sade la lettura filosofica, non dico
positiva, che dà significato e sostanza alla sua opera,al di là della pura negatività dei suoi
contenuti, viene portata da altri...ad esempio da Pasolini,
che prende “Le 120 giornate” e interpreta le torture (che Sade avrebbe voluto fare davvero)come metafora del rapporto del potere con il popolo…cioè che letteralmente
ci fanno un…ehm…così...l’insostenibilità di “Salò”
di Pasolini ha comunque un senso
perché era una denuncia del potere…secondo me in Sadequesto non c’è…nei tuoi
scarabocchi, anche nella bestemmia, anche nella volgarità più estrema, è chiaro
che al di là del facile gioco del paradosso c’è un urlo esistenziale puro,
rischio la banalità,l’urlo di
un’innocenza che non trova più una collocazione e quindi esplode.. m&m
Bella
questa definizione! CZ…mentre
Sadeveramente la vuole distruggere l’innocenza. Per questo, a livello umano,
“Gli Scarabocchi”mi fanno pensare a Leopardi che era una grande anima che soffriva, e non a Sade che era un bastardo che
torturava.E per ciò, ripeto, al di là
della risata fortissimae straordinaria,
quando io cito De Sanctis che parla di Leopardi e dice che nel momento in cui
ti dice che la vita è dolore e sofferenze in realtà te la fa amare tantissimo,
per me è pertinente, non è una supercazzola…
(Appare Tuono
Pettinato)
CZ…Mentre parliamo del Male,siamo visitati da
personalità celesti accorse a redimerci… m&m…
siamo attraversati... CZ…
concludendo, è chiaro che dietro a “Gli
Scarabocchi”c’è un desiderio
fortissimo che il mondo abbia un senso, per questo ti facevo la domanda sulla
religiosità…un ateo totale razionale alla Odifreddi non potrebbe mai scrivere “Gli Scarabocchi”, farebbe una serie
di equazioni... m&m
Potrebbe essere il sesto volume… CZ…
dei Vangeli! m&m…
de "Gli Scarabocchi", un tomo di matematica. CZ Visto che siamo deliziati dalla presenza di Tuono Pettinato, che non solo incarna in sé il Bello e il Buono,
kalòs kai agathòs, ma fin dal nome è una citazione colta vivente.. m&m
.vorremmo
inserirlo nella discussione… CZ
…sarei onorato! m&m
Vieni ad imbarazzarti! CZ
Un grande applauso…
(Un trionfo applausi accoglie l’artista)
CZ…non hai fatto nulla già hai rimediato un applauso... m&m
Fu uno dei primi ad assistere alla nascita de “Gli Scarabocchi” ... quando ci
conoscemmo…nel 2000, proprio qui a Bologna in circostanze… CZ…circostanze
irriferibili... TP
Situazioni
di estrema angoscia che poi hanno partorito queste opere… m&m
Sono
stati degli anni di piombo che abbiamo vissuto solo noi. Posso raccontare come l’ho conosciuto? In una
situazione in cui… un grande applauso ad Andrea Bruno (Ndt non c’entrava nulla ma ci sta sempre bene!)….una
situazione casalinga come quella dell’università di Bologna, alla ricerca di
noi stessi e alla fuga di casa nostra, ci incontrammo in una casa qui dietro…in
quegli anni si faceva “Kerosene”, si fece anche la versione “Kerosene
Rivoluzione”, una specie di pre-grillismo, di grillismo preistorico… CZ…siamo
in contemporanea a Piazza S. Giovanni, questo è il contro-comizio di maicol… m&m …eravamo io, mirco, Tuono, anzi Ruono Settinato, e
C-Rratigher , giovanissimi…E quando c’incontravamo “Ah ma voi siete maicol&mirco!!” TP
Li ammiravamo! CZ
Prima dell’agnizione… m&m
si, dopo una settimana…vuoi aggiungere un battuta sagace? TP
Ora la elaboro. m&m
La morale è che anche a Bologna anche in una casa in cui si faceva “Kerosene
Rivoluzione”, dove sono nati i proto-scarabocchi, sono potute nascere delle
amicizie… CZ
...delle Superamicizie! m&m
…si, in una situazione drammatica, in una città drammatica, è nato qualcosa di
meraviglioso e alto per l’essere umano. TP
Il dolore è l’humus per far nascere “Gli
Scarabocchi”. m&m…
si, come si vede nei video, girati dietro casa mia a S.Benedetto del Tronto…
CZ
L’ha
fatto David Lynch il piano
regolatore di S. Benedetto… TP Io non ho compreso ilsenso dell'architettura/urbanistica di S. Benedetto del Tronto finché non ho visto "Gli Scarabocchi" su maicol&mirco; S. Benedetto è chiaramente stata costruita in funzione di essere una location per le storie disagiate di maicol m&m Insomma, si è chiuso ora un cerchio della durata di
10 anni con“Gli Scarabocchi”…adesso scopriremo il motivo dell’esistenza di Andrea Bruno... (qualcuno dal pubblico): Perché è tutto rosso? m&m
È rosso cosi si vede meglio su internet. CZ
È
il sangue delle vittime. In ogni vignetta si uccide un personaggio cosi da
tingere tutto di rosso. Parlando di religioni moderne, è il nostro libretto rosso… TP
E ‘un breviario. CZ
Un ultima domanda, visto che l’alcool scorre nelle vene di molti in una
quantità ormai ingestibile: quanto ancora sfrutterai il filone degli
scarabocchi fatti 12 anni fa senza fare nulla, e quando invece farai una nuova
opera? m&m
solamente il primo BLAM è di 12 anni
fa, ormai è memorabilia, il secondo BLORCH
è di quest’anno…E poi “Gli Scarabocchi” come tutte le religioni verrà sfruttato finché
non prevarrà … CZ
Quindi
tu aspetti comunque qualcuno che verrà per deformare il tuo messaggio,
altrimenti non potrebbe diventare mai una vera religione… m&m
L’apoteosi di un autore è quando ha un epigono…però nessun Superamico ce
l’ha…forse Ratigher (ma ve lo dico
in disparte)… CZ Io ho registrato tutto quindi sei tecnicamente ricattabile... m&m Se qualcuno ha delle domande… CZ E’una delle ultime occasioni in cui potrebbe essere accessibile. m&m
Il mio stile di vita non mi consente di garantire altre apparizioni... CZ
La polizia potrebbe raggiungerlo nelle prossime ore.. Daniela
Odri Mazza (per Conversazioni sul Fumetto)Una
curiosità perversa: alcune volte hai riproposto in più scarabocchi gli stessi
personaggi, alcuni dei quali interessantissimi, come Piermario e la sua
famiglia sgangherata o Ivo il Barzellettiere. Non hai mai pensato a fare degli
spin-off, delle storie autonome in cui fossero protagonisti? CZ
Sarebbero un po’ gli “Atti degli Apostoli”. m&m Beh, si, tutto sommato i personaggi corrispondono a S.Giovanni, Pietro… CZ
Dovresti fare “Le Lettere di Ivo il Barzellettiere”! m&m Siete due stronziperché verrà fatto uno
spin-off proprio su Ivo il Barzellettiere, una sorta di “Zelig”, di
avanspettacolo comico in cui lui salirà sul palco. CZ
…per questo intuizione allora ci ritagliamo i ruoli di Padri della Chiesa. m&m
…avrei bisogno in effetti di un paio di apostoli, rinnovabili Vorrei ringraziare
Giordano Viozzi, L’uomo con gli occhiali e la barba che fa il grafico (Roberto
Montani) E Tuono Pettinato, l’uomo
che ha fatto maicol&mirco! CZ
Dunque,
in questa religione lui è il creatore… m&m
il demiurgo! CZ
il demiurgo malvagio. TP
un semi-urgo... CZ
Credo
dunque a questo punto possiamo passare a un momento di preghiera... TP
..e di flagellazione. m&mGrazie a tutti, servi vostri!