giovedì 27 dicembre 2018

Jazz e altre visioni - in memoria di Gianni Amico



Oggi sarebbe stato l'ottantacinquesimo compleanno di Gianni Amico, il grande agitatore culturale scomparso (proprio nel giorno dedicato ai morti, come Pier Paolo Pasolini) nel 1990.

Gianni Amico è una figura a cui ispirarsi.

Protagonista della esaltante stagione culturale degli anni'60 e '70 (fino ai primi '80, prima che la cultura popolare venisse dominata dall'ossessione commerciale), Amico è stato amico (un bisticcio costante nelle sue biografie, mantrico e rivelatore della sua profonda empatia) ispiratore e collaboratore di alcune delle più grandi menti cinematografiche del Dopoguerra: Bernardo Bertolucci (col quale scrisse Prima della la Rivoluzione e Partner), Jean-Luc Godard (del quale fu aiuto regista in Vento dell'Est e che gli dedicherà il capitolo italiano di Histoire(s) du cinéma), Glauber Rocha (uno dei pochi registi stimati da Carmelo Bene, col quale il Nostro ha scritto Il leone a sette teste).
 
                                                 

                                                     
Basti pensare che nel 1960 con il padre gesuita Angelo Arpa ha ideato e organizzato la Rassegna Internazionale del Cinema Latinoamericano di Santa Margherita Ligure.
Parteciparono i più grandi registi sudamericani emergenti dell'epoca: Glauber Rocha, Fernando Birri, Nelson Pereira dos Santos, Tomás Gutiérrez Alea.
Per comunicarvi l'importanza dell'evento, fu la prima volta che si ruppe l'isolamento diplomatico di Cuba, grazie al suo invito in Italia delle autorità cubane.
                                             
Amico è stato determinante per portare in Italia alcuni dei pilastri dell'immaginario collettivo: la novelle vague (le collaborazioni con Godard non sono casuali, il suo stile documentaristico era perfettamente in linea con la rivoluzione dei francesi), il jazz (il suo Appunti per un film sul Jazz è un gioiello pionieristico sul Festival di Bologna del 1965 con esibizioni di Gato Barbieri, Steve Lacy, Don Cherry e Mal Waldron) e la musica brasiliana (organizzò nel 1983 a Roma il grande evento musicale Bahia de todos os sambas, allestito al Circo Massimo nell'ambito delle iniziative dell'Estate Romana, con nomi quali Gilberto Gil, Caetano Veloso, Gal Costa, Naná Vasconcelos e João Gilberto).


                                   
Importanti anche i suoi documentari e film tv per la Rai verso la fine degli anni'70, in cui emerge tutta la sua grande passione politica (Lo specchio rovesciato. Un'esperienza di autogestione operaia, Your love is like the sea, L'inchiesta, Ritorno, Le cinque stagioni, Le affinità elettive, Giovani, donne, fabbrica), testimonianze esemplari di come uno sguardo artistico potesse essere messo al servizio di una ricerca sociologica e di una esplorazione approfondita del reale.
Lo sguardo di Amico è anche presente nel documentario collettivo L'addio a Enrico Berlinguer del 1984.


                           

Per sottolineare l'importanza del regista genovese basterebbe dire che Gato Barbieri a Bertolucci lo presentò lui: senza di lui non avremmo avuto una delle colonne sonore più belle della storia (per quello che mi riguarda, l'unica cosa che amo di Ultimo tango a Parigi).
Ricordiamo anche che il suo Tropici fu il primo lungometraggio prodotto dalla Rai.


                                     


Ecco qui un video che testimonia un incontro del 2015 al Cinema Trevi, appunto intitolato Un uomo chiamato Amico (Gianni),moderato da Bruno Torri con Olmo Amico, Francesca Archibugi, Nino Castelnuovo, Enrico Ghezzi, Marco Giusti, Germano Maccioni, Elio Rumma, che ben riassume il valore dell'opera di Gianni Amico.


                                             

L'incontro era l'occasione per presentare il bel dvd Jazz e altre visioni, raccolta di tre brevi folgoranti film di Amico che offrono un ritratto necessariamente parziale ma comunque esauriente dello straordinario eclettismo dell'autore:
Noi insistiamo! Suite per la libertà subito, del 1964, è fin dal titolo ispirato da We insist! Freedom Now Suite di Max Roach, storico disco manifesto del Free Jazz e del nascente Movimento per i Diritti Civili. Amico impone in maniera spietata allo spettatore lo spettacolo brutale della barbarie razzista.
Andrebbe proiettato in tutte le scuole, al giorno d'oggi.



                                         

Il secondo film è appunto Appunti per un film sul Jazz (1965): meraviglioso nel suo cogliere l'atmosfera straordinaria del fermento musicale di quegli anni. Amico mostra i jazzisti non solo sul palco, ma li segue nei loro incontri dietro le quinte, nelle improvvisazioni concordate con pochi cenni, nel miracolo del duende che li possiede nei momenti più felici.
Bellissime le parole raccolte dalla viva voce di Don Cherry: "La musica non appartiene a nessuno, non ha prezzo. Lo scopo di tutta la musica...È come ai vecchi tempi, quando la gente lottava per il cibo.La gente lottava per il cibo, ma si riuniva per cantare, per cantare e suonare. Secondo me questo è il vero scopo della musica. Ma gli esseri umani spesso vogliono possedere la musica. Però gli uccelli avevano la musica prima di noi. Quindi non appartiene a noi. Io penso che la musica sia l'unica vera prova che dimostra l'esistenza dello spirito, perché è una cosa che non puoi vedere, né toccare".
La potenza e la semplicità di un testo sacro indiano.


                                         

L'ultimo contributo è Il cinema della realtà (1969), interessantissimo approfondimento sul neorealismo, con interviste a nomi quali Rossellini, De Sica, Zavattini, Antonioni, Pasolini e Bernardo Bertolucci.
Come descritto nel video precedente, Amico era davvero in grado "di unire Gramsci a John Coltrane, Socrates a Jung, Godard a Glauber Rocha", "un visionario affascinato dal potere rivoluzionario degli choc culturali".
Il dvd si conclude con il contenuto extra L'uomo Amico, documentario di Germano Maccioni, da un'idea di Olmo Amico, con interviste inedite a Bernardo Bertolucci, Tatti Sanguineti e Stefano Zenni.

QUI dal minuto 20 (dopo una rara e potente intervista a Carmelo Bene) ci sono bellissime testimonianze di Gilberto Gil, Caetano Veloso e Bernardo Bertolucci.

                                                 


 Potremmo concludere con un ricordo Roberto Benigni (quando era ancora un adorabile fool shakespeariano e non una suora progressista), ma scegliamo questo splendido omaggio di Glauber Rocha al cinema (e a Gianni Amico):

L'innocenza di Lumière
La scenografia di Méliès
La grandezza di Griffith
La dialettica di Ėjzenštejn
La poesia di Renoir
La forza di Welles
L'invenzione di Godard
L'irriverenza di Buñuel (più il romanticismo)
Il sentimento di Visconti, di Bernardo l'amore
L'intuizione di Rossellini, di Gianni il rigore...

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