martedì 24 dicembre 2013

Intervista a LEOMACS su FUMETTOLOGICA!!!






Festeggiamo la vigilia di Natale con l'ennesimo capitolo di  #tavolidadisegno su FUMETTOLOGICA .

Stavolta siamo andati a trovare il buon vecchio Leomacs, col quale già avemmo il piacere di conversare, più in generale, QUI.
Dialogo in quel caso  fregiato dall'illustrazione ad personam di maicol&mirco.
Con Leomacs non ci si annoia mai, ogni occasione è spunto per un aneddoto gustoso o una riflessione sagace. 
Quando cultura ed umorismo si uniscono in matrimonio benedetti dall'intelligenza, i figli non possono che essere tipi affascinanti
Come le sue tavole.


L'intervista odierna  la trovate QUI.

Buona Lettura!

lunedì 23 dicembre 2013

Parlando di ZEROCALCARE su Linkiesta.it





Venerdi scorso ho pubblicato questo articolo su linkiesta.it.

Un articolo "in difesa" di Zerocalcare all'interno di un dibattito sul suo grande successo, esploso negli ultimi due anni, contrapposto all'articolo "contro" di Andrea Coccia.

Credo siano necessari alcuni chiarimenti: la cornice dialettica in forma di "ring" pro/contro, da alcuni considerata discutibile, è giocosa, non pretestuosamente polemica. 
E' palese che l'autore di maggior successo nell'ambito fumettistico nazionale non abbia bisogno di alcuna "difesa". 
Se uno legge il mio articolo, fin da l'inizio me la prendo proprio con le contrapposizioni guelfi/ghibellini che divampano su ogni artista che acceda ad una qualche forma di successo.
Un'abitudine tutta italiota, di gettare nello stesso calderone qualsiasi cosa che esca dalla nicchia nobile e autoreferenziale dell'underground. 
Per cui ci si scatena, alla cieca, nell'attacco indiscriminato a Roberto Saviano, Checco Zalone, Fabio Volo e Zerocalcare, come se appartenessero alla stessa categoria, senza discriminare e valutare ognuno dei "fenomeni" nella sua giusta luce: uno scrittore valido ma non straordinario, un comico sguaiato ma tutto sommato innocuo, una furbissima fornace di banalità spacciato come aforista per le masse e, infine, un  onesto giovane fumettista.
Ora, secondo me, è chiaro a chiunque sia sano di mente e non roso dal demone dell'invidia che, se leggiamo le classifiche dei libri più venduti e troviamo "Dodici" tra Fabio Volo e Bruno Vespa, Zerocalcare (anche se può non piacerci) rappresenti il "bene"! 
Intendo,come deve riconoscere anche il suo peggior detrattore, un autore genuino che ha successo raccontando le sue storie.
Non un prodotto dell'industria delle distrazioni di massa, né un viscido Servo del Male.
Quindi, non comprendo l'accanimento snobistico nell'affossare le sue opere.

In generale, tornando al dibattito, si è inteso analizzare, da due punti di vista diversi, ma non inconciliabili, il "fenomeno" editoriale.
Se si va alla sostanza delle argomentazioni, e non ci si ferma alla forma esteriore dell'operazione giornalistica, nessuno dei due articoli è "contro" l'artista, anzi, tanto meno la persona.
In realtà, come moltissimi lettori hanno rilevato, gli articoli credo siano entrambi equilibrati,  di fatto complementari, su alcuni punti praticamente concordi.
Le considerazioni "contro" nascono comunque dall'apprezzamento dell'autore, e le mie a "favore" non risparmiano rilievi.
Nessuna polemica parassitaria, dunque, solo il desiderio di sviscerare in maniera più approfondita un fenomeno sui cui a volte si è cianciato a caso.

Le votazioni, finora, sembrano concedermi, com'era prevedibile, una larga maggioranza di preferenze.

Qualora si confermassero questi risultati, comunque vada l'onore delle armi al mio amico Andrea per aver avuto il coraggio di interpretare lo scomodo ruolo del bastian contrario.


P.S.

Se volete ancora votare la regola è: se siete a favore votate, se siete contro...astenetevi;)

martedì 17 dicembre 2013

Intervista a VANNA VINCI su FUMETTOLOGICA!!!



E' con grande piacere che oggi vi presento un'intervista a cui tengo molto:
una conversazione con Vanna Vinci, un'autrice colta, arguta, elegante, il cui umorismo impregnato di asprezze nichiliste e sfregi al conformismo è uno dei più dolci balsami che il fumetto contemporaneo possa offrirci per lenire le piaghe della stupidità imperante.
La parte della nostra lunga chiacchierata relativa alle sue opere, al suo stile, quella diciamo più tecnicamente fumettistica, la trovate QUI sulle colonne di FUMETTOLOGICA 

Presto, su questo blog, pubblicheremo l'altra parte, quella più libera e divertita, in cui spaziamo per associazioni folli da Schopenhauer fino ai Cramps.

Discettare con Vanna è uno dei piaceri della vita.
Citando la celebre frase di un film:
"I think it's the beginning of a beatiful friendship!".

(No, non mi riferisco a "Casablanca", ma a "Gatto Nero, Gatto Bianco", che cita "Casablanca")

                                         


Buona Lettura!

venerdì 13 dicembre 2013

Recensione di "Unastoria" di Gipi su LINKIESTA!!



E' con grande contentezza che vi introduco l'articolo odierno.
Scrivere su linkiesta.it la recensione di quello che è oggettivamente il libro dell'anno, nel mondo del fumetto italiano cosiddetto d'autore, è senza dubbio un onore.
Stiamo parlando di "Unastoria" di Gipi.
Un libro così potente da riuscire a travalicare finalmente anche al di là dei limiti del ghetto culturale in cui il fumetto viene da sempre confinato, come da lui ben evidenziato nello scambio con Concita De Gregorio, giustamente divenuto frammento di culto tra gli appassionati dell'"arte invisibile"..

La recensione la trovate QUI

Buona Lettura!

P.S.
I precedenti articoli, l'intervista a "Splatter" di Paolo d'Orazio e la recensione di "Corpicino" di Tuono Pettinato (li trovate QUI e QUI),  hanno avuto un notevole feedback di condivisioni ed apprezzamento.
Speriamo di ottenere un'ascesa esponenziale in entrambi i parametri di gradimento.


martedì 10 dicembre 2013

Intervista a Massimo Giacon per FUMETTOLOGICA!!!





Oggi per la consueta rubrica #tavolidadisegno intervistiamo Massimo Giacon.
Molto interessanti, oltre le risposte più tecnicamente fumettistiche, le sue considerazioni sulle icone politicamente scorrette.

Le foto (ci sono delle autentiche chicche;)) sono di Daniela Odri Mazza.

L'intervista la trovate QUI

Buona Lettura!

p.s.
Oggi sono in radio a parlare di questo blog, di musica e meditazione
Alle 17.30 su http://www.deliradio.it/
Stay tuned!

mercoledì 4 dicembre 2013

Frank Zappa - a vent'anni dalla morte






Esattamente venti anni fa, a quest'ora, tornavo da scuola a casa di mia nonna (personalità straordinaria alla quale devo geneticamente molte delle mie capacità dialettico-argomentative), con la quale all'epoca vivevo.
Mia nonna mi accoglie con la notizia: "E' morto Frank Zappa".
Io rimango senza parole, colpito dalla paradossalità della scena: "Come? Non ho capito...", e lei insiste: "Frank Zappa, il cantante americano, con i capelli lunghi e i baffoni! Ma che non lo conosci? Era un pazzo, ma era geniale. Mi dispiace".
Stessa scena era avvenuta due anni prima in occasione della morte di Freddy Mercury.
Ma, comprenderete, l'impatto in questo fu ancora più paradossale, spiazzante, surreale.
In una parola zappiano.

Zappa fu (accanto a Dylan, il "Don Giovanni" di Mozart e i Velvet Underground) la colonna sonora della mia adolescenza. Il suo poster gigantesco campeggiava nella mia cameretta con un'espressione di beffarda eleganza.
Come già menzionato in questo blog, ogni sera dei miei sedici anni trovava il suo apice nella scena consueta: Lorenzo Ceccotti, Daniele Capuano (che ce lo aveva fatto amare) e il sottoscritto per i vicoli di Trastevere,  a intonare ebbri integralmente almeno uno dei tre capitoli formanti la formidabile trilogia iniziale "Freak Out", "Absolutely Free" e "We're Only in it for the Money".
Se Dylan era la porta verso la poesia, la ricerca spirituale, il cantore dei sentimenti nobili e degli ideali vibranti, Zappa per me incarnava magnificamente la pars destruens (come nel prosieguo della mia formazione culturale faranno Cèline nella letteratura e Carmelo Bene nella riflessione filosofica), lo sberleffo trionfante dell'intelligenza nei confronti della sconfortante insensatezza del Brutto che ci assedia.
Senza di lui non avremmo avuto probabilmente: Prince, i Primus, Stefano Bollani, "I Simpson", "I Griffin", "South Park", Elio e le Storie Tese etc...ognuno di noi pensi quanto deve a quest'uomo.


Tale fu il debito di riconoscenza che il nostro primo tentativo editoriale fu intitolato "Lampi Grevi",   in omaggio al suo primo disco solista "serio" (per quanto possa avere senso tale definizione) "Lumpy Gravy".
Eccone il formidabile tema principale, per anni inno interiore delle nostre gesta:


A quella fanzine, dalla breve ma gloriosa esistenza, collaborarono (da co-fondatori) quelle che con molto affetto definisco alcune fra "le menti migliori della mia generazione": oltre ai citati Ceccotti e Capuano, c'erano Gianluca Abate, Lucio Villani, Daniele Catalli, Mariachiara Di Giorgio come valenti disegnatori, Francesco Fava, Alessandro Caroni, Luca Cruciani, Francesco Di Giorgio come fertili menti di idee e contenuti (chiedo perdono a chi eventualmente abbia dimenticato).
Lo strambo nickname che dà il nome al blog che state leggendo ebbe origine proprio in quel periodo, esattamente dal fotoromanzo "Neve e Sangue", ambientato a S.Pietroburgo e girato alla Garbatella, partorito dalle menti geniali di Alessandro Caroni e Luca Cruciani.

Oggi, per commemorare il ventennale della scomparsa, Lucio Villani sul suo blog non a caso ha ritratto proprio la copertina di quell'album.

Zappa visto da
Lucio Villani

Come raccontare la grandezza di Zappa nella tirannica brevità di un post?!
 (già sento le vostre battutine, sciocchi!)
Vorrei sottolineare aspetti meno immediatamente evidenti di quelli che chiunque può ricordare (il genio musicale, il respiro orchestrale delle sue composizioni, la provocazione oltraggiosa, lo sberleffo anti-perbenista etc.)
La prima considerazione è quella di sottolineare l'intelligenza assoluta, tutt'altro che sregolata, ma lucidissima, matematica, inesorabile del suo progetto musicale e della sua visione culturale.

A riprova di ciò, Zappa fu uno dei principali riferimenti del primo, fortunato post di questo blog (lo trovate QUI)

Come dice il titolo di uno dei suoi, se non erro, 64 dischi, Zappa & the Mothers of Invention erano davvero "Ahead of their Time": un anticipo strabiliante sui loro tempi che ora a distanza quasi di 40 anni dall'esordio dobbiamo pubblicamente riconoscere.



Solo un genio poteva architettare la più grande parodia del movimento hippy in tempo reale.
"We're only in it for the money", parodia frontale del disco feticcio dei Beatles fin dalla copertina.
Un disco che dimostra (oltre che una ricchezza incontenibile di spunti musicali e acrobazie melodiche) una capacità di analisi culturale che in quegli anni forse ha avuto solo Pasolini, e Gaber poi, per rimanere in Italia.
Solo un genio poteva decostruire seduta stante il mastodontico movimento culturale di illusoria ribellione, i cui penosi strascichi scontiamo ancora oggi nella sistematica inversione di segno di tutti i suoi protagonisti (per rimanere sempre nel nostro Paese si pensi alla larga parte di militanti di "Lotta Continua" trasferitisi in blocco tra le file berlusconiane).
Solo un genio poteva creare una bomba contro l'ipocrisia yankee come "Brown shoes don't make it", cioè "American Beauty" più corrosivo e profondo fatto trent'anni prima in 7.30 minuti di genio satirico assoluto: pochi minuti in cui Zappa riesce a prendere in giro magnificamente praticamente chiunque (da Schoenberg a Jim Morrison) scoperchiando sardonico il tappeto del perbenismo W.A.S.P., e mostrando spietatamente l'immondizia morale che ne era la sostanza.


E poi, potremmo parlare ore (sono vent'anni che lo facciamo!) dell'infinita aneddotica oltraggiosa, che ha reso Zappa il monumento vivente al politicamente scorretto vero, ben più delle adorabili provocazioni di "Catholic Girls", "Bobby Brown" o "Jewish Princess" (ebbe l'infallibile prontezza di raccogliere tutti i suoi brani offensivi nell'antologia "Have i offended someone?").
Mi riferisco soprattutto ai suoi rapporti con gli altri grandi geni del rock.



Dalle scaramucce sul palco con i Velvet Underground durante il concerto del 1966 (si dice che gli introdusse più o meno: "ora suonano loro, fanno schifo", approfondimenti QUI); allo stentoreo "Fxxx You, Captain Tom" ripetuto a David Bowie, colto di sorpresa a soffiargli il chitarrista Adrian Belew (lo racconta quest'ultimo QUI); al famoso episodio con Dylan: dopo averlo accolto con giocose battute antireligiose, la leggenda narra che Zappa rispose alla proposta di fare un disco insieme (da parte ricordiamo del futuro Premio Pulitzer e più volte candidato al Premo Nobel per la Letteratura) : "Va bene Bob, ma i testi li scrivo io!" (va detto che Bob era reduce dalla trilogia cristiana ben poco affine all'ispirazione di Frank, come spiegato QUI);

Come non menzionare il colpo di teatro assoluto: la candidatura al Presidente degli Stati Uniti d'America.
Il genio.
Ora, personalmente non condivido l'iper-laicismo ideologico di Zappa, ma vederlo sbeffeggiare l'ottusità della censura perbenista americana con i suoi proclami alla Groucho Marx è uno dei grandi piaceri della vita (dato questo assunto QUI, gioitene QUI).

Questo intende essere solo un doveroso omaggio, senza nessuna pretesa esaustiva di raccontare una carriera irripetibile.
Ma soprattutto, vuole essere un invito a non confinare un artista straordinario nelle stanche etichette di "provocatore", "goliarda", "genio e sregolatezza".
Frank Zappa è stato non solo uno degli artisti più eclettici e preparati della recente storia musicale americana, ma è stato una delle poche figure della cultura "pop" a manifestare la consapevolezza culturale dei grandi maestri.
Il talismano dell'intelligenza contro i condizionamenti della società.
Era anche un fulminante aforista.
Tra le innumerevoli citazioni, scelgo:
 "Se passi una vita noiosa e miserabile perché hai ascoltato tua madre, tuo padre, il tuo insegnante, il tuo prete o qualche tizio in tv che ti diceva come farti gli affari tuoi, allora te lo meriti."

Non dimentichiamocelo mai.
Grazie Frank.

martedì 3 dicembre 2013

Intervista a Marco Galli su FUMETTOLOGICA!!!




Per l'ormai consueta rubrica #tavolidadisegno su FUMETTOLOGICA oggi è il turno di Marco Galli.
Un autore particolare, a me molto caro, col quale ho il piacere di confrontarmi quotidianamente sui social network su vari temi. Un dialogo sempre rispettoso e stimolante.
Ecco, un esempio lo trovate QUI.

La sua ultima opera, "Oceania Boulevard", per i tipi di Coconino, è una pregevole rivisitazione del genere noir, immersa in atmosfere evidentemente lynchiane.
Ma, pur nel dichiarato omaggio dei riferimenti, il racconto cattura per originalità e visione, lo stile straniante eppure fascinoso rende la lettura incisiva e difficile da dimenticare.

Ne parleremo presto.
L'intervista la trovate QUI.

Buona Lettura!

lunedì 2 dicembre 2013

NICK CAVE & the Bad Seeds a Roma - il racconto del concerto


Nick Cave fotografato a Milano da Daniela Odri Mazza

Tutti i grandi cantautori, come tutti gli autori in genere, sono attraversati da una nota dominante, da un basso continuo che percorre come un costante sottotesto la loro opera, riaffiorando in ogni variazione ed esperimento. Ad esempio, in Dylan è l'inquietudine della ricerca spirituale, in Cohen il combattimento tra mistica e sensualità, in Guccini il rimpianto delle possibilità mancate, smarrite nei gorghi del tempo.
Quella di Nick Cave è certamente l'ossessione.
Ossessione che si esprime nella ripetizione stessa dei ritornelli dei suoi brani più classici: l'inno amorale dei "natural born killers" ante litteram "Deanna", l'ineluttabile arresa alla possessione di eros/thanatos in "Do you love me?"
Ossessione che si declina tentacolare, già nei brani menzionati, sui temi cardine della torturata vicenda umana: l'amore e la religione.
Nel primo caso, si pensi alla dinamica speculare delle due grandi canzoni d'amore (non a caso entrambe "murder ballad" dall'ispirazione popolare), le due incursioni incendiarie nel mainstream: i duetti con P.J.Harvey e Kylie Minogue. L'archetipo è fortissimo, scolpito dal "Cantico dei Cantici": "Amore è forte come la Morte". Due racconti di passione erotica che divengono furia omicida.



Il primo ("Henry Lee"), conturbante gioco di seduzione e distruzione fra le due icone "alternative" della canzone d'autore; il secondo ("Where the wild roses grow") geniale inversione dell'icona sexy scioccherella nella mortuaria bellezza preraffaellita (omaggiato non a caso da Dylan nella paradossale leggerezza "Bye and Bye").



Nel secondo caso, l'ossessione religiosa, il percorso meriterebbe un saggio a parte, nella sua stordente ricchezza antinomica: dalle bestemmie scritte sul petto (in italiano!) ai tempi dei The Birthday Party alla dialettica disperante di "As i sat sadly by her side" (il suo capolavoro al quale dedicheremo presto una riflessione a parte), dalla commossa confessione di "Into my arms" all'aperta parodia di "God is in the House", dalla contrapposizione frontale col comandamento evangelico di "Dig, Lazarus, Dig!" all'apertura verso il divino meraviglioso della recente "Mermaids". Il percorso spirituale  in costante divenire, tra sfregio blasfemo e raccoglimento interiore, è ben raccontato in questa introduzione al Vangelo di Marco del Nostro, una testimonianza unica e illuminante (la trovate QUI)



Ossessione che ritorna in tutti i grandi brani in cui la personalità autoriale di Cave si sia espressa con la potente indipendenza del vero maestro.
Citeremo ancora solo due esempi: "The Mercy Seat", il delirio degli ultimi istanti del condannato a morte, vero capolavoro nella sua semplicità quasi da cantilena infantile, non  a caso omaggiato dal maestro Cash nella sua antologia del canto americano contemporaneo;


e soprattutto "Oh, Lord", una delle vette dell'abilità lirica di Cave di calarsi nei panni del posseduto, del peccatore, dell'omicida, dell'indemoniato. Un vertice di parossismo, una catabasi senza redenzione, un crescendo intollerabile di autodistruzione: raramente l'arte musicale moderna è riuscita a rendere con tale lacerante icasticità l'assordante deflagrazione dell' inferno interiore, il cortocircuito suicida tra la repellente normalità e l'irriducibile follìa dell'individuo.



Se vuoi leggere il racconto del concerto prosegui

venerdì 29 novembre 2013

Un anno di SPEZZANDOLEMANETTEDELLAMENTE

Lo stendardo di  maicol&mirco per il nostro blog

Qualche giorno fa questo blog ha festeggiato il suo primo compleanno.
Non posso esimermi dai proverbiali bilanci.
Il primo post è stata la lunga analisi del primo volume de "Gli Scarabocchi di maicol&mirco" (lo trovate QUI).
Il blog è nato, infatti, in seguito ai decennali ripetuti inviti (spesso in forma di calci) di Lorenzo Ceccotti (illustratore principe e protagonista anch'egli del blog QUI), e ha trovato il suo battesimo in occasione della introduzione succitata al libro di maicol&mirco.
Ne abbiamo parlato poi altre volte (QUI e QUI), accompagnandoli in ogni pubblicazione, abbracciati in una spirale ascendente di superamicizia.

Un blog, lo dico non per vezzo, davvero nato per gioco, rompendo l'incantesimo d' una ventennale pigrizia, che ha raccolto, sarebbe sciocco nasconderlo, una notevole ondata di apprezzamento.
Mi era parso naturale intitolarlo pensando a uno dei  miei versi preferiti (In every cry of every Man,/ In every Infants cry of fear,/ In every voice: in every ban,/ The mind-forg'd manacles I hear) di William Blake, di cui ieri ricorrevano gli illuminati natali.
All'inizio mi sono occupato degli ex-Superamici, ora ribattezzatisi solennemente Fratelli del Cielo, ma via via ho scatenato le tigri della mia logorrea su vari ambiti dello scibile.
Mi era sempre sembrato strano dover mettere su carta le mie mille opinioni su qualsiasi cosa.
Ora mi sembra strano non scrivere qualcosa su ogni film che vedo o libro che leggo.
Il Tempo tiranno e quel pò di pigrizia che sopravvive vi salva da una tempesta di spam quotidiano, cari lettori.
A proposito, miei fedeli esegeti, nei primi tempi vi stimavo nell'ordine di venticinque, omaggiando l'amato (contro ogni luogo comune) Manzoni.
Ora, dopo un anno ci sono tre zeri dopo quel numero.
Per carità, sappiamo che è un numero ben poco clamoroso.
Siti di amici, o sui quali pubblico regolarmente, hanno lo stesso numero di visualizzazioni in un mese, talvolta perfino in un giorno.
Ma se vediamo la lunghezza media degli articoli (croce e delizia di chi legge) e soprattutto gli argomenti trattati, da gli elementi esoterici nelle fiabe al concetto di castità in Nietzsche, beh il dato non è certo sconfortante.
Inoltre, a costo di venir tacciato di piaggeria, al di là dei numeri è la qualità dei lettori che mi rende fiero.
Il blog è stato il biglietto da visita per guadagnarmi la stima e l'amicizia di numerosi addetti ai lavori nei campi del fumetto, della musica e del cinema. E, inoltre, i miei incontenuti deliri mi hanno portato a collaborare con siti prestigiosi come Conversazioni sul Fumetto  prima e Fumettologica poi, e poi recentemente anche per Linkiesta.it

 Ma soprattutto, mi ha consentito di conoscere persone di grande cultura e fine sensibilità, che mi hanno accordato il privilegio della loro fedele attenzione. Alcune sono diventate veri amici e carissime amiche.
Altre, spero, saranno presto compagne in  progetti folli e divertentissimi.
Io qui le ringrazio, una ad una.


Dimenticavo, il  mio primo blog in realtà era un altro, condiviso con Daniele Capuano.
Dopo aver scritto poche sciocchezze abbandonai il progetto, che quindi è diventato l'archivio delle perle di una delle più grandi menti contemporanee.
Seguitelo, quello si che è un blog serio:
http://hortus-confusus.blogspot.it/

Per concludere, non posso che parafrasare ciò che disse David Bowie in occasione del suo cinquantesimo compleanno (vado a memoria): non posso garantirvi cosa scriverò in futuro, ma posso dirvi che di sicuro non vi annoierete.
Buona Lettura



martedì 26 novembre 2013

Intervista a Gabriella Giandelli per FUMETTOLOGICA!




Buongiorno a tutti,
oggi per la rubrica #tavolidadisegno entriamo nello studio di Gabriella Giandelli, che ci ha parlato dei suoi progetti, spiegato le sue tecniche e rivelato le sue passioni artistiche.
L'intervista la trovate QUI

Le foto sono di Daniela Odri Mazza:
a proposito, date un'occhiata al restyling del suo blog|!

lunedì 25 novembre 2013

Recensione di "Corpicino" su Linkiesta.it!



Continua la collaborazione con linkiesta.it.
E' con grande piacere che vi segnalo la mia recensione di una delle opere fumettistiche più belli dell'anno: "Corpicino" di Tuono Pettinato.


Avevamo già parlato di questo timido Eroe della Cultura e dell'Intelligenza QUI.

Il libro in questione è, a nostro modesto giudizio, il più maturo e graffiante dell'autore.

La recensione la trovate QUI

Buona Lettura!

martedì 19 novembre 2013

intervista a Davide De Cubellis su FUMETTOLOGICA!!!





Oggi per la rubrica #tavolidadisegno entriamo nello studio di Davide De Cubellis.

Un autore che, oltre all'importante carriera e al rinomato talento (evidente nel recente ritratto di DD), per me può innalzare il vessillo del pregio assoluto.
Ha collaborato a uno dei film più affascinanti degli ultimi anni:


L'intervista la trovate QUI
Ma non perdetevi QUI la striscia geniale di Tuono Pettinato sui Superamici di Maria.


Buona Lettura

giovedì 14 novembre 2013

Intervista su LINKIESTA.IT - Paolo Di Orazio e "Splatter"

"The horror..the horror..."


Cari amici,
oggi vi annuncio con grande piacere la mia collaborazione a Linkiesta, giornale digitale di approfondimento politico-sociale e culturale, sempre più seguito e apprezzato nell'arena dell'informazione on-line.

E' coincidenza curiosa, la quale merita qualche breve considerazione, che io debutti con un pezzo sullo splatter.

Non sono mai stato, ma proprio per nulla, interessato al genere horror, men che mai allo splatter.
Mi ricordo quando uscì la rivista in oggetto, della quasi tutti i miei amici erano devoti lettori, non riuscivo davvero a comprendere l'attrazione e il fascino che quelle immagini potessero destare.

Per intenderci, ero ancora più severo che nei confronti del genere trattato QUI

Ma siccome il nome stesso di questo blog è un invito a rompere tabù, convinzioni, luoghi comuni e certezze artificiali (pontificate dal nostro ego),  in occasione della recente "Lucca Comics" ho  incontrato con grande interesse Paolo Di Orazio, autore e volto storico di "Splatter".
E, pur dichiarando onestamente la mia distanza dal genere, ho avuto il piacere di conversare con una persona di grande garbo e preparazione.
Ne è uscita un'intervista, credo, interessante, perché esplora, guidata dalla versatile cultura di Paolo,  le radici e le declinazioni di un genere quantomeno particolare.
Una conversazione che può arricchire anche chi, come me, non si accosterebbe mai a un tale immaginario.

Sono, dunque, felice di essere coerente con uno degli intenti del blog, quello di contrastare uno degli effetti karmici della contrapposizione guelfi/ghibellini: il costume italiota dell'appartenenza ideologica a tutti i costi, dell'affiliazione a bande anche nelle dispute artistiche, dell'identificazione da tifo calcistico in ogni discussione, che inibisce qualsiasi forma di onestà intellettuale e di dialettica feconda. 
Il Bello non concede l'esclusiva ad una gang.

Chi scrive è fiero di applicare quotidianamente una sua antica convinzione estetica: che si possano conoscere ed apprezzare forme e autori completamente diversi, spesso direttamente contrapposti, quali Gide e Cèline, Verdi e Wagner o Henry Rollins e Morrisey.

ah, dimenticavo, l'intervista la trovate QUI

Buona Lettura!


martedì 12 novembre 2013

Intervista a Carlo Ambrosini su FUMETTOLOGICA







Continua a spron battuto la collaborazione con la rubrica #tavolidadisegno per FUMETTOLOGICA

Stavolta, è il turno di Carlo Ambrosini, autore di notevole importanza e stile inconfondibile.

Ci ha aperto il suo studio, rivelandoci particolari molto interessanti sulle sue tecniche di disegno e i suoi progetti attuali.

Nelle prossime settimane avremo l'occasione di incontrare numerosi altri autori, di diversissima ispirazione.

L'intervista la trovate QUI



Le foto sono di Daniela Odri Mazza

Buona Lettura!

lunedì 11 novembre 2013

Intervista a GUY DELISLE su FUMETTOLOGICA






Durante la recente edizione di LUCCA COMICS&GAMES ho avuto l'opportunità di incontrare numerose figure importanti del fumetto, cosiddetto, d'autore.
Nelle prossime settimane pubblicheremo le varie conversazioni con questi autori, oggi iniziamo con Guy Delisle, ospite internazionale di questa edizione, e protagonista di una mostra di due settimane al Palazzo Ducale, in occasione dell'uscita della sua nuova opera "Diario del cattivo papà".

Dell'autore canadese, in particolare della sua opera "Pyongyang", avevamo già parlato in passato (QUI).
Posso solo aggiungere alcune considerazioni all'intervista pubblicata su FUMETTOLOGICA: Delisle si è dimostrato una persona di grande disponibilità, confermando di persona le qualità di garbato umorismo e arguzia che emergono nei suoi libri.
Solo per rendere un'idea della sua cortese attitudine, ha firmato centinaia di dediche e disegni con la mano sinistra, avendo la destra bloccata da una dolorosa tendinite.

L'intervista la trovate QUI

Buona Lettura!

martedì 5 novembre 2013

Lucca Comics & Games + Intervista a Giuseppe Palumbo






Durante il recente weekend di Lucca Comics&Games, stordito in mezzo alle più impensate bizzarre variazioni dei cosplayer (accanto alla meraviglia della Dama con l'Ermellino c'era il ribrezzo ambulante di Borat), mi sono trovato costretto a impersonare un personaggio fuori contesto:
Ugo Fantozzi.
Eppure, nonostante l'apparente singolarità della mia condizione, ho scoperto che si è trattato del più comune, benché involontario, dei travestimenti.
Il necessaire per il camouflage è stato gratuitamente fornito dalla perfetta congiura organizzativa di clima, conformazione architettonica della città ma, soprattutto, dalla nostra adorata Trenitalia.
Andiamo con ordine.
Non appena giunto nella gemma toscana, l'impressione è stata quella di precipitare in uno dei gironi infernali tralasciati dalla fantasia del Sommo Poeta (per altro ivi residente durante il suo doloroso esilio): quello dei nerd in erba.
Come chiunque può testimoniare, ben più degli anni precedenti, le file quest'anno si moltiplicavano per ogni evento, necessità biologica o alimentare.
 Il mercato di Porta Portese a confronto sembrava l'autostrada di "Lost Highways".
Chi avesse contemplato dall'alto la fila per acquistare i biglietti, avrebbe ipotizzato la resurrezione di Jim Morrison, Hendrix e Lennon in occasione di un loro concerto collettivo gratuito.
Se aggiungiamo che al momento del già avvilente accodarsi al termine dei sei chilometri di improbabili Lamù e Wolwerine si è scatenata la versione lucchese dell'Uragano Katrina, credo possiate comprendere la veridicità del mio assunto.
Ma, ripeto, un sentito omaggio va a Trenitalia, perfettamente in grado di far impallidire l'organizzazione tedesca...il giorno della caduta del regime hitleriano.
Ogni singola corsa del periodo di Lucca Comics, nell'arco di circa 100 km, ha subito metodicamente ritardi da record, scatenando una serie a catena di coincidenze perdute, crisi isteriche adolescenziali, invocazioni di massa di divinità egizie.
Ma io dico basta al costume italiota di lamentarsi sempre, senza rimboccarsi le maniche: in una zona carica di eventi quasi settimanali, che nemmeno Londra e Parigi d'estate, senza nessun preavviso, si allestisce in fretta e furia una nuova manifestazione, improvvisata su due piedi, che porta 200.000 persone, per la prima volta, eh, in quella città, ma dico io un pò di buon senso: non c'era né il tempo, né le informazioni necessarie, né l'esperienza per organizzare, che so, treni speciali o intensificare le corse. E' chiaro.

Svuotata la sacca di veleno in cui galleggiavano i  miei neuroni, devo confessare che ne è valsa veramente la pena.
Senza dilungarmi su gli artisti incontrati (che saranno oggetto dei prossimi articoli), è stato soprattutto splendido incontrare finalmente di persona una lunga serie di amici, che sarebbe sciocco relegare a "virtuali,  essendo gradita e stimolante occasione di conversazioni quotidiane sui social network.
Menzioni speciali per Francesca Martucci (ormai una sorella), Andrea Mazzotta (praticamente un padre) e i compagni d'avventura Antonio Solinas (finalmente ci siamo incontrati!) e Tonio Troiani (il mio starets di fiducia).
Senza dimenticare l'uomo, anzi la casa editrice, che dico, una delle mie più prestigiose lettrici, nonché correligionaria cinematografica: Spazio Nebularina!

Ma bando alle ciance, siamo qui per produrre.
E quindi, oltre a Rutu Modan (di cui abbiamo parlato QUI ) che ha vinto il premio come miglior autrice unica, ci confermiamo talismani perché l'appena intervistato Giuseppe Palumbo è stato eletto miglior disegnatore.
I nostri articoli sembrano auspici dei Gran Guinigi, accorrete dunque!
L'intervista a Palumbo, impreziosita dalle belle foto di Emanuele Rosso, la trovate su FUMETTOLOGICA , esattamente QUI


Ed ora mi esporrò pubblicamente dichiarando la serie di prossimi articoli:
- l'ennesima conversazione con Daniele Capuano su temi non esattamente banali
- il più volte annunciato saggio comparativo: F.Scott/Bob, Charles/David (chi segue questo blog ormai li chiama per nome)
- nuove, numerose interviste a fumettisti fichissimi
- Esplorazione filologica di monarchi manichei, Dj nel tempo libero
- Nick Cave si avvicina a Roma...

E' il modo migliore che ho trovato per costringermi a scriverli.

Stay tuned!

mercoledì 30 ottobre 2013

GLI SCARABOCCHI DI MAICOL&MIRCO - Logica del Non-Senso, Introduzione a "Sono Mario?"





Il primo post di questo blog fu l'introduzione al primo volume de "Gli Scarabocchi di maicol&mirco" (lo trovate QUI). Ne abbiamo poi parlato alte volte, in varie sedi, per iscritto o a voce (ad esempio QUI e QUI).

Siamo cresciuti insieme.
E cosi continueremo, fino allo scatafascio.
(Chissà quanti coglieranno la citazione).

Ecco l'introduzione al nuovo volume, (che trovate anche in anteprima su lospaziobianco.it con una gustosa anteprima e molte altre informazioni, esattamente QUI) .

Il volume verrà presentato i prossimi giorni a "Lucca Comics".

Godete:




LOGICA DEL NON-SENSO

Circa un anno fa scrissi una lunga introduzione a “Gli Scarabocchi di maicol&mirco”, scomodando come riferimenti Carmelo Bene, Pier Paolo Pasolini, Frank Zappa, Emil Ciorian, Achille Campanile, Albert Camus, Antonin Artaud e, per finire in bellezza, addirittura Giacomo Leopardi. Molti probabilmente avranno pensato a delle esagerazioni dettate dall’amicizia, o dall’entusiasmo per un’opera divertentissima, o magari a un mero esercizio postmoderno di provocazione intellettuale. Il libro che avete in mano in questo momento conferma che in realtà non esageravo per nulla. Se nella prima uscita de “Gli Scarabocchi”, infatti, la profondità della riflessione poteva rimanere nascosta sotto la superficie della volgarità blasfeme, qui il discorso, nella sua semplicità, si dichiara subito esplicitamente filosofico. In altre vignette di maicol&mirco la voce dell’ascolto interiore può essere resa inudibile dal fragore della risata. In questo caso, nel perfetto controllo quasi matematico dell’esposizione, la progressione comica accompagna la riflessione con un rigore inesorabile. Ho detto altrove che ne “Gli Scarabocchi”, anche nel più volgare, si avverte l’urlo di una innocenza tradita. In un’altra, magnifica, vignetta maicol&mirco dichiarano che “la logica viene direttamente dall’inferno”. Traendo le conseguenze da queste due considerazioni, questo libricino sembra un “Tractatus Logicus-Philosophicus” scritto da un bambino, appena resosi conto dell’inferno che è la realtà senza illuminazione. Il libro inizia con la domanda fondamentale dei mistici, “Chi sono Io?”, o meglio “Che cosa è l’io?”.


La domanda che si poneva Pascal smontando le false certezze del pensiero razionale, che il maestro spirituale Ramana Maharshi pone come inizio della ricerca della verità, intitolando così il suo testo più famoso. Domanda che viene rivolta come un’arma letale contro il protagonista di “Strade Perdute” dall’infernale Uomo Misterioso, che lo inchioda ghignando allo smarrimento schizofrenico della propria identità. Qui la domanda è posta, solo in apparenza giocosamente, utilizzando come falsa identificazione il nome proprio più comune e diffuso del nostro paese. Come il Mr.Jones di Dylan, l’Uomo Qualsiasi si ritrova di fronte all’impatto violento con l’assurdità del vivere, con l’impossibilità di comprendere il senso di alcunché. La meccanica logica del dubbio, istintivo prima che metodico, che scatena la riflessione conduce a tutt’altre conclusioni rispetto all’ottimismo cartesiano, anzi ne capovolge le fittizie sicurezze razionali. La progressione comica ci accompagna di paradosso in paradosso, rivoltando fin dall’inizio quello celebre del mentitore, fino al paradosso supremo: il blasfemo percorso logico di maicol&mirco più che alla riflessione cartesiana si avvicina al precedente agostiniano, “Se sbaglio, dunque esisto”. Ma non essendoci nessun dogma a consolarci, l’assunto pare rovesciarsi in un altro dogma, sbilenco e inquietante: “Esisto, dunque sono sbagliato”. La conclusione, sull’ignoranza e la menzogna come unica forma di felicità, ci riporta circolarmente a un altro verso del già citato Dylan: “Tutta la verità del mondo risulta un’unica grande bugia”. 

La logica lineare è un vicolo cieco che conduce al dubbio e alla disperazione.

Per mostrare i buchi della filosofia occidentale c’è voluto un vignettista oltraggioso.



Leggetelo, e meditate.


martedì 29 ottobre 2013

FUMETTOLOGICA - Intervista a Vittorio Giardino





Continua con successo la collaborazione con FUMETTOLOGICA, il nuovo grande progetto di magazine on-line sul fumetto.

Stavolta per la rubrica #tavolidadisegno, è il turno di Vittorio Giardino, uno degli autori italiani più interessanti dal punto di vista culturale, più abili nello sfondare limiti e vincoli del medium fumetto.

Non è facile menzionare Angelo Maria Ripellino, mentre si parla di fumetti.

A proposito...presto un omaggio a lui e a Praga....

L'intervista la trovate QUI

Le foto, molto belle,  stavolta sono di Emanuele Rosso

Ma fatevi un giro su tutto FUMETTOLOGICA, oggi ad esempio c'è un fantastico editoriale di Tuono Pettinato!

Buona Lettura


lunedì 28 ottobre 2013

Requiem per Lou Reed




Ho passato uno dei pomeriggi più divertiti ed eccitanti dei miei sedici anni tra copisterie, cartolerie,  scotch e righelli per confezionarmi il poster dei Velvet Undeground (irreperibile allora) che avrebbe campeggiato per anni nella mia cameretta, ricavandolo dalla copertina di una monografia ormai introvabile prestatami dal mio amico e mentore Daniele Capuano.
 (Ah, Daniè, se non trovi il libro, ce l'ho ancora io, tranquillo te lo riporto, eh).
Per tutte le superiori sono stato canzonato dai miei amici (soprattutto dal formidabile imitatore Lorenzo Pausillo) per la mia erre moscia, che  risultava particolarmente comica quando mi chiedevano:
-"Cosa ascolti in cuffia? "
- "Lùvvìd".

Pur essendo di base contrario ad indossare magliette di gruppi o cantanti, per un decennio ho fatto eccezione per la  leggendaria banana del pur disprezzato Warhol, alternativamente sfoggiata su borse di pelle o T-Shirt.  Ripeto: ho indossato per anni un'immagine di un artista che non mi piace.

Una delle emozioni più perfette della mia adolescenza fu l'attacco del riff di "Sweet Jane" al primo concerto in cui lo vidi dal vivo, gratis, a Enzimi nel '98 (esperienza analoga a quella raccontata da Paolo Rosati nel suo commosso ricordo  che trovate QUI)



La sera del mio primo appuntamento con mia moglie, le feci ascoltare il primo disco dei Velvet Underground, quello appunto talmente importante da farmi usare il corpo come vessillo della sua copertina.
Credo che lei abbia apprezzato, considerando che al nostro matrimonio abbiamo cantato per gli invitati "I'm sticking with you".




Ritengo, dunque, di poter intonare la mia grata prece in memoriam, senza essere sfiorato dai pur sacrosanti strali di Zerocalcare, illustrati in una riflessione ormai già classica .

E' difficile condensare in un post ricordi, tributi, bilanci, commenti riguardo uno dei pochi argomenti sui quali mi sentirei davvero di poter scrivere un libro di getto.

Ma non preoccupatevi, sarò breve.
Prendete questa mia eccezionale stringatezza come il mio personale minuto di silenzio.



martedì 22 ottobre 2013

FUMETTOLOGICA - Informazione e Cultura del Fumetto





E' con grande contentezza che vi annuncio l'odierno battesimo di FUMETTOLOGICA, il nuovo magazine online sul fumetto, un vero e proprio portale sul tema, coordinato da Matteo Stefanelli (http://fumettologicamente.wordpress.com/).
L'editoriale di presentazione lo trovate QUI  .

A seguito della collaborazione con Conversazioni sulFumetto  (l'editoriale di commiato lo trovate QUI), ho il piacere di comunicarvi che, su invito di Andrea Queirolo, avrò l'onore di partecipare al progetto.

Terrò una rubrica a cadenza regolare, #tavoli da disegno, in cui avrò la possibilità di curiosare nei laboratori dei grandi nomi del fumetto nostrano e internazionale, grazie al prezioso lavoro fotografico di Emanuele Rosso  e Daniela Odri Mazza .
Inoltre, veicolerò su questa testata tutti i miei saggi o articoli ispirati da opere fumettistiche.


Spero che sia una buona notizia e un nuovo punto di riferimento per i pregiatissimi venticinque lettori (ormai con qualche zero a seguito) dei miei usuali deliri.

Buona Lettura!


martedì 1 ottobre 2013

INTERVISTA A LRNZ!!!!



Aspettavo questo momento da circa 20 anni.
Esattamente dal novembre '93, quando durante un'occupazione al Liceo divenni amico di Lorenzo Ceccotti.
Un'amicizia sancita dalla consegna del primo numero del "Manuale di Conversazione Metropolitana", sorta di dizionario gergale delle più colorite espressione romanesche, in seguito saccheggiato da una pletora di comici romani e non, di cui LRNZ aveva fatto la copertina.
Non voglio tediarvi con toni da libro "Cuore" (anche se in realtà gli aneddoti che mi sovvengono vi ricorderebbero più "Paura e Delirio a Las Vegas"), posso solo dirvi che, dal punto di vista meramente intellettuale, tutte le pietre miliari della nostra ricerca, tutti gli autori che ci hanno ispirato, sconvolto la vita o spaccato il cervello (da Tarkovskji a Carmelo Bene, da Frank Zappa a Simone Weil) li abbiamo scoperti, con tremore e meraviglia,  insieme, spesso sotto la sapiente guida del nostro caro amico Daniele Capuano ( le cui qualità ciceroniane chi segue questo blog ha già potuto apprezzare  QUI e QUI).

Finalmente, dopo aver esplorato tutto l'universo grafico in ogni riposto anfratto, LRNZ è riuscito a pubblicare una storia a fumetti, dopo anni di tentativi, di numeri zero, di progetti sempre più ambiziosi, volta per volta accantonati o rielaborati.
Pochi sanno che inizialmente, una decina di anni fa, avevamo lavorato insieme ai testi della prima versione ASTROGAMMA, ma né la storia era delineata in tutte le sue sfaccettature, né il mio contributo (all'epoca meramente umoristico) era all'altezza delle potenzialità nascoste della storia.
Onore, quindi, ad Alessandro Caroni, che ha saputo enfatizzare gli aspetti di profonda riflessione esistenziale già presenti nella storia di LRNZ, conferendo a un'opera già portentosa un ulteriore ricchezza filosofica.
Ho solo amici intelligentissimi.
Mi compiaccio.

P.S.
Ah, l'intervista la trovate QUI, sulle colonne di Conversazioni sul Fumetto

P.P.S.
Nell'intervista si parla anche di questo blog, e di continuare la collaborazione con LRNZ iniziata QUI, QUI e QUI)
Exultate, Jubilate!

venerdì 27 settembre 2013

CONVERSAZIONI CON AKA B






Si conclude il trittico di interviste illustrate dai nostri complici infernali maicol&mirco (QUI altri incroci ormai leggendari!) con AKA B

L'intervista, devo dire piena di spunti molto interessanti e rivelazioni imprevedibili, la trovate QUI.

Ma se il trittico termina, è perché nuovi, più ambiziosi progetti sono in arrivo...

TO BE CONTINUED

Buona Lettura!





martedì 24 settembre 2013

ULTIMO TANGO A PARIGI - Maria Schneider e la scena del burro






Ora che il clamore tardivo sulle recenti parole di Bernardo Bertolucci riguardo la genesi della più famosa scena di "Ultimo Tango a Parigi" si è sedimentato, credo di poter proporre una riflessione diversa, che ardirebbe spostare il discorso un pò oltre rispetto alle infiammate diatribe dei giorni scorsi.                                                                                 
Pietra dello scandalo è la recente intervista, ripresa in un articolo di IO DONNA (che trovate QUI ). Ivi Bertolucci confessa 40 anni dopo che la famosa scena del "burro" era stata girata a sorpresa, senza il consenso dell'attrice, per ottenere l'effetto realistico delle lacrime di una donna umiliata.  Da anni, del resto, l'attrice sosteneva di essere stata abusata psicologicamente sul set, e che quella scena le aveva condizionato la carriera (per non usare l'abusata espressione "rovinato la vita").

E, subito, su media e social network è divampato feroce il dibattito,.

Molti fra i commentatori, presi dalla concitazione dialettica, hanno peccato, secondo il mio umile giudizio, di discernimento.
Chi minimizzava l'episodio di fronte alla statura storica dell'opera, chi ridicolizzava l'episodio perché l'articolo era scritto male, chi al contrario diceva che il film allora era orrido perché una donna era stata violentata sul set.
Ma quella che è per me è la sostanza ardente della questione è sfuggita nel gioco delle facili contrapposizioni maschilista/femminista, cinico/sensibile,  nel rimpallo dialettico dettato dalla malafede ideologica.
Secondo me, il cinismo da uomini navigati ed esperti del settore è uguale e contrario al perbenismo ipocrita o ai luoghi comuni femministi (o maschilisti, o cattolici, o gianisti, etc...).
 Sono lenti deformanti, abiti intellettuali che si indossano come magliette della propria squadra, che inquinano la riflessione con il veleno inebriante del pregiudizio e dell'arroccamento sulle proprie posizioni.

Scusate se dico cose ovvie, forse, per molti ma evidentemente non per tutti: il fatto che il film sia un (presunto) capolavoro non giustificherebbe un (eventuale) stupro sul set, come la rivelazione dell'episodio (gravissimo, se si confermasse verificato) non inficerebbe la bellezza estetica del film; stesso discorso per l'articolo: il fatto che sia scritto con un insopportabile tono strappalacrime, utilizzando obsoleti argomenti femministoidi (tipo "l'uomo penetrabile analmente" etc.) non sminuisce la portata della notizia (in realtà vecchia di anni), viceversa la gravità dell'episodio (se reale) non  renderebbe automaticamente il pezzo un capolavoro del giornalismo.
Lo so,  2+2= 4 ma spesso bisogna ricordarlo.




Sintetizzando bruscamente: il fatto che l'articolo sia un coacervo di urticanti banalità non rende transitivamente sbagliata la (giustissima) indignazione per i toni volgarmente sprezzanti del regista.

Affrontiamo ora il "mostro sacro", l'opera cinematografica, per me da sempre un totem  posticcio che radica e affonda nel fango (a dispetto dei tabù che pretendeva di spezzare).

Iniziamo col dire che il film  è sopravvalutato e, per la mia sensibilità, irritante.
Per carità, la suggestione estetica della fotografia di Storaro con la struggente colonna sonora di Gato Barbieri è potentissima. L'impatto delle immagini di Bertolucci è innegabile.
Ma il film non ha fatto altro che sfruttare grossolanamente tematiche complesse e per nulla originali (l'incomunicabilità che rende il rapporto amoroso simile a una tortura o a un'operazione chirurgica, soprattutto nelle grandi metropoli, nella fattispecie proprio Parigi, è tema intuito un secolo prima da Baudelaire e poi esplorato definitivamente in tutte le arti del Novecento).  Sfruttate per ridurle a luogo comune, e divenirne lo "scandaloso" manifesto.
Stiamo davvero parlando di una seduzione superficiale per adolescenti imbevuti di letture maledette. 
Al di là del magnetismo endemico degli attori, e le atmosfere confezionate ad arte per evocare eros e thanatos in versione postmoderna e decadente, il film ha ben poco da offrire.
La tanto celebrata recitazione di Brando, come non a caso Pasolini intuì, è tutta sopra le righe, caricatissima e inutilmente retorica. La Schneider,  pur nel suo languido fascino iconico, è altrettanto caricaturale. Talmente caricate le recitazioni, da rendere esagerate perfino le imitazioni che ne fanno Woody Allen e Diane Keaton ne "Il Dormiglione".



Il film è un banale manuale di  nichilismo patinato. E non c'è nulla di più deprecabile della disperazione in posa. Si tratta di bieco voyeurismo truccato da inno alla rivoluzione sessuale. Un'eruzione di maldestro machismo col seducente maquillage parigino della rivoluzione sessantottina, e un velo esistenzialista a coprirne l'imbarazzante povertà filosofica.

Affrontiamo ora la scena sotto accusa.
Facendo una media delle varie dichiarazioni, e rivedendo la scena, non credo che si possa parlare di stupro, ma di manipolazione psicologica si. Penalmente meno grave, culturalmente altrettanto. 
Vorrei andare oltre lo sciocca valutazione moviolistica sull'effettivo abuso, o le considerazioni  sul limite tra finzione recitata e reale sofferenza.
Sono considerazioni in un caso pettegole, in altro delicate, che ci portano fuori strada.
 Per me il fatto che Maria Schneider fosse consapevole o meno della scena è quasi (un quasi enorme e determinante, mi si dirà) indifferente. 
Non reagite, mi spiego. Intendo, che per me la manipolazione del suo corpo, e dell'immagine femminile,  c'era stata già, comunque, a priori. 
Parlo a livello culturale. E' chiaro, a livello morale, umano, psicologico (e se si fosse verificata e non solo simulata la violenza ovviamente anche penale) c'è un abisso. Ma a livello culturale, di tragedia culturale, è praticamente lo stesso.
Ben prima delle tardive confessioni, il film è già di per sé ributtante. Bertolucci era già stato un furbo maschilista, Brando era già cinicamente  complice (se ne sarebbe in seguito comunque vergognato), la figura della donna già umiliata.  E non per la presenza di una scena di sodomia.
 Il mio non intende essere un discorso moralistico.
Ciò che non posso apprezzare è il compiacimento di voler raccontare una storia torbida, facendo leva sulle pulsioni più basse degli spettatori, imbastendo il tutto come un'opera d'arte "ribelle".





Ci sono state nella storia del cinema scene ben più violente e disturbanti. Non di torbida  complicità lussuriosa, ma di violenza vera e propria. Il punto però non è, solo, ciò che si mostra, ma l'intenzione dell'autore. Credo d'aver già scritto che in "Andrey Rublev" di Tarkovsky c' è una scena, per anni censurata, di stupro molto più esplicita di quella di "Arancia Meccanica". Ma nel capolavoro del regista russo c'è il vibrante sdegno per ciò che sta accadendo, la denuncia dell'ingiustizia umana, la violenza è mostrata in tutta la sua barbarie affinché non accada mai più. Il perverso genio di Kubrick pur mostrando pochissimi fotogrammi ti comunica tutto il disturbante compiacimento morboso, l'esaltazione crudele dello stupratore. 
Esempio più estremo: la visione di "Salò" di Pasolini è praticamente insostenibile, ma dietro quelle scene (ben più disturbanti della rapida sottomissione sessuale imposta di Brando) c'è una profonda, tragica denuncia della violenza del Potere. Nessun  compiacimento morboso, ma la volontà (per chi scrive macroscopicamente fuori fuoco) di esporre la nuda tortura a cui il popolo è sottoposto da sempre nella storia dai poteri forti, mediante la metafora cruda e immediata della violenza carnale.
Non a caso, Pasolini giunge alla decisione estrema di girare "Salò", dopo aver abiurato la Trilogia della Vita. Non volendo più nutrire le basse pulsioni borghesi del pubblico, che invece di cogliere il suo messaggio eversivo veniva al cinema per vedere le donne nude. Contemporaneo, eppure avanti anni luce per onestà, consapevolezza e profondità rispetto ai vigliacchi imburramenti a sorpresa di cui si discetta.
In Bertolucci, sotto l'eleganza fittizia dell'incomunicabilità d'accatto, c'è solo la poco nobile astuzia di destare prurigini da guardoni.






Uno squallido mènage tra un vecchio zozzone (per quanto affascinante) e una sciroccata (per quanto incantevole) spacciato per struggente melodramma romantico, una torbida storiella da romanzetto pornografico propinata come dolente riflessione esistenzialista.
Prima delle modalità (ora sappiamo ingannevoli e manipolatorie) della sua realizzazione, la scena era già concettualmente un bieco escamotage per entrare nella storia del cinema con pochi minuti di sexploitation, verniciata di esistenzialismo.
Il grande scandalo rivoluzionario in realtà si è nutrito, a tavolino, dell'ipocrisia borghese che formalmente voleva scardinare. E' un film che specula sul voyeurismo perbenista. 
E' un film, dunque, intimamente, borghese. E, proponendosi come grande manifesto antiborghese, è, dunque, disgustosamente  disonesto intellettualmente.
Queste cose le dico almeno del'97, grazie a Dio ho diversi testimoni.


Ripeto, tutto ciò valeva per me anche prima di sapere che la Schneider era stata quasi costretta con l'inganno. 
Ora, il tono indegno della dichiarazione di Bertolucci (soprattutto qualora fosse una vera confessione e non, come sembra, una stanca trovata pubblicitaria) non fa che confermare, e certo aggravare, la mia istintiva repulsione.





P.S.
Ah, amici, rimanga fra di noi, vi rivelo un prezioso  segreto: qualora la Schneider fosse stata davvero, non dico violentata (appare improbabile su un set), ma, come si dichiara, costretta a girare la scena con l'inganno e la pressione psicologica, il femminismo non c'entrerebbe nulla. Come neanche la prassi cinematografica di piegare gli attori al "genio" del regista (non è che una cosa sbagliata se accade di prassi diventa automaticamente giusta, altrimenti non lamentiamoci più della corruzione, della guerra o dei mali del mondo in genere). Il segreto è l'uovo di Colombo, ma a quanto pare di questi tempi diventa arcano come la formula della pietra filosofale: 
Il rispetto della persona non è femminista o maschilista, come la giustizia e l'onestà non sono valori di destra o di sinistra.
Sono valori universali. Dunque sacri.