Secondo appuntamento con gli amici di #LettureMetropolitane.
Qui di sotto il nostro video.
Il 26, 27 e 28
Novembre al cinema sarà possibile vedere Le ninfee di Monet. Un incantesimo di acqua
e luce, documentario dedicato in particolare agli ultimi anni della
produzione di Claude Monet, dominati
dall’ossessione del grande pittore, appunto per le ninfee.
L’evento si
inserisce nella serie La Grande Arte al cinema di Nexo
Digital.
Di Monet si è
scritto moltissimo, dunque la necessità di un ulteriore approfondimento, dopo
anche la recente mostra a Roma al Complesso del Vittoriano, è soprattutto nella
possibilità di mostrare immagini inedite e sguardi originali sulla sua opera.
Al di là dello
splendore delle tele, affascina e turba insieme la lotta incessante del
pittore: nei confronti della sua amata Natura (nell'impossibilità di rendere
l’incanto della sua perenne, cangiante bellezza) e nei confronti della sua
stessa arte (più volte in accessi d’ira sfregiava o bruciava i suoi stessi
quadri perché costantemente insoddisfatto).
Soprattutto,
negli ultimi anni, nei confronti della vita stessa, considerando la serie
tragica di colpi a lui inferti dal Destino che avrebbero devastato anche gli animi più coriacei: due volte vedovo, il
pittore perderà il suo primo figlio, perderà in gran parte la perfezione del
suo giardino di Giverny (suo vero capolavoro sempiterno), perderà parzialmente
la vista (proprio lui di cui Cézanne disse: “Non è che un occhio...ma che
occhio!”).
Tutto questo,
negli anni che condurranno la Francia alla sanguinosissima Prima Guerra
Mondiale: protagonista il suo vecchio amico e protettore, il Primo Ministro Georges Clemenceau.
Più che sui primi
anni del movimento impressionista, sulla famosa mostra del 1874 nello studio
del fotografo Nadar da cui derivò il titolo del movimento in seguito a una
miope stroncatura di Louis Leroy, il documentario si concentra sull’ultimo
grande capolavoro di Monet, sollecitato proprio da Clemenceau dopo che l’artista
aveva abbandonato la pittura per i problemi alla vista.
Un capolavoro
donato allo Stato francese in seguito all’armistizio ma reso visibile al pubblico
solo nel 1927, dopo la morte dell’artista: parliamo delle dodici grandi tele
delle Ninfee esposte al Museo dell’Orangerie di Parigi, progettato e dedicato appositamente ad esse.
Disposte in due
sale ovali, illuminate da Est a Ovest dalla luce solare per ricreare l’effetto
naturale del giardino di Giverny, la grande sinfonia cromatica creata da Monet
con i fiori prima che con i pennelli, queste opere maestose restituiscono lo
stupore mistico di un autore che ha amato la Natura fino alla morte.
Anche in questo
caso, la critica scioccamente non colse la potenza dell’esperienza
straordinaria di immersione nell’opera che Monet aveva profeticamente
inaugurato.
Ci vorrà la
rivoluzione americana dell’Astrattismo, trent’anni dopo, con Pollock in testa, per donare giustizia
all’ultima, impressionante fatica di Monet.
Il documentario,
nonostante la bellezza delle immagini (pittoriche ma anche naturali) paga una
presenza eccessivamente da protagonista di Elisa
Lasowski (attrice francese apparsa in Game of Thrones e nel video Blackstar
di David Bowie). Abbiamo apprezzato soprattutto gli interventi di Ross King,
serio studioso autore del saggio Monet e la rivoluzione della pittura moderna.
Concludiamo con
una citazione illuminante dal saggio sull’Impressionismo di Jean Leymarie del 1959: “L’infallibile
precisione dell’occhio dà il senso della pienezza della visione. Monet ha
confidato a un giovane pittore che avrebbe desiderato nascere cieco e
recuperare all’improvviso la vista per non sapere nulla degli oggetti e
trovarsi in uno stato vergine davanti alle apparenze, desiderio che serve a
chiarire paradossalmente la sua estetica della sensazione”.
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