venerdì 21 giugno 2013

MORNING MEDITATION

E' con grande piacere che pubblico questo racconto, fresco vincitore del concorso letterario il Rubriconcorso del Venerdi,  indetto dall' AGENZIA VERBA- servizi editoriali (per chi usa Facebook il link è il seguente https://www.facebook.com/pages/Agenzia-Verba-servizi-editoriali/135362206627655?fref=ts.)



Erano circa 14 anni che non scrivevo racconti, dai fasti antichi e fulminei della rivista "Lampi Grevi" (già all'epoca avevo il privilegio di essere illustrato da LRNZ).




Devo dire grazie alla professionale e garbata insistenza di Carlo Sperduti per avermi costretto con i lacci avvolgenti della sua cortesia a partecipare. Ho fatto bene a seguirlo.
E grazie anche a Rita Petruccioli per il suo costante incoraggiamento, oltre che alle quasi 200 persone che in maniera diversa (tramite likes, commenti e condivisioni) hanno, come recita il comunicato, sancito "in modo definitivo e schiacciante" la mia vittoria.


Due parole sul racconto. L'ho scritto praticamente di getto, come sempre negli ultimi istanti di tempo utile.

E' stato divertente e interessante leggere le varie interpretazioni (chi lo ha considerato la descrizione di un viaggio artificiale, chi una celebrazione della musica, chi addirittura la descrizione di un momento di autoerotismo...). Non voglio essere il pedante esegeta di me stesso, ma come il titolo dichiarava si trattava della descrizione della esperienza della meditazione mattutina, come molti (avvantaggiati dalla pratica comune della meditazione sahaj) hanno riconosciuto.

 Molto potrei parlare delle cause degli equivoci interpretativi: il viaggio artificiale come equivalente o ponte verso la meditazione è un equivoco che da una scorretta interpretazione di Blake è passato attraverso Huxley fino a Jim Morrison...così si è passati dalla ricerca mistica a sex, drugs and rock'n' roll, confondendoli come hanno fatto i beat. Questo spiega pure il fraintendimento freudiano, da cui non s'è districato nemmeno il genio di Carmelo Bene, l'equivoco tantrico-sensuale della lettura di alcuni testi e rappresentazioni, ad esempio Bernini, di mistiche come Teresa d'Avila; non troppo distante dal vero, quasi schopenhaueriana l'interpretazione dello stimato amico Emanuele Sabetta: la musica, appunto come profilava il diletto Arthur, è sorella dell'ascesi: "oltrepassa le idee" e quindi, quella vera di musica, ci conduce nello stato di Nirvichara Samadhi, di consapevolezza senza pensieri, lo stato di Turya, il quarto stato di coscienza, al di là, appunto, delle manette della mente. La grazia del silenzio meditativo.

La sintomatologia descritta è quella del risveglio dell'energia Kundalini, secondo gli insegnamenti del maestro Shri Mataji Nirmala Devi (da me personalmente sperimentata).
Un omaggio doveroso, dunque, senza alcun intento di proselitismo ma come atto di onestà intellettuale, a quello che io considero personalmente il più grande maestro spirituale di tutti i tempi:




Ecco il racconto:



MORNING MEDITATION



Chiuse gli occhi.
Attendeva l’invasione.
L’esercito immenso, da sempre schierato ,  scatenò le orde,  che eruppero   come cascate di vermi brulicanti. Affanni domestici, ricordi strazianti,  vane ambizioni,  si rincorrevano selvaggi  all’assalto, come scimmie urlanti in un vortice stordente. Fiamme s’alternavano a improvvise arsure, un coltello arroventato infieriva nelle carni.  Folle di volti sfregiati da smorfie,  una babele di dissonanze a rimestare in sacche purulente di memoria. Morsi, punture, sottili supplizi d’antichi nemici.
  Un corteo di bocche voraci lo avvolse in una risata infernale.
 Sorrise, senza scomporsi.
Le osservò svanire,  come polverizzate dal  passo indifferente d’ una zampa d’elefante. Qualcosa, con dolce pazienza, scioglieva quei dolenti nodi. Un balsamo sulle ustioni della colpa e del rimpianto. Ghiaccio che spegne la furia.
Dalla culla un vagito.  L’accordatura del violino.
Rimase mero testimone.
Assiso nella tempesta, l’oceano si schiudeva al suo passaggio.
Onde di  quiete ridente scaturivano dal profondo.
Carezze di beatitudine danzavano lungo la schiena come risonanze d’un’arpa.
Una  castissima esplosione di puro piacere, come una crescente colonna di bellezza, lo attraversava in una placida ascesa.
Svuotamento senza dispersione.  
Vide il gioco, illusione e meraviglia.
Dissolti i sensi in un appagamento senza desiderio, contemplò lo splendore immacolato.
La mente ormai specchio concavo del Tutto.
Un anfiteatro di cristallo, coppa vuota pervasa da un oceano di silenzio.
Un tempio  in cui una Regina incedeva solenne,  nell’intatta adorazione degli astanti, verso il suo trono.


Si alzò, prese la valigetta, andò al lavoro.





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