venerdì 29 luglio 2016

15 anni dopo Genova 2001, il problema è l'estintore. Non la tortura di massa.


La foto che mostra le reali distanze e la dinamica antecedente all'omicidio
La settimana del quindicesimo anniversario dai tragici fatti di Genova 2001 è stata scandita da una serie di avvenimenti così sardonicamente puntuali da apparire ben più che coincidenze significative.
Come abbiamo notato su minimaetmoralia, è iniziata con una beffa: l'agente che mentì sostenendo di essere stato accoltellato da un no-global (quale giustificazione per le violenze della Diaz) è stato condannato ad un’ammenda equivalente a 47 euro. Un Ufficiale dello Stato può mentire su una tortura di massa operata dalle Forze dell’Ordine, per un costo inferiore a quello di una prestazione sessuale mercenaria.
Poi, c'è stata la nuova assoluzione per i cinque medici accusati di essere responsabili della morte di Stefano Cucchi, la foto del cui cadavere grida ancora giustizia.
Con magistrale tempismo, il Senato ha sospeso l'esame del disegno di legge per configurare il reato di tortura, smentendo clamorosamente le promesse del Premier nei suoi roboanti annunci su Twitter, e in completo disprezzo della condanna della Corte Europea di Strasburgo nei confronti dell'Italia (proprio per le torture commesse durante il G8 di Genova 2001).
Inoltre, Facebook ha sospeso per un giorno la pagina del fumettista Zerocalcare, dove egli semplicemente dichiarava di partecipare ad un evento in memoria di Carlo Giuliani e in solidarietà di chi fu arrestato in quei giorni; l'autore, con saggezza, ha subito stemperato la retorica anticensura: si tratta di un meccanismo automatico, attivato dalle segnalazioni in massa da parte di ambienti vicini alle Forze dell'Ordine.
Esponenti di ambienti simili (sindacati di polizia, giornalisti e politici del Centro-Destra) si sono riuniti nel l'anniversario della scomparsa di Giuliani, per un convegno dal titolo garbatamente spiritoso: "L'estintore quale strumento di pace".
Un chiaro caso di dissonanza cognitiva: le stesse persone che condannano le violenze di Erdogan per giustificare la chiusura contro gli islamici e i profughi, giustificano le violenze della Diaz solo perché inflitte dalle Forze dell'Ordine.
In tutto questo, nei dibattiti sui social è ricorso assordante il monito: "Eh, si, però Giuliani aveva in mano un estintore".
Si. Un estintore raccolto dopo due ore di cariche ingiustificate della polizia nei confronti di un corteo autorizzato e pacifico (Il documentario La Trappola lo spiega bene, vi prego di guardarlo, lo trovate QUI).
Ho passato una settimana a discutere sui social network su questo punto.
Gli orrendi e stupidi sulla pagina di Zerocalcare (del resto, si sa, Pazienza era andreottiano!)
Sono stato anche fortunato (a differenza di Zerocalcare, per esempio), mi sono confrontato con molte persone civili (anche un allora ufficiale dei Carabinieri presente quel giorno a Genova) ed anche nei momenti di maggiore distanza d'opinione si è sempre mantenuto un tono rispettoso e pacato, avendo come faro la definizione di una verità comune, non l'appartenenza a fazioni da stadio.
Molte persone (ragionevoli, progressiste, informate, indignate) hanno sottolineato come, mentre la violenza e l'orrore della "macelleria messicana" della Diaz e di Bolzaneto sono ormai argomenti (si fa per dire) pacifici, le dinamiche della morte di Giuliani sono ancora controverse.
Dunque, secondo loro, nella ricostruzione di una verità da opporre alla versione ufficiale imposta alla "maggioranza silenziosa", bisognerebbe concentrare le denunce sulle violenze successive, per rendere la follia di quei giorni, non dibattere su una tragica fatalità, in cui comunque il ragazzo "se l'è cercata".
Per queste persone parlare della morte di Giuliani non è un argomento vincente per rendere l'ingiustizia che un'intera generazione ha subito.
Eh, del resto, Giuliani aveva in mano un estintore.
Ho insistito metodicamente (c'è chi generosamente ha lodato la mia pazienza): proprio perché le dinamiche appaiono tuttora controverse (mentre sono chiare, se uno approfondisce, e completamente differenti dalla vulgata mediatica), bisogna insistere a parlarne. Bisogna insistere nel decostruire pazientemente la narrazione tossica che fu machiavellicamente confezionata in quei giorni ad uso delle masse per far passare il messaggio che sì, un ragazzo poverino è morto, ma era un facinoroso che aveva assaltato una camionetta, "se l'è andata a cercare".
Proprio questo è il (falso) pilastro argomentativo su cui si fonda la manipolazione sistematica di quei giorni: "si, la Diaz fu una vergogna, una reazione esagerata, la morte di Giuliani invece fu un caso separato, una tragica fatalità, vedete, quel movimento era fatto di giovani teppisti che assaltavano i poliziotti. E ti credo, poi, che scappa il morto".
Rimane, nell'eco spenta dell'opinione pubblica, un ragazzo morto per sbaglio, che comunque se l'era cercata, e una reazione eccessiva delle Forze dell'Ordine.

Eh, del resto, aveva in mano un estintore.
Come se questo giustificasse “la più grande sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale", secondo la celebre definizione di Amnesty International.
Vorrei ricordare che negli ultimi quarant'anni molti politici di spicco, alcuni dei quali sono stati ministri (anche vicini a quel Governo del 2001) o sindaci, all'età di Giuliani tiravano molotov o erano coinvolti in attività politica extraparlamentare, protagonisti degli anni di peggiore violenza politica in Italia.
Alcuni dei politici che oggi fanno la morale ai manifestanti "teppisti", da giovani erano vicini ad ambienti prossimi all'eversione.
Parliamo di pestaggi, spari, bombe. Altro che estintori.
Soprattutto, vale la pena di ricordare come la morte di Giuliani non sia stata causata dallo sparo attribuito a Placanica, ma dal Defender che lo investì subito dopo, senza menzionare il sasso che gli venne schiacciato in faccia per comprovare l'urlo immediato del vicequestore, il quale tentò di attribuire la colpa dell'omicidio a un manifestante.
Ma torniamo al vero grande problema che inquieta le coscienze italiche da tre lustri, il gesto gravissimo e intollerabile: Giuliani aveva un estintore in mano.
Questo dato inoppugnabile viene sempre riproposto come argomento principe, in ricostruzioni ossessive che però ignorano un piccolo dettaglio: non si è trattato di una a tranquilla serata in cui un pazzo esaltato ha assalito con un estintore dei pacifici tutori dell'ordine che, costretti dagli eventi, hanno sparato.
Non è andata così.
C'era un corteo pacifico e autorizzato che è stato caricato all'improvviso dalla polizia, senza ragione. Una carica violenta, indiscriminata e prolungata su manifestanti inermi. Poi, la peculiare struttura urbanistica di Genova ha creato una situazione infernale: migliaia di manifestanti (ripeto, in quel caso pacifici e autorizzati) stretti in un imbuto da due ore, manganellati senza via d'uscita. Un ragazzo, esasperato, ha imbracciato un estintore ed è stato ucciso, centrato da un colpo esploso dall'interno di una camionetta, poi investito. Ancora agonizzante, è stato colpito da una sassata in faccia, data per attribuire la colpa della sua morte ad un altro manifestante a caso.
È fondamentale chiarire questo punto.
La reazione di Giuliani, cioè imbracciare un estintore (vuoto, oltre tutto e parrebbe precedentemente lanciato dalla polizia) dopo che gli è stata puntata una pistola, non nasce durante un selvaggio assalto a dei poliziotti accerchiati. Insisto, insisto come un monaco che recita un mantra; nasce dopo che un corteo pacifico e autorizzato è stato caricato per ore. Mentre chi ha devastato la città è stato lasciato libero di farlo, con i poliziotti a 150 metri che non sono intervenuti. L'unica argomentazione intelligente che si può sostenere per giustificare tale comportamento è la tesi per cui, siccome nella galleria che separava il blocco della polizia dalla manifestazione c'era un problema di ricezione, le Forze dell'Ordine hanno frainteso e hanno caricato il corteo pacifico invece di quello violento.
Nel migliore dei casi, si tratta di un caso di mastodontica disorganizzazione, dalle conseguenze tragiche.
"Si, d'accordo. Però Giuliani aveva in mano un estintore".
Si, è vero.
Dopo due ore che ti menano senza motivo, ti ritrovi davanti una camionetta della polizia, da cui escono insulti, minacce, e una pistola puntata. Trovi un estintore per terra davanti a te.
Io avrei fatto come Carlo.
Forse peggio.
E sono un non-violento, cresciuto con i libri di Gandhi e i discorsi di Martin Luther King.
Ma l'adrenalina, la frustrazione, la rabbia di essere intrappolato mentre ti manganellano per ore, senza motivo, senza preavviso, senza smettere, senza via d'uscita, metterebbero alla prova anche un bonzo.
Forse, anche molti di quelli che oggi , comodamente seduti dietro una tastiera, sentenziano "Eh, ma aveva in mano un estintore", in quella situazione lo avrebbero imbracciato.
Inoltre, di aggressioni alla polizia, molto più gravi e ingiustificate di quella di Giuliani, ce ne sono di continuo, per motivi più futili. Scontri, tumulti, tafferugli di quel genere accadono (purtroppo) molto spesso fuori dagli stadi.
Ora, Giuliani si aveva il passamontagna e aveva in mano un estintore. In generale: un ragazzo in assetto da guerriglia durante una settimana di manifestazioni viene giudicato un teppista terrorista. Ma lui era lì per esprimere un dissenso, anche violento, nei confronti di un Sistema che stava predisponendo una forma di violenza politica assai peggiore (non mi riferisco alla Diaz, ma alle politiche economiche di selvaggio liberismo che stiamo tuttora subendo). 
La sua forma di protesta (discutibile per molti, comprensibile per me) era per il bene collettivo.
Non contro i "negri", gli zingari o contro i tifosi di un'altra squadra di calcio.
Eppure mi pare che CasaPound abbia un palazzo al centro di Roma.
Eppure, non ogni domenica (per fortuna) ci scappa il morto o accadono repressioni violente e indiscriminate come quelle dei giorni successivi.
Se fossimo maliziosi (ma non lo siamo) ipotizzeremmo che si è trattato di un preciso piano strategico per stroncare nel sangue un movimento fastidioso che stava crescendo a dismisura, creare un "morto" controverso da poter additare sui media come uno "che se l'è cercata" (etichetta valida per ogni morte scomoda), ottenendo due effetti: spaventare a morte le nuove generazioni, scoraggiandole dall'andare in piazza; dare in pasto all'opinione pubblica un immagine distorta e calunniosa di comodo di un movimento variegato e non uniforme, in cui c'erano gli anarchici e pure i Papa Boys, le tute bianche e i boy scout.
In tutto ciò, riuscendo a seppellire gli orrori della notte successiva, anzi promuovendo successivamente i responsabili, molti dei quali hanno fatto carriera.
Trovo assurdo e frustrante doverne parlare ancora, dopo 15 anni, dopo documentari, testimonianze, sentenze, foto, dibattiti, citiamo per sintesi solo come da tre anni sia disponibile un'ottima ricostruzione degli eventi di quel giorno, ad opera di Wu Ming (la trovate QUI).
Se fossimo maliziosi (ma non lo siamo) potremmo dire che la morte di Giuliani non è stata un incidente tragico: è stata parte, come una variabile matematicamente prevedibile, di una precisa strategia della tensione.
Se fossimo maliziosi, potremmo pensarla così. Certo, sarebbe veramente uno scenario inquietante.
Ma, per fortuna, noi non cediamo alla malizia.
Fu una tragica fatalità: "Neppure Zeus al suo fato può sfuggire”, si sa dai tempi di Eschilo.
Vorremmo, in conclusione, riportare le parole di Zerocalcare, per sottolineare che "evidentemente Genova non è finita (...) non solo –ma basterebbe quello- perché ci sta ancora una persona in galera a 15 anni di distanza dai fatti (...) mentre altri venivano promossi e facevano carriera, ma perché è la controparte e pezzi dei suoi apparati che continuano a fare una guerra accanita e che sulla narrazione di quelle giornate non vogliono mollare di un centimetro (...) è dal 21 luglio 2001 che litighiamo su quanto è successo a Genova (...) Però forse vale la pena continuare" (aggiungo io) a raccontare, a cercare verità, a pretendere giustizia.
L'avevamo scritto anche noi, sul sito de Il Fatto Quotidiano QUI, parlando del bellissimo di Happy Diaz di Massimo Palma, che Genova 2001 non è mai finita.
Massimo Palma tra Giuliano ed Haidi Giuliani, nella Scuola Diaz, 15 anni dopo
Da una parte abbiamo un ragazzo di vent'anni che è andato col passamontagna a una manifestazione per esprimere (in maniera per molti discutibile) il suo dissenso contro un sistema iniquo.
Dall'altro esponenti delle Forze dell'Ordine (ovviamente non tutti, ci sono molti esponenti che hanno preso subito la distanze dalla mattanza di quei giorni e la considerano una macchia indelebile), preposte alla difesa dei cittadini che, secondo un'inchiesta del Guardian, non di Lotta Comunista, che trovate QUI, hanno: sparato, torturato, manganellato persone che dormivano nel sacco a pelo, minacciato di stupro giovani ragazze dopo averle prese a calci e costrette nude con la testa nel water, rifiutato cure a malati gravi, urinato addosso ai feriti sanguinanti, reso persone paraplegiche a forza di botte, preso a calci chi non inneggiava a Hitler e Pinochet.


Però, Giuliani aveva in mano un estintore.

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