giovedì 11 dicembre 2014

66 Demonietti - di Michele Hiki Falcone


Il Demone del Nulla
Ora che l'ultima illustrazione è stata pubblicata, che l'ultima pietra della cattedrale è stata posta, posso finalmente parlarvene.
Poche cose, negli ultimi tempi, mi hanno colpito come la serie di illustrazioni di Michele Hiki Falcone intitolata 66 demonietti.
Per chi, come me, è allergico a qualsiasi compiacimento satanico d'accatto, e usa i testi e le immagini del pagliaccio Crowley come emetico, tema e referenze numerologiche non erano il più seducente dei biglietti da visita.
Eppure, al primo sguardo, ho visto pulsare, tra le pieghe del segno di Hiki, il battito della ricerca, ho udito, osservando in tralìce, l'urlo strozzato di una tensione gnostica.
Ho compreso subito che non si trattava di un manualetto per imbecilli in vena di facile blasfemie.
Ho sentito che dietro l'elencazione dettagliata dei diversi volti del Maligno non c'era la sciocca celebrazione del negativo, bensì l'urgenza di dare forma ai propri demoni, per esorcizzarli tramite il controllo artistico.
Ho visto la sua visione, ho percepito la sua sofferenza, ho scrutato le sue piaghe interiori, le ferite della sua anima, il cui balsamo inebriante è il succo vitale di una ricerca inquieta.
Ho capito insomma che la sua testimonianza alzava al cielo lo scettro della vera arte: era autentica.

Il Demone del Tradimento

Hiki ha guardato in faccia ognuno di questi demoni da vicino.

Il Demone della Violenza
Giocando con le dotte parole di derivazione greca, dalla catabasi è giunto alla catarsi,
La fascinazione maggiore è stata rappresentata, come sempre, da un paradosso: come all'interno immagini a prima vista minuscole si possa celare l'abisso di una riflessione esistenziale, l'oceano di esperienza che tempra l'uomo alla fiamma della sofferenza per restituire alchemicamente ad ognuno il proprio dolore sotto forma di sapienza.

Il Demone della Depressione
Dunque, tale è il potere contagioso dell'arte, mi ha spontaneamente mosso a commentare ognuna di queste immagini. La sua introspezione grafica mi ha imposto una mia pubblica introspezione letteraria.
Primo immediato, supremo riferimento sono state per me Le lettere di Berlicche di C.S.Lewis, uno dei libri più geniali del Novecento. Un paradossale resoconto immaginario dell'apprendistato di un giovane demonietto: una sorta di vademecum della possessione, in cui un demone adulto, veterano, dispensa i suoi consigli al giovane collega su come tentare le sue vittime, rivelando in questo modo una introspezione feroce e severissima, pur sfumata dal dono di un umorismo sapienziale.
Dunque (ecco il mio delirio), partendo da una citazione, colta o ironica, di un autore famoso (dalla filosofia al cinema alla musica) sulla qualità demoniaca illustrata, avrei potuto offrire una meditazione intellettuale a corredo dell'immagine.
Sono mesi che vi penso, che nelle pause tra i rocamboleschi spostamenti quotidiani, sulle rive dei mille rivoli della mia creatività, al termine di un articolo o nel mezzo di una meditazione, m'assediano intuizioni, giochi di parole, riferimenti, calembour o confessioni, ispirate dalle illustrazioni, insieme scarne e barocche, di Hiki.
Ora basta.
È tempo di iniziare l'opera.

Michele Hiki Falcone, al termine dell'opera



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