martedì 5 gennaio 2016

FULMICOTONE di Virginia Bettinelli - Una sinfonia punk


Confesso, nel caso di questo libro, un peculiare attaccamento, un profondo legame che mi rende un osservatore tutt'altro che imparziale nei confronti dell'opera.
Questa lettura, in vero, mi si è imposta come un'agnizione improvvisa, che manterrò segreta, un riconciliamento imprevisto con le proprie radici disseppellite, un'esperienza di feroce introspezione, non dissimile, oserei dire imparentata, con il percorso autoterapico che l'autrice attraversa nel libro.
O che, per meglio dire, è il libro stesso.
Ecco, dunque, le mie più che partigiane considerazioni.
Buona Lettura!


Per Fulmicotone s'intende un composto chimico altamente infiammabile, dalle devastanti potenzialità esplosive.
Un titolo quanto mai adeguato per questo libro violento, ardente, vorace, ostico eppure scorrevole, urtante quanto seducente, in grado di destare nel lettore un'empatia forte fino all'assuefazione.
Con grande umiltà, l'autrice si inchina nelle prime righe ai maestri irraggiungibili Kafka e Rimbaud: ampie tracce dei due giganti si ritrovano nell'infuocato flusso di coscienza di Virginia Bettinelli (QUI trovate una breve intervista all'autrice); dell'oscuro genio praghese lo sguardo visionario, da incubo mai interrotto, sulla realtà; del prodigioso adolescente francese, santo protettore dei folli poetanti, l'oltraggio, la rabbia, il dono della trasfigurazione estetica dell'orrore quotidiano.
In Fulmicotone, difatti, assistiamo a scene degne della fantasia di David Lynch: labirinti di paranoia, momenti di pura tensione horror, abissi di introspezione crudele fino ad essere deformante.
In altri momenti, sembra di essere immersi in una versione nostrana di Christiane F.- Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino: pagine crude, spietate, calci nello stomaco al lettore.
Sferrati, di sinistro, da Sinisa Mihajlovic. Quello del 1998.
Altri luoghi del libro evocano i classici della letteratura beat, i deliranti monologhi filosofici di Kerouac, le visioni infernali di Burroughs, l'oscenità fiera e traboccante dei poemi di Ginsberg.
In generale, il vortice di avventure rocambolesche, brucianti delusioni, fugaci apparizioni di grotteschi personaggi, tremende umiliazioni psicologiche, oasi di ristoro interiore, violenze schizofreniche, esplosioni di sensualità, soffocanti nodi sadomasochistici, torture mentali e liberazioni improvvise rende il libro una travolgente sinfonia punk.
Non c'è che dire: l'autrice ha una traboccante, caleidoscopica fantasia.

C'è solo un dettaglio, che da critico desidererei non sfuggisse al lettore...

È.
Tutto.
Vero.

Nulla di ciò che viene raccontato nel libro è frutto d'invenzione.
Nessuna esagerazione estetizzante, nessuna deformazione letteraria, nessun aggiustamento romanzesco.
Questa è la grande, coinvolgente potenza di Fulmicotone: un'irriducibile autenticità.
Un libro che spesso sacrifica all'autenticità la coesione formale, una gestione magari più ragionata del racconto, un pudore che viene sistematicamente stracciato nella precisione da entomologo con cui si restituisce il tumulto interiore, la cecità della furia, la scientificità icastica del turpiloquio.
Un libro che non teme ingenuità, screziature, cambi subitanei di velocità, ritmo, atmosfera, stile, prospettiva.
Un libro che potrebbe risultare confuso, disomogeneo, ostinatamente sbagliato.
E che proprio in questo trova la sua vulcanica bellezza.
Il valore dell'esperimento della Bettinelli è proprio nell'assoluta libertà stilistica, nel fregarsene altamente di convenzioni, stilemi, ammiccamenti, opportunità.
Una grande seduta di autoterapia, scandita dai riff ossessivi dei Led Zeppelin e guidata dalla calda voce di Mark Lanegan.

Un libro che rigetta in faccia al lettore tutto lo squallore acido dell'esistenza, eppure lo lascia, al chiudere dell'ultima pagina, con un'inebriante gioia di vivere.
E con una ilare, irrefrenabile, appagante commozione.




P.S.
Potete contattare l'autrice a QUESTA pagina.
Potete trovare l'e-book QUI

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