Quando nei primi giorni di Liceo incontrai per la prima volta un ragazzino geniale e, all'epoca, capellone, destinato a diventare un fratello acquisito (Lorenzo Ceccotti), indossare una maglietta di Lobo, non avrei certo immaginato di ritrovarmi vent'anni dopo a discettare di Storia della Chiesa e dell'Archetipo della Grande Madre con l'inventore di quel personaggio violento e oltraggioso.
Durante il Comicon di Napoli, grazie alla cortesia di Alessio Danesi, ho avuto la possibilità di incontrare in carne e ossa, allo stand della RW Lion , un uomo che nella mia mente apparteneva al mondo dei sogni e degli eroi: Simon Bisley.
Un nome che, nelle irrequiete battaglie dialettiche dell'adolescenza, usciva fuori come una bandiera, come un codice di riconoscimento, un segnale d'intesa fra iniziati del fumetto.
Bisley è un vulcano ambulante, un terremoto che si sposta imprevedibilmente per gli androni di fiere e alberghi, col passo incerto e pesante di chi è sostanzialmente perennemente ebbro.
Durante la consueta festa serale, nell'esaltazione del ballo pogo, viene messo al tappeto involontariamente da Daniele Gud Bonomo.
Le ripercussioni simboliche di tale gesto sono di per loro evidenti.
Gud mette al tappeto Lobo.
Come dice Bob Marley, citando un discorso di Hailé Selassié: "We are confident in the Victory of Good over Evil".
(C'è una foto che documenta l'abbraccio fra i due, i miei segugi la stanno scovando).
Ma torniamo all'incontro con Bisley.
Camicia a quadrettoni grunge, che potrebbe anche essere da Redneck, sguardo penetrante quasi minaccioso, un sorriso da bambino felice che fa da contraltare alla corpulenza solida e al proverbiale temperamento incandescente.
La sua voce, cavernosa e potente come quella di un Tom Waits reinventatosi tenore, prorompe in un inglese quasi incomprensible, un argot anglosassone, da contadino coltissimo, ritmato dagli accenti regolari di un turpiloquio vivace e perentorio.
Lo incontro accanto a Riccardo Corbò, col quale ci alterniamo nelle domande (quella sul revisionismo è sua!), nel nostro inglese insieme tecnico e imperfetto.
La conversazione, quando la si riascolta, sembra sia occorsa tra Chico Marx, Carlo Croccolo e Howlin' Wolf.
Bisley è assediato dai fan, si scusa dicendo che ha da fare con un imbecille, io gli dico "Ma ce l'hai con me o con lui?", lui dice "Lui! Ma anche tu!", scoppia a ridere e poi dice "Pure io sono proprio un imbecille", e in un crescendo di compassione schopenhaueriana: "Siamo tutti una massa di imbecilli".
In realtà, il termine è quello usato da Guccini in una celebre strofa di Canzone quasi d'amore
Quando inizia a parlare è il classico fiume in piena, a nulla valgono i segnali per farlo smettere, vista la fila ormai ingestibile dei fan accorsi per una dedica, lui vuole finire il suo ragionamento.
La sera, quando lo reincontro nel suo albergo, mi dà una pacca sulla spalla che a momenti mi ritrovo nella piscina del cortile interno, mi guarda negli occhi ripensando all'intervista e dice: "That was fuckin' fantastic, man!"
La sua consueta esuberanza? Ai posteri l'ardua sentenza...
Giudicate voi, leggendola QUI
Buona Lettura!
P.S.
I miei abili segugi hanno recuperato lo scatto dell'Eterna Lotta tra il Bene (Daniele Bonomo) e il Male (Simon Bisley)...
Durante il Comicon di Napoli, grazie alla cortesia di Alessio Danesi, ho avuto la possibilità di incontrare in carne e ossa, allo stand della RW Lion , un uomo che nella mia mente apparteneva al mondo dei sogni e degli eroi: Simon Bisley.
Un nome che, nelle irrequiete battaglie dialettiche dell'adolescenza, usciva fuori come una bandiera, come un codice di riconoscimento, un segnale d'intesa fra iniziati del fumetto.
Bisley è un vulcano ambulante, un terremoto che si sposta imprevedibilmente per gli androni di fiere e alberghi, col passo incerto e pesante di chi è sostanzialmente perennemente ebbro.
Durante la consueta festa serale, nell'esaltazione del ballo pogo, viene messo al tappeto involontariamente da Daniele Gud Bonomo.
Le ripercussioni simboliche di tale gesto sono di per loro evidenti.
Gud mette al tappeto Lobo.
Come dice Bob Marley, citando un discorso di Hailé Selassié: "We are confident in the Victory of Good over Evil".
(C'è una foto che documenta l'abbraccio fra i due, i miei segugi la stanno scovando).
Ma torniamo all'incontro con Bisley.
Camicia a quadrettoni grunge, che potrebbe anche essere da Redneck, sguardo penetrante quasi minaccioso, un sorriso da bambino felice che fa da contraltare alla corpulenza solida e al proverbiale temperamento incandescente.
La sua voce, cavernosa e potente come quella di un Tom Waits reinventatosi tenore, prorompe in un inglese quasi incomprensible, un argot anglosassone, da contadino coltissimo, ritmato dagli accenti regolari di un turpiloquio vivace e perentorio.
Lo incontro accanto a Riccardo Corbò, col quale ci alterniamo nelle domande (quella sul revisionismo è sua!), nel nostro inglese insieme tecnico e imperfetto.
La conversazione, quando la si riascolta, sembra sia occorsa tra Chico Marx, Carlo Croccolo e Howlin' Wolf.
Bisley è assediato dai fan, si scusa dicendo che ha da fare con un imbecille, io gli dico "Ma ce l'hai con me o con lui?", lui dice "Lui! Ma anche tu!", scoppia a ridere e poi dice "Pure io sono proprio un imbecille", e in un crescendo di compassione schopenhaueriana: "Siamo tutti una massa di imbecilli".
In realtà, il termine è quello usato da Guccini in una celebre strofa di Canzone quasi d'amore
Quando inizia a parlare è il classico fiume in piena, a nulla valgono i segnali per farlo smettere, vista la fila ormai ingestibile dei fan accorsi per una dedica, lui vuole finire il suo ragionamento.
La sera, quando lo reincontro nel suo albergo, mi dà una pacca sulla spalla che a momenti mi ritrovo nella piscina del cortile interno, mi guarda negli occhi ripensando all'intervista e dice: "That was fuckin' fantastic, man!"
La sua consueta esuberanza? Ai posteri l'ardua sentenza...
Giudicate voi, leggendola QUI
Buona Lettura!
P.S.
I miei abili segugi hanno recuperato lo scatto dell'Eterna Lotta tra il Bene (Daniele Bonomo) e il Male (Simon Bisley)...