Uno dei rischi, quando si apre un blog, è quello di riempirlo di tutte le cose che ci piacciono e che sentiamo di conoscere abbastanza da poter dire qualcosa di sensato a riguardo.
Questo, naturalmente, porta in dote entusiasmo, passione e magari una discreta competenza, rendendo le nostre considerazioni interessanti o quantomeno non del tutto irritanti a chi condivide i nostri stessi interessi.
Ma, a lungo andare, ciò che inizialmente appare come una ricchezza peculiare potrebbe tramutarsi in un limite soffocante.
Per cui ho deciso di vivacizzare un pò i contenuti di questo mio diario virtuale, andando ad esplorare qualcosa che conosco pochissimo (in questo caso, una forma di teatro-danza popolare sudamericana) unita a qualcos'altro che non mi seduce per nulla (l'arte contemporanea).
L'occasione me
l'ha data Laura Cionci, artista
davvero poliedrica, reduce da una lunga e felice permanenza artistica in
Argentina ed Uruguay, ma in primo luogo romana fino al midollo: un'esplosione
mercuriale di idee, progetti, intuizioni.
Un ponte
vivente tra culture apparentemente distanti.
Laura è tra le
massime esperte e praticanti in Italia di Murga,
una sorta di coloratissimo e vivace teatro di strada, dalle origini spagnole e
dall'ispirazione potentemente satirica.
La mia prima,
pregiudiziale reazione di fronte a simili manifestazioni artistiche è molto
simile a quella dei vecchietti milanesi del video di "Parco Sempione" di Elio e le storie tese (per chi non avesse avuto il piacere li
trova QUI a 2.26). Ma visto che questo blog invita a spezzare i
limiti imposti della nostra mente, sarebbe ben sciocco e ipocrita esercizio da
parte dell'autore assecondare i propri pregiudizi.
E cosi ho
scoperto un mondo non solo traboccante di ritmo, cromatismi e brillanti arguzie, ma
anche di illuminanti riferimenti culturali.
Infatti, le
origini della Murga sono
particolarmente interessanti e sorprendentemente italiane, specificamente
romane. Le radici, come vedremo, affondano nel significato più profondo del Carnevale, che altro non è che la versione
cattolica (ormai depauperata di qualsiasi valore simbolico) delle antiche Dionisie: momento di capovolgimento delle
gerarchie sociali, propizio iniziaticamente al ritorno dell'armonia.
Se gli
intellettuali dovessero storcere il naso di fronte a certe manifestazioni di
creatività popolare, gli ricorderei come il momento di svolta della visione
filosofica di Antonin Artaud
avvenne nel 1931, quand'egli potette assistere ad un'esibizione di teatro balinese, nel quale trovò
l'applicazione primordiale delle sue intuizioni sul teatro, " il senso
di un nuovo linguaggio fisico basato su segni e non più su parole".
Facciamoci dunque guidare da Laura Cionci
(trovate le
sue opere QUI) alla scoperta di
questa forma d'arte, da noi ancora poco conosciuta:
CONTE ZARGANENKO - Assistendo ad ad una performance di Murga il primo impatto è quello di essere
investiti da tantissima energia, storditi da una confusione gioiosa. Ma in
realtà dietro questo caos funambolico, apparentemente improvvisato, c’è una
grande disciplina.
LAURA CIONCI - C’è un complesso
intreccio di storia e cultura. Un aspetto interessante è che la Murga qui non è molto conosciuta, perché
parte di una cultura sudamericana, però ha radici anche mediterraneee,
italiane, in particolare romane.
CZ -Chiariamo dunque: il concetto
di Murga non è limitato solo alla
danza, ma è una una sorta di filosofia della vita o visione del mondo.
LC - Esatto. E’ quello, è l’essenza
della Murga ciò che mi interessa,
al di là delle nozioni che uno può acquisire, ciò che mi interessa al di là
dell’iter storico-cronologico, come è nata, come si è sviluppata, le varie
influenze...
CZ- D'accordo, però
ricostruiamo una traccia storica...
LC - La Murga si sviluppa in
vari paesi. La più celebre è quella uruguayana.
Si è sviluppata anche in Argentina, ma sono stati due
modi diversi di svilupparsi. E la Murga,
in realtà nasce in Spagna...
CZ - Letteralmente cosa vuol dire Murga?
LC - Nel dizionario Murga indica
un gruppo di gente che si unisce per fare confusione: il caos! E' presente infatti anche nel vernacolo come
espressione popolare (Murgòn= casino, "Que murgòn estàs haciendo?!").
Le origini sono indefinite. Storicamente possiamo riassumere cosi: dalla Spagna
arriva in Uruguay un gruppo di teatranti di strada che non potendo tornare in
Spagna, perché non avevano soldi, creano questa forma di espressione. Le radici
sono ricchissime e intrecciate da varie influenze. Gli stessi strumenti vengono
da regioni diverse del Mediterraneo, ad il piattino del bombo (uno strumento
che è solo della Murga porteña,
quella di Buenos Aires) si dice che provenga dalla Turchia. L'impronta spagnola
si è stabilizzata nella Murga
uruguayana: una banda che canta, con dei musicisti fissi. Lo scopo è diretto:
comunicare attraverso il canto informazioni importantissime a livello sociale,
politico e culturale.
CZ - Quindi tematiche vive ardenti,
puntuali..
LC - Legate alle difficoltà quotidiane delle persone senza casa o senza
lavoro...quelle che, per farlo intendere qui in Europa, si cercano di riunire
nei centri sociali. Ma in Sudamerica è fondamentale l'unione tra le persone dal
vivo, per strada...
CZ - C'è un brano di Gaber
che esprime questo concetto..."c'è solo la strada sui cui puoi contare/ la
strada è l'unica salvezza"...
Fondamentalmente
è lo spirito originario del Carnevale, ma qui se uno dice Carnevale pensa a
Venezia, alle maschere,
CZ - ...A Rondò Veneziano...o ai tanga ipnotici di Rio de Janeiro...
LC- Liberandoci però dagli stereotipi è questo il senso originario...
CZ -... un momento di rovesciamento delle convenzione.,
LC - Esatto, l’elemento popolare che ha la meglio sul Potere.
CZ- Prima hai accennato che la Murga è un mezzo di comunicazione artistica per esprimere problematiche sociali. In quale modo esattamente, attraverso i testi dei canti si quali si danza, o attraverso i significati del gesto?
LC - Entrambi gli aspetti. Per
chiarire possiamo dividere schematicamente in due forme principali di Murga: la Murga
uruguayana e la Murga porteña.
Hanno molte cose in comune, ma storicamente sono ben distinte.
La Murga uruguayana
ha una struttura complessa: 15 persone che cantano, divise per sezioni, con un
direttore del coro, 3 musicisti, elaborati arrangiamenti musicali. Tecnicamente
ecco come si struttura: prendono una canzone molto conosciuta, per cui il pubblico
già conosce la melodia, e ne riscrivono il testo con un forte connotato
satirico. Si tratta sempre di qualcosa contro il Potere, un commento satirico
dell’attualità, di ciò che è accaduto anche a livello internazionale.
In Argentina, la derivazione uruguagia ha cambiato
forma, mescolandosi al carnevale italiano. Addirittura il musicologo Coco Romero, uno dei più grandi studiosi di
Murga, ha ritrovato radici in
alcuni elementi del carnevale romano (ad esempio come vedremo, l'utilizzo della parola "Corso", ma date le origini degli argentini sono molte le influenze italiane).
CZ - Come le contrade del Palio di Siena…
LC - In un certo senso...Ogni
quartiere invita i quartieri amici nel loro quartiere a fare il
carnevale…dunque in 500 metri c’è una sfilata di una Murga diversa, per tutta la notte…Questa tipologia di festa è
chiamata Corso è deriva proprio da
Via del Corso a Roma, dove facevano la sfilata di carnevale…
CZ - Che poi il nome nasce perché
in quell’occasione lì si tenevano le corse dei cavalli…
LC - Da lì prendono il corso le le
murghe che sfilano in ogni settore (quartiere) specifico. E qui si instaurano
gli scambi dialettici ispirati alle rivalità fra murghe scambi dialettici,
CZ- ...divertente questa
dimensione, una mentalità da "Guerrieri
della Notte" in versione artistica. Quanto è importante lo
scambio dialettico, lo sberleffo?
LC -...se non ci fosse questo aspetto non ci sarebbero le murghe.
CZ- In Italia come viene vissuto lo
spirito della Murga?
LC - In italia ha uno stampo
sociale politico connotato. Le Murghe appoggiano manifestazioni, nascono spesso
in centri sociali. La seconda Murga, la Malamurga (che quest'anno compie 10 anni),
è nata durante il periodo della guerra in Iraq, dall'esigenza di manifestare in modo
diverso, superando i vecchi schemi che non davano alcun risultato. Io sono nata nella Malamurga, e poi 4 anni fa ho fondato con alcuni murgheri della murga "Los Adquines de Spartaco", Murga del Quadraro, quartiere della Resistenza.
CZ- Quanto è diffusa la Murga nei paesi che hai visitato?
LC - Già nel 2004 a Buenos Aires, c'era
più di una Murga per ogni quartiere. Ogni quartiere
dovrebbe avere un movimento del genere, poichè ogni quartiere ha la sua storia,
la sua identità. Ogni quartiere ha una sua Murga storica che raccoglie le persone del quartiere: anche le
mamme bambini, i nonni, tutti fanno qualcosa, hanno un ruolo, seppur
minimo...cento, duecento persone che si riuniscono...
CZ - Una sorta di antenato nobile
del flash-mob...
LC - Molto interessante come
definizione..in Argentina c'è un forte riconoscimento culturale, il governo
finanzia concorsi, ma c'è sempre in agguato una volgarizzazione folcloristica
che svuota il tutto di significato.
CZ- Se nella Murga uruguayana il messaggio è affidato al
canto, attraverso le parodie satiriche di canzoni popolari, in quella porteña
come si esprime il messaggio?
LC - Innanzitutto, anche nella
Murga porteña sono presenti canzone di protesta. Ma poi lo spettacolo è
introdotto da una "glosa", una introduzione che spiega i contenuti e
i contenuti della Murga...
CZ - Una sorta di prologo da fool
shakesperiano...le coreografie come vengono elaborate, ci sono delle forme
stabili classiche, o vengono elaborate volta per volta?
LC - Non parlerei di coreografie.
C'è una base di movimenti standard, ma fondamentalmente si tratta di un ballo
di strada. Ha origine da danze africane, ma all'interno si ritrovano numerose
forme di ballo sudamericane: dalla salsa alla cumbìa acrobatica, passando per
il tango. Su questa già fertile base, volta per volta ballerini e musicisti
importanti hanno lasciato il segno della loro personalità, contribuendo a
plasmare la Murga come la conosciamo oggi.
CZ- Quando è esploso il fenomeno della Murga in Sudamerica?
CZ- Quando è esploso il fenomeno della Murga in Sudamerica?
LC - In Argentina negli ultimi 10/15 anni. Negli anni della dittatura è stata quasi completamente repressa. In Uruguay, la tradizione è più antica e definita. Si è creata proprio una dimensione accademica. Anche perchè, non è molto rinomato, ma in Uruguay c'è il carnevale più lungo del mondo. In quei giorni è l'attrazione principale: ci sono concorsi, selezioni, preselezioni. Ci sono canali televisivi con la moviola di ogni spettacolo, come da noi per i Mondiali di calcio. Dovunque, per la città ci sono i "tablados", teatri dove si può assistere spettacoli "in progress". Al Teatro del Verano c'è l'apoteosi della Murga. Dal teatro partono vere e proprie parate, con un tempo specifico 45 minuti, che culminano nell'abolizione della distanza tra palco e platea: gli artisti scendono dal palco e camminano cantando fin dentro gli spalti. La Murga uruguayana non balla, è un vero spettacolo, una sorta di musical, con veri e propri sketch al suo interno. Il ruolo fondamentale lo ha il canto, ma la struttura è molto complessa: rapidi cambi di vestiti e trucco, un'altissima professionalità viene messa in campo. C'è una giuria per le voci, una per il trucco, una per i costumi...
CZ - Come ai Grammy Awards...invece
nella Murga porteña come si giunge
a creare una nuova, per intenderci, coreografia?
LC- C'è una struttura di passi-base
e di momenti-base, su cui poi ogni Murga
innesta il proprio stile. Ad esempio cruciale è il momento della
"matanza": i ballerini si pongono in cerchio e, se c'è connessione,
inizia un'improvvisazione basata sulla semplice intesa di sguardi.
CZ - Puoi parlarci brevemente delle
tre fasi della "matanza"?
LC- Ci sono fondamentalmente tre
tempi: la rumba, i tre salti e la linea.
La rumba rappresenta lo schiavo in catene, è un ballo
stretto, chiuso, per l'appunto "legato". i "tre salti"
rappresentano la liberazione dalle catene, e la linea è il ballo della
liberazione.
CZ - Beh, è palesemente un simbolo
iniziatico.
LC - Si, il significato della
"matanza" sta nella figura della vittima sacrificale che viene posta
al centro e poi risorge, come ha sottolineato Coco
Romero. Il ballo della liberazione è il momento in cui il ballerino
esprime tutte le sue potenzialità, le mosse più acrobatiche, deve rappresentare
la più completa libertà fisica.
CZ - Mi viene in mente uno dei miei
riferimenti prediletti, il duende di Garcìa
Lorca: "Il duende
può comparire in tutte le arti, ma dove lo si trova con maggiore facilità,
com’è naturale, è nella musica, nella danza e nella poesia recitata, giacché
queste necessitano di un corpo vivo che le interpreti, poiché sono forme che
nascono e muoiono di continuo ed elevano i propri contorni su di un preciso
presente. " (come già ricordato da Moira Chiavarini QUI)
LC- Si, anche se quello è un discorso più individuale, questa è una
dimensione collettiva.
Il culmine di tutto il ballo è la sfilata, il canto
della liberazione.
CZ- I costumi hanno colori
sgargianti e vivaci. Hanno una valenza simbolica?
LC - Le maschere corrispondono a delle maschere allegoriche. I colori molto
forti nascono originariamente dall'esigenza di farsi vedere da lontano, dal
pubblico. Da qui anche l'esasperazione nel trucco della bocca e degli occhi,
per amplificare le espressioni. Ognuno ovviamente poi aggiunge il proprio
modello, il proprio stile, la propria energia.
La cosa
difficile è estrarre il concetto, la forza, il senso universale della murga,
senza scadere nel didascalico. Scrissi un articolo per una rivista di
psicanalisi sulla "maschera che smaschera".
CZ - il famoso gioco su ri-velare
come velare due volte..
LC - Esatto. Non ti copri ma scopri
di più se ti dipingi il volto.
CZ- Mi viene in mente il mio amato Dylan, che durante
i concerti storici della Rolling Thunder
Revue si truccò il volto affinchè
potesse essere visto di più...e naturalmente, questa esigenza pratica, portò a
una soluzione che realizzata da un artista iconico come Dylan portò con sè una serie imprevedibile
di significati...
LC- Infatti, il trucco è qualcosa che utilizzi perchè vuoi comunicare di più.
Ora, in Uruguay è stata professionalizzata la figura del truccatore, prima i
murgheri si truccavano da soli. Il momento in cui io mi trucco, poi qualcuno ti
trucca e tu trucchi qualcuno a tua volta, è un percorso diverso...
CZ - "Il trucco è meditazione" diceva Carmelo Bene, ne "Il Principe cestinato", citando in realtà un altro attore...
LC - Ad esempio, questa mia opera, "Carnevalma" può essere intesa
nel suo messaggio sociale, ma ha un suo aspetto spirituale più interiore.
CZ – Ci sono differenze di stile e approccio tra le varie Murghe?
LC - Nel momento in cui ti comunicano una cosa come gruppo, ogni Murga ha un proprio stile. Alcune hanno una ispirazione più sentimentale, introspettiva. Temi di intima poesia come gli anziani, il bambino della fine del mondo etc… ad esempio la mia Murga preferita, “Agarrate Catalina” (espressione popolare che potremmo tradurre con il nostro “Porca Miseria!”, trovate un loro spettacolo QUI) hanno invece attaccato satiricamente una legge in Uruguay che concedeva la maggiore età a 16 anni. Inizialmente, può sembrare una concessione democratica, un’apertura di diritti, ma in realtà era solo un escamotage per mettere più facilmente in galera i ragazzi di sedici anni.
CZ – Ci sono differenze di stile e approccio tra le varie Murghe?
LC - Nel momento in cui ti comunicano una cosa come gruppo, ogni Murga ha un proprio stile. Alcune hanno una ispirazione più sentimentale, introspettiva. Temi di intima poesia come gli anziani, il bambino della fine del mondo etc… ad esempio la mia Murga preferita, “Agarrate Catalina” (espressione popolare che potremmo tradurre con il nostro “Porca Miseria!”, trovate un loro spettacolo QUI) hanno invece attaccato satiricamente una legge in Uruguay che concedeva la maggiore età a 16 anni. Inizialmente, può sembrare una concessione democratica, un’apertura di diritti, ma in realtà era solo un escamotage per mettere più facilmente in galera i ragazzi di sedici anni.
Tutte le
Murghe hanno affrontato il tema in maniera riflessiva, loro attraverso
l’ironia. Nello spettacolo partono solenni, ma poi esplode il ringraziamento al politico
che ha creato la legge, perché in questo modo diventa legale fare tante cose
che prima non si potevano fare, come il sesso ad esempio…quindi c’è il
rovesciamento parodistico e il paradossale ringraziamento.
CZ- Passiamo ora a parlare delle tue opere, come porti nell'arte
contemporanea lo spirito della Murga?
LC- Tornando a Montevideo, dalla
Colombia, ho lavorato al progetto “ABRACADABRA” , che parte da una
linea murghera. Nasce da un proseguimento del progetto "Carnevalma". M’interessava il rapporto tra parola e realtà,
tra parola e volontà. In una società che si fonda sull’impossibilità di
soddisfare i desideri, “ABRACADABRA” è una parola con la quale tu puoi avere tutto ciò che
vuoi nel momento esatto in cui la proferisci.
CZ - Tu vuoi mostrare la gioia
della soddisfazione o l’illusorietà del desiderio che svanisce?
LC - M’interessava cogliere il
momento in cui sta per avverarsi il tuo desiderio, si sta realizzando ciò che
vuoi di più…lo stupore che ti invade mentre aspetti che si manifesti ciò che
desideri…non sai che cosa c’è dopo…il momento della felicità…e dopo un secondo
non si è più contenti…ovviamente utilizzando i brillantini d’oro del trucco,
l’interpretazione vira più sulla seconda opzione che hai indicato, la vanità
dell’illusione…
CZ- Un tema felliniano…al di là del
trucco che rimanda ovviamente al circo, ma tutta “La dolce vita” è una riflessione sulla vanità dei desideri…
LC – Non a caso, per tutto il
viaggio avevo compagno un libro “Fare un film di Fellini”…mi ha scoperchiato il cervello! Collegato a Fellini c’è un mio video “InVita”, che è stato selezionato in un Festival
internazionale a Buenos Aires su 500 video. E’ stato presentato anche a
Montevideo, ma è ancora inedito in italiana.Un video sull’occupazione di
Cinecittà del luglio 2012, per protestare contro l’annunciata distruzione dei
padiglioni di Fellini per
costruire una Spa per americani con 6 mila parcheggi!!!
CZ- Sarebbe come fare una sala Bingo nel Pantheon
..parliamo ora di questa tua mostra a Sala1 a Roma.
LC- Si, fino al 13 Aprile, dalle 16.30 alle 19.30. Nata dall’intuizione della
curatrice, Emanuela Termine, “Exodus” è una mostra che unisce 5 artiste, per
caso tutte donne, che oltre a me hanno lavorato per lungo tempo in paesi
stranieri (Sara
Basta, Elena
Bellantoni, Mariana Ferratto e Dunia Mauro). In questa mostra di esiliate, io ero l’unica in esilio anche il giorno
dell’inaugurazione. C’era infatti l’inaugurazione di “ABRACADABRA” a Montevideo nello stesso giorno. Per cui
accanto alla mia installazione c’era una postazione Internet, io ero
costantemente connessa, chiunque poteva venire e chiedermi qualsiasi cosa, io
rispondevo con immagini istantanee della città di Montevideo. L’aspetto
interessante è che io avevo scattato queste foto, ad ognuna delle quali avevo
dato un titolo, in precedenza, e ad ogni domanda rispondevo col titolo perfetto
di ciascuna opera...
CZ –
Da cosa nasce il titolo: “Non è tutto loro quel che luccica”?
LC – Al di là del discorso sull’illusione che abbiamo già affrontato prima,
stando all’estero mi sono reso conto della visione deformata che hanno
dell’Italia, dello stereotipo del Bel Paese, dei monumenti, della cultura…è un
tema che già avevo affrontato in una grande mostra chiamata “Colorem habet substantia vera alteram” (“Ha un’apparenza, la sostanza reale è un’altra”). Una
mostra all’interno della Facoltà di Giurisprudenza di Buenos Aires, con
colonne immense, statue colossali che rappresentano il Professore e lo
Studente, uno spazio chilometrico impossibile da riempire e che quindi ti
costringeva ad un’opera iper-concettuale. Quindi ho
realizzato queste opere ispirate ai luoghi storici romani, con una tecnica
interessante: girando il foglio dopo il disegno, creando quindi un effetto
incisione. Di giorno dunque apparivano tutti fogli bianchi, di sera con
l’illuminazione radente affiorava l’opera. Era per mostrare che al di là della
sostanza paesaggistica, non è rimasto più nulla…
CZ – Il simulacro, l’ombra di una gloria che è svanita...
LC – E davanti alla Bocca della Verità ho messo centinaia di
mani giunte in cera sottile, simbolo quindi d’una speranza assolutamente
precaria. Le ho ottenute tramite una lavorazione particolare: immergendo le
mani nella cera liquida bollente (un dolore inverecondo!), non potendo muoverle
altrimenti le spezzerei nel loro formarsi, poi aspettando che si raffreddi e si
stacchi lo stampo. Uno strato sottilissimo, che si rompe facilmente.
CZ- Poi il gesto delle mani giunte
è antichissimo, il famoso“Namastè”, un gesto universale di raccoglimento,
preghiera, speranza…
LC – Infatti, volevo proprio
comunicare la potenza del gesto in contrasto all’effimerità del materiale.
Inoltre, le mani di cera erano dappertutto, per cui la gente ci camminava
sopra…l’effetto sonoro era davvero simile a quello delle ossa rotte, perché
creano all’interno cassa di risonanza…e il gesto di schiacciare una mano giunta
in speranza è devastante.
CZ - Quali stimoli, quale
ricchezza, ma anche quali difficoltà hai incontrato nel portare qualcosa di
vivo, energico e popolare come la Murga
in un contesto mentale e paludato come l’arte contemporanea?
LC - Coniugare arte contemporanea e
impegno sociale è praticamente impossibile. Personalmente, non amo
sovrastrutture, costrizioni,forzature. Le persone non hanno compreso lo spirito
delle mie opere finché non hanno assistito dal vivo alla Murga. Essa è un fenomeno che contiene in
sé altre discipline, ma che non sono in realtà direttamente arte contemporanea.
Ma se però l’arte contemporanea è un mezzo di comunicazione, che può essere
anche sublime a livello intellettuale, la Murga
mi permette di comunicare anche in quel modo, a livello universale, qualsiasi
cosa io voglia comunicare.
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